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Il segmento testuale F.E. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 12Entità Multimediali , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 617

Brano: [...]as”, Madrid, 1942, pp. 405 sgg.).

Le lettere pubblicate su “ABC” sono un buon esempio dell'ambiguità del loro autore. Per quanto egli neghi di aspirare alla « direzione del fascio emergente » e si congedi « non con un saluto romano, ma con un abbraccio spagnolo », José Antonio fa un’esposizione apologetica del fascismo, pur dicendo che la sua vocazione di studioso « non va d’accordo con quella del caudillo ».

Principi teorici

Punto di riferimento del fascismo spagnolo è la Falange, non solo in quanto partito unico a partire dal

1937 (nello schieramento nazionalista, e come unico partito legale in tutto il paese dal 1939), quindi linfa politica del cosiddetto “stato franchista”, ma anche per il fatto che, in perfetta coerenza con l'importanza data al Capo e con la convinzione che esistono verità eterne, il “corpo dottrinale” elaborato da José Antonio resterà come unico e definitivo punto di riferimento.

Nel 1936 durante il processo a suo carico, nel corso della propria autodifesa José Antonio dirà: « Ho redatto quasi tutti i principi ideologici della Falange spagnola della quale sono il capo » (P. Farias Garcia, El pensamiento fundamental de J. Antonio”, Buenos Aires, 1940, p. 202).

L’opera di altri leader come Ramiro Ledesma o Onésimo Redondo sarà tenuta in ombra e dimenticata, anche se l’incorporazione dei loro scritti avrebbe arricchito solo sotto l’aspetto aneddotico il discorso (forse accentuandone il populismo demagogico) poiché, come è logico, sui temi fondamentali i vari testi sono concordi.

In questo senso è molto interessante leggere il libro di A. R[...]

[...]l 'analisi razionale, per accettare un discorso irrazionale che dichiarava esplicitamente il rifiuto di qualsiasi tipo di organizzazione o di programma: « Si dice che non abbiamo un programma: secondo voi, queste cose decisive, eterne, come l’anima, la vita e la morte si sono mai realizzate con un programma? [...] se avessimo un programma completo saremmo un partito di più e rassomiglieremmo alle nostre caricature » (Discorso di proclamazione di F.E. y de las J.O.N.S., 4.3.1934, in J.A. Primo de Rivera, “Obras completas”, p. 28). Nel novembre 1934 sarà redatta la Norma programmatica della Falange in 27 punti (J.A. Primo de Rivera, “Obras completas”, pp. 465492). Come dirà J. Ortega y Gasset: « Sotto le sembianze del sindacalismo e del fascismo appare per la prima volta in Europa un tipo di uomo che non vuole dare ragioni né vuole avere ragione, ma che, semplicemente, ha deciso di imporre le proprie opinioni. In questo sta la novità: il diritto a non aver ragione, la ragione del torto » (J. Ortega y Gasset, “La Rebelión de las masas”, p. 1[...]

[...]a dal liberalismo di Ortega, che lo avrebbe messo in conflitto con l’intero pensiero fascista spagnolo, il quale identificava nel liberalismo una delle sue bestie nere. Il n. 12 della pubblicazione fascista “Haz” del 5.12.1935 contiene un articolo di José Antonio con il sottotitolo “Omaggio e rimprovero a D. José Ortega y Gasset”, nel quale, alludendo a un articolo di Ortega, critico nei confronti della repubblica (« No es esto, no es esto »), afferma: « I capi non hanno diritto alla disillusione » (J.A. Primo de Rivera, “Obras completas”, p. 1162).

Ramiro Ledesma, in un testo molto rappresentativo del delirio e della confusione concettuale fascista dirà da parte sua: « Di fronte agli intellettuali siamo imperiali, di fronte ai liberali siamo attuali. In alto i valori ispanici! » (cfr. P. Lain Entralgo, “Los valores morales del nacional sindicalismo”, Madrid, 1941).

L'attacco al liberalismo sarà anche uno dei temi ricorrenti di Francisco Franco: « Il maggiore errore del liberalismo è la sua negazione di ogni categoria permanente d[...]

[...]e concettuale fascista dirà da parte sua: « Di fronte agli intellettuali siamo imperiali, di fronte ai liberali siamo attuali. In alto i valori ispanici! » (cfr. P. Lain Entralgo, “Los valores morales del nacional sindicalismo”, Madrid, 1941).

L'attacco al liberalismo sarà anche uno dei temi ricorrenti di Francisco Franco: « Il maggiore errore del liberalismo è la sua negazione di ogni categoria permanente di ra

gione [...] e poiché la manifestazione specifica e più sostanziale dello Stato è la positività deH’ordine giuridico, quest’ultimo, quando non discende da un sistema di princìpi [...] riconosciuti come superiori e anteposti allo Stato medesimo, sfocia in un onnipotente volontarismo giuridico, essendo il suo organo, la cosiddetta “maggioranza”, puramente numerica o inorganicamente manifestata » (Discorso del 2.10.1961. Cfr. A. del Rio Cisneros, “Pensamiento polìtico de Franco”, Madrid, 1975, voi. I, p. 90).

Un’altra delle caratteristiche del fascismo spagnolo fu un discorso vacuo nell’apparenza e più o meno bello nella forma; al punto che il giornale liberale “El Sol”, con grande chiaroveggenza, nel dare la notizia della fondazione della Falange disse che si trattava di un movimento “poetico”, quantunque José Antonio avesse tra l'altro affermato: « [...] e se questo [la rigenerazione della patria] deve ottenersi in qualche caso con la violenza, non fermiamoci davanti alla [...]

[...]orso del 2.10.1961. Cfr. A. del Rio Cisneros, “Pensamiento polìtico de Franco”, Madrid, 1975, voi. I, p. 90).

Un’altra delle caratteristiche del fascismo spagnolo fu un discorso vacuo nell’apparenza e più o meno bello nella forma; al punto che il giornale liberale “El Sol”, con grande chiaroveggenza, nel dare la notizia della fondazione della Falange disse che si trattava di un movimento “poetico”, quantunque José Antonio avesse tra l'altro affermato: « [...] e se questo [la rigenerazione della patria] deve ottenersi in qualche caso con la violenza, non fermiamoci davanti alla violenza [...] non c'è dialettica più ammissibile della dialettica dei pugni e delle pistole quando si offendono la Giustizia o la Patria » (J.A. Primo de Rivera, “Obras completas”, p. 19).

Il ricorso alla violenza fu rivendicato e assunto fin dall’atto di fondazione, e il “pistolerismo” falangista fu una costante più o meno istituzionalizzata, tanto che I '8.7.1934 venne creata la Falange de la sangre (Falange del sangue) e, nello stesso anno, Primera Linea (Prima Linea), un’organizzazione armata che sarà molto attiva durante la guerra civile. Nel corso di questa si avrà anche una Segunda Linea, destinata a operare nelle retrovie del fronte. Alla testa di tali organizzazioni fu inizialmente Jos[...]

[...]i armi senza licenza creò parecchi problemi in Parlamento, dato che José Antonio era deputato, e ne provocò anche in seno alla stessa Falange.

La mobilitazione di massa fu un altro dei fattori anomali del fascismo spognolo.

Per quanto riguarda la fase iniziale, possiamo considerare assodata la limitata consistenza della Falange, dal momento che perfino M. Hedilla, nel suo libro “Testimonio” (Madrid, 1972, p. 268) scrive: « Se il 16.2. 1936 F.E. y de las J.O.N.S. avessero disposto di tanti voti quanti furono gli individui che, fra il 18 luglio e il 2 settembre, indossarono la camicia azzurra, la maggioranza falangista avrebbe avuto almeno cinquanta deputati ». In realtà, alle elezioni del febbraio i falangisti ottennero solo 40.000 voti e nessun seggio.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 615

Brano: [...].10.1982 erano i socialisti del P.S.O.E. a conquistare la maggioranza assoluta. AH’interno dell’esercito continuavano però ad albergare desideri golpisti e nostalgie di un passato, nel quale i generali avevano gestito un potere senza condizionamenti: il 23.2.1981 il tenente colonnello Tejero entrava teatralmente con la pistola in pugno nell’emiciclo delle Cortes, ma il giovane sovrano non sembrò disposto a seguire i golpisti su quella strada, preferendo percorrere quella della democratizzazione del paese. Il 23 febbraio era, forse, finita la “transizione” e iniziava la democrazia... (v. Spagna, Fascismo in).

Bibliografia: L. Longo, Le Brigate Internazionali in Spagna, Roma 1956; G. Jackson, The Spanish Republic and thè Civil War 19311939, Princeton 1965 (Milano 1967): M. Tunón de Lara, Storia della Repubblica e della guerra civile in Spagna, Roma 1966; G. Brenan, Storia della Spagna 18741936, Torino 1970; E. Malefakis, Agrarian Reform and Peasant Revolution in Spain, New York 1970; D. Puccini, Romancero della resistenza spagnola, Bari 1970; H.M. Enzensberger, Der kurze Sommer der Anarchie, Frankfurt[...]

[...]in Crisis: thè Evolution and Decline of thè Franco Regime, Hassoks (Sussex) 1976 (Torino 1978); M. Tunón de Lara, Storia del movimento operaio spagnolo, Roma 1976; M. Plana, La Spagna franchista, Firenze 1977; J.A. Biescas M. Tunón de Lara, Espana baio la dictadura franquista. 19371975, Barcellona 1980; P. Broué E. Tèmi me, La rivoluzione e la guerra di Spagna, Milano 1980; R. Tamames, La Republica. La Era de Franco, Madrid 1980 (Vili ed.); V. Fernàndez Vargas, La resistencia interior en la Espana de Franco, Madrid 1981; A. Tàpies, Autobiografia, Venezia 1982; R. Vinyes i Ribes, La Catalunya internacional, Barcellona 1983; A. Vinas, Guerra, dinero, dictadura, Barcellona 1984; J.P. Fusi, Franco. Autoritarismo y poder personal, Madrid 1985; H.R. Southworth, El mito de la cruzada de Franco, Barcellona 1986; P. Vilar, Historia de Espana, Barcellona 1986 (XXII ed.).

L.Ca.

Spagna, Fascismo in

Trattando del fascismo in Spagna (v.) è necessario fare almeno due riferimenti: uno, ai partiti fascisti e alla loro evoluzione; l'altro, all[...]

[...]. Tàpies, Autobiografia, Venezia 1982; R. Vinyes i Ribes, La Catalunya internacional, Barcellona 1983; A. Vinas, Guerra, dinero, dictadura, Barcellona 1984; J.P. Fusi, Franco. Autoritarismo y poder personal, Madrid 1985; H.R. Southworth, El mito de la cruzada de Franco, Barcellona 1986; P. Vilar, Historia de Espana, Barcellona 1986 (XXII ed.).

L.Ca.

Spagna, Fascismo in

Trattando del fascismo in Spagna (v.) è necessario fare almeno due riferimenti: uno, ai partiti fascisti e alla loro evoluzione; l'altro, all'organizzazione dello Stato spagnolo a partire dall'1.4.1939. Per entrambi i casi ci si deve poi riferire alla Falange (v.). Questo partito (ma i falangisti hanno sempre rifiutato tale denominazione, preferendo attribuirsi quella di “movimento”) ebbe il suo congresso di fondazione (so

lo come Falange Espanda, F.E.) il 29.10.1933 nel Teatro de la Comedia di Madrid; alla riunione, presieduta da Narciso Martinez Cabezas (1865

1941), intervennero l'ufficiale d'aviazione Julio Ruiz de Alda (18971936), il medico Alfonso Garcia Valdecasas (1904) e l'avvocato José Antonio Primo de Rivera (v.). Quest’ultimo, nato nel 1903 e figlio del dittatore Miguel Primo de Rivera (v.), fu l'autentico fondatore e leader indiscusso della Falange.

Interpretazioni del fascismo spagnolo

La personalità di José Antonio (poiché è con il solo nome che è passato alla storia) è stata molto discussa. Lo storico S.G. Payne, nel[...]

[...]le di José Antonio, giunge a dire che sembrava « un presidente della lega internazionale antifascista » (Payne, op. cit., p. 38).

In realtà, tutta la discussione sulla reale personalità politica di José Antonio riflette la disputa se la Falange sia da considerarsi un partito fascista o no, una polemica alimentata dai falangisti stessi che, in alcuni casi, sono arrivati a negare che la Falange posteriore al 1937 sia quella iniziale. Da qui i riferimenti alla “Falange tradita” e la comparsa di gruppuscoli autodenominatisi “Falange autentica”. Questi atteggiamenti corrispondono a due linee interpretative: secondo la prima, di carattere teorico e corrispondente a una concezione alquanto meccanicistica, i fatti sociali tenderebbero ad adattarsi esattamente a quelli che, per determinate circostanze, sono stati dichiarati “modello”; l’altra linea interpretativa, di carattere marcatamente politico, può essere invece suddivisa a sua volta in due tendenze, secondo che si riferisca alla personalità di José Antonio e alla Falange, oppure al l’or[...]

[...]alange autentica”. Questi atteggiamenti corrispondono a due linee interpretative: secondo la prima, di carattere teorico e corrispondente a una concezione alquanto meccanicistica, i fatti sociali tenderebbero ad adattarsi esattamente a quelli che, per determinate circostanze, sono stati dichiarati “modello”; l’altra linea interpretativa, di carattere marcatamente politico, può essere invece suddivisa a sua volta in due tendenze, secondo che si riferisca alla personalità di José Antonio e alla Falange, oppure al l’organizzazione dello Stato spagnolo come tale. Nel primo caso, quando cioè si tratta di giudizi sulla personalità di José Antonio espressi dai suoi stessi camerati, si può pensare a una critica proveniente da posizioni più radicali. Ma quando si afferma che la Falange non sarebbe fascista o che non sarebbe tale lo Stato spagnolo nato dalla guerra civile, o che a partire da determinate epoche non si può parlare di un fascismo spagnolo ufficiale, è presumibile che ci si trovi di fronte a falangisti “puri” o radicali,

se non a interpretazioni tendenziose che tentano soltanto di mascherare una realtà storica o di riabilitare un passato nel quale bene o male sono implicati.

Da quanto detto, si deduce che per parlare del fascismo spagnolo, correttamente identificabile con José Antonio e con la Falange, occorre vedere ciò che esso ha avuto[...]

[...]a dal trionfo della Rivoluzione sovietica e dalla forza dei partiti operai; dall’altra si ritiene invece che il fascismo sarebbe stato la risposta delle “classi medie”, disorientate di fronte alla propria proletarizzazione e al potere di un proletariato con il quale non si identificavano. Tutto questo, nel quadro della grande crisi economica (v.), sociale e ideologica vissuta dall'Europa negli anni tra le due guerre.

Ma tenendo presente che i fenomeni sociali hanno di solito una lunga gestazione sotterranea e origini molteplici, così come cause ed effetti interagiscono dialetticamente, nel caso della Spagna, per vedere come si sia giunti al raggrupparsi degli interessi capitalistici, alla rinuncia da parte dei ceti medi del loro possibile potenziale rivoluzionario, infine a una crisi economica e di valori generalizzata, occorre qualche riferimento alla situazione anteriore.

615



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 223

Brano: Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche

proclamata la repubblica e venne convocata una Conferenza democratica, ma era ormai troppo tardi. La crisi si trasferì all’interno dei partiti e più colpito ne fu il socialista rivoluzionario che vide formarsi, al proprio interno, una potente ala sinistra (all’inizio di dicembre questa diventerà un vero partito autonomo). Un processo analogo si osservò fra i menscevichi, mentre gli iscritti a entrambi i partiti diminuivano.

L'uomo politico più capace di capire fino in fondo il dramma che stava vivendo la Russia era Lenin che, peraltro, non poteva agire pubblicamente, essendo passato nella clandestinità per sfuggire all’arresto dopo le repressioni del luglio. Soltanto il 10 e il 16 ottobre egli potè parte[...]

[...]vano l’insurrezione “prematura”, quindi destinata all'insuccesso. Sulla scia delle decisioni dei bolscevici il Comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado, presieduto da Trotzkij (v.), decise di creare un Comitato militare rivoluzionario (diretto dallo stesso Trotzkij) che divenne poi il centro legale per preparare l’insurrezione. Dal canto suo,

il 16 (29) ottobre il Partito bolscevico creò un proprio centro militare composto da A.S. Bubnov, F.E. Dzerzinskij (v.), la. M. Sverdlov, Stalin (v.) e M.S. Urickij, che entrò a far parte del Comitato militare rivoluzionario e ne divenne il nucleo dirigente. Collaborarono a questo organismo molti altri dirigenti bolscevichi come Krylenko, Dybenko, Kosior, Lacis, Podvojskij, AntonovOvseenko, Cudnovskij, etc.. La Guardia Rossa (v.), composta da circa 40.000 combattenti, costituiva la forza d’urto dell’insurrezione. Erano da aggiungere circa 150.000 soldati della guarnigione della Capitale, 80.000 marinai della Flotta del Baltico e ancora altre forze. L’insurrezione a Pietrogrado cominciò il 24 o[...]

[...].1917)

mentali: il Decreto sulla pace e il Decreto sulla terra. Nel primo si proponeva a tutti i paesi combattenti di iniziare immediatamente le trattative per una pace generale e democratica senza annessioni e contribuzioni; nel secondo si decretava la confisca delle terre di tutti i proprietari fondiari, della Chiesa e dei conventi, la nazionalizzazione di tutte le terre, delle risorse del sottosuolo, dei boschi e dei corsi di acqua.

L’affermazione del potere sovietico in Russia fu un processo assai contrastato già prima della guerra civile vera e propria. Tre giorni dopo la conquista del potere, ci fu infatti un tentativo controrivoluzionario nella stessa Pietrogrado. Nell’altra capitale storica della Russia, a Mosca, i combattimenti furono assai sanguinosi, durarono una settimana e solo il 3 novembre i rivoltosi conquistarono il Cremlino. La vittoria della rivoluzione a Mosca richiese l’apporto di forze dalle città vicine e dalla stessa Pietrogrado. Molte altre città passarono invece in mano al potere sovietico senza grossi co[...]

[...]ontrorivoluzionario nella stessa Pietrogrado. Nell’altra capitale storica della Russia, a Mosca, i combattimenti furono assai sanguinosi, durarono una settimana e solo il 3 novembre i rivoltosi conquistarono il Cremlino. La vittoria della rivoluzione a Mosca richiese l’apporto di forze dalle città vicine e dalla stessa Pietrogrado. Molte altre città passarono invece in mano al potere sovietico senza grossi combattimenti o addirittura senza colpo ferire. Il fattore importante se non decisivo della vittoria fu determinato dal passaggio di gran parte dell’esercito dalla parte del potere sovietico, ma qua e là si ebbero subito rivolte antisovietiche:

il primo a insorgere fu l’atamano Kaledin, comandante dell’esercito del Don e al quale presto si unirono i generali Alekseev e Kornilov che formarono un corpo di volontari. Pertanto sul Don il potere sovietico si stabilì saldamente solo nel gennaio 1918. Negli Urali meridionali l’atamano Dutov si ribellò e solo nel gennaio 1918 la sua rivolta

fu domata. In Siberia la lotta fu ancora più l[...]

[...]nerali Alekseev e Kornilov che formarono un corpo di volontari. Pertanto sul Don il potere sovietico si stabilì saldamente solo nel gennaio 1918. Negli Urali meridionali l’atamano Dutov si ribellò e solo nel gennaio 1918 la sua rivolta

fu domata. In Siberia la lotta fu ancora più lunga, perché qui il proletariato era assai debole e le campagne erano dominate da contadini benestanti [kulak). A Irkutsk il potere sovietico fu proclamato solo nel febbraio 1918.

In Ucraina la lotta fra i soviet e la rada centrale (Parlamento) diretta da partiti borghesi durò l’intero mese di gennaio. In dicembre il potere sovietico aveva vinto in Estonia e Lettonia, ma in Crimea, nel Caucaso settentrionale e nell’Asia centrale la lotta si protrasse fino al marzo 1918. Un carattere assai complesso assunse la guerra civile nel Caucaso, data la prevalenza dei menscevichi in Georgia, dei dasnaki in Armenia e dei musavatisti in Azerbaigian. Solo nel grande centro petrolifero di Baku il potere sovietico si affermò quasi subito.

Il potere sovietico

Ment[...]

[...]trale (Parlamento) diretta da partiti borghesi durò l’intero mese di gennaio. In dicembre il potere sovietico aveva vinto in Estonia e Lettonia, ma in Crimea, nel Caucaso settentrionale e nell’Asia centrale la lotta si protrasse fino al marzo 1918. Un carattere assai complesso assunse la guerra civile nel Caucaso, data la prevalenza dei menscevichi in Georgia, dei dasnaki in Armenia e dei musavatisti in Azerbaigian. Solo nel grande centro petrolifero di Baku il potere sovietico si affermò quasi subito.

Il potere sovietico

Mentre venivano liquidati i vari centri di opposizione, nella Capitale

i bolscevichi procedevano allo scardinamento delle strutture politiche e sociali della vecchia società russa e alla creazione dei nuovi organi del potere. Al posto dei precedenti ministeri vennero creati i commissariati del popolo e, il 10 novembre, furono liquidati tutti i privilegi di ceto e la gerarchia civile. Per combattere la controrivoluzione, il 7 dicembre fu istituita la Ceka (v. N.K.V.D.) capeggiata da Dzerzinskij e il 22 novembre vennero insediati i nuovi tribunali s[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine F.E., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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