Brano: Decima M.A.S.
Un'impresa della Decima: giovane partigiano impiccato nel Novarese
di aprile si arrese senza sparare un colpo.
Dopo la Liberazione il principe Borghese venne processato come criminale di guerra, ma dopo breve periodo di prigione, fu lasciato libero di riprendere il suo posto nel movimento neofascista.
G.Bo.
Le imprese della « Decima »
Il processo iniziato a Roma l’8.2. 1948 contro Junio Valerio Borghese portò a conoscenza deM’opinione pubblica nazionale alcuni dei servizi più significativi resi dalla « Decima » agli invasori tedeschi.
Nella sentenza di rinvio a giudi[...]
[...]sero in realtà perpetrate dal Borghese e dai suoi uomini su mandato germanico. Si seppe inoltre che, dopo l'uccisione dei 12 giovani eseguita per ordine diretto del generale tedesco Valdemar Krumhar, l’abitato di Borgoticino fu fatto sgomberare e gli uomini della « Decima », da vere truppe mercenarie, poterono abbandonarsi al sistematico saccheggio.
A Castelletto Ticino (v.), dove il
2.11.1944, in seguito alla cattura di un ufficiale della Decima M.A.S., per rappresaglia furono trucidati 5 giovani garibaldini, I’Ungarelli volle che questi fossero fucilati alla schiena e uno per uno, in modo che gli ultimi assistessero alla morte dei primi. L’intera popolazione presente fu obbligata a partecipare allo « spettacolo punitivo ».
Via via che un partigiano cadeva, un ufficiale gli dava il colpo di grazia. All’inizio di quel massacro le vittime gridarono tutte insieme: « Viva l'Italia, viva i partigiani! ». Quando venne la sua volta, il giovane Luigi Barbieri (che era stato catturato in una baita, dove si trovava infermo) chiese: « Spa
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[...]otta partigiana. Successivamente il giorno 17 fummo condotti nei pressi della stazione di Vaimozzola e quindi il maggiore De Martino voleva fucilarci lungo i binari della linea ferroviaria: il capostazione però si oppose, per cui il De Martino ci fece portare su una coll inetta ».
Da notare che gli 8 partigiani fucilati non avevano nulla a che vedere con l’attacco di Vaimozzola (dov’era rimasto ucciso, qualche giorno prima, un ufficiale della Decima M.A. S.) e i fascisti lo sapevano bene, in quanto li avevano sorpresi e catturati sul Monte Barca, in una località distante parecchie giornate di marcia. Quell’uccisione rivestiva quindi carattere esclusivamente terroristico. Il 1920 marzo il Comando della Decima M.A.S. fece affiggere a La Spezia e provincia un truculento (quanto sgrammaticato) manifesto, firmato « Principe Valerio Borghese », nel quale annunciava la strage compiuta e, per colmo di impudenza, concludeva: « Noi non vogliamo lo spargimento di sangue italiano, nostra unica meta, nostro unico scopo, sono di battersi per l’onore e per la vittoria! ».
Sulla nobile morte di quei partigiani e del giovane che li guidava, (Ubaldo Cheirasco, studente del 3° anno di Chimica all’Università di Pisa), di fronte alla ottusa ferocia dei capi e dei gregari della Decima M. A.S., esiste la testimonianza[...]
[...] Valerio Borghese », nel quale annunciava la strage compiuta e, per colmo di impudenza, concludeva: « Noi non vogliamo lo spargimento di sangue italiano, nostra unica meta, nostro unico scopo, sono di battersi per l’onore e per la vittoria! ».
Sulla nobile morte di quei partigiani e del giovane che li guidava, (Ubaldo Cheirasco, studente del 3° anno di Chimica all’Università di Pisa), di fronte alla ottusa ferocia dei capi e dei gregari della Decima M. A.S., esiste la testimonianza commossa del sacerdote don Marco Mori di Pontremoli (« Cronache militari della Resistenza in Liguria », pag. 280).
Durante il processo di Roma furono rivelati i particolari delle torture inflitte dalla Decima M.A.S. ai prigionieri.
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