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Il segmento testuale veneziana è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 330

Brano: [...]lotta, inevitabilmente armata, tra fascisti e tedeschi da un lato, e antifascisti dall’altro. Quindi Venezia fu “città della Resistenza”, anche se le organizzazioni antifasciste tennero

conto delle peculiarità del caso veneziano, introducendo tra i loro obiettivi dichiarati la salvaguardia non solo della città e delle attrezzature industriali, ma anche dei numerosi e importanti enti pubblici con i loro archivi.

Peculiarità della Resistenza veneziana

A parte gli aspetti di cui si è detto, la Resistenza armata a Venezia e nel suo territorio nacque con difficoltà, crebbe lentamente e non fu fenomeno immediato né spontaneo, anche se si sviluppò nell’ambito di una generalizzata avversione al fascismo.

Per capire cosa sia stata la Resistenza veneziana, si devono tener presenti due fatti: da Un lato, che ; il 25 luglio e I'8 settembre avevano posto sul futuro corso delle cose quella che sarà chiamata un’“ipoteca conservatrice”; dall’altro, che il filo unificante le diverse vicende resistenziali dipendeva dal rapporto dialettico tra spinte al rinnovamento e spinte alla continuità.

L’ipoteca conservatrice nasceva dalle vicende riguardanti Volpi e Cini, che dimostravano come la struttura di comando del capitalismo veneziano (e veneto) si fosse dissociata dal fascismo e, attraverso Mentasti, intrattenesse rapporti, destinati a intensificarsi[...]

[...] rapporti, destinati a intensificarsi e a ramificarsi, con il mondo cattolico. Come verrà ufficialmente riconosciuto dal C.L.N. regionale veneto all'indomani della Liberazione, il Cini aiutò finanziariamente la Resistenza con somme considerevoli, appoggiando in tal modo con sincerità di atteggiamento politico e volontà di partecipazione la lotta antifascista. Anche Volpi e Achille Gaggia si mossero in sintonia con Cini, il che rese la Resistenza veneziana più composita e problematica di quanto non sia apparso talvolta.

Fu, questo, un aspetto di fondo della Resistenza veneziana: mentre si impegnava a distruggere il fascismo, otteneva I finanziamenti necessari per la sua stessa esistenza dai maggiori esponenti del capitalismo (cioè da coloro che erano stati i “padrini” del fascismo stesso).

L’esame del rapporto dialettico tra rinnovamento e continuità che contrassegna la Resistenza veneziana (e veneta) dimostra che il concetto che di essa si venne elaborando all’interno delle classi subalterne e della sinistra, ancorché preoccupate della necessaria unità delle forze, non era certo il medesimo degli strati borghesi della società vene

ziana, ma si trovò di fatto a convergere con questo anche a causa dei ritardi con i quali si mosse la classe operaia di Porto Marghera, ritardi che inequivocabili testimonianze attestano enormi, « un certo attesismo » essendo denunciato nelle fabbriche addirittura nel febbraio del 1945. Si può affermare senza timore di smentita che nella Resistenza[...]

[...]ecessaria unità delle forze, non era certo il medesimo degli strati borghesi della società vene

ziana, ma si trovò di fatto a convergere con questo anche a causa dei ritardi con i quali si mosse la classe operaia di Porto Marghera, ritardi che inequivocabili testimonianze attestano enormi, « un certo attesismo » essendo denunciato nelle fabbriche addirittura nel febbraio del 1945. Si può affermare senza timore di smentita che nella Resistenza veneziana non ci fu una “centralità” della classe operaia e, a maggior ragione, si deve dire che non esistette “centralità” neppure nella lotta delle masse rurali. Queste ultime, a parte ben circoscritte zone, ebbero con i partigiani (v.) relazioni spesso limitate al fatto concreto del rifiuto delle leve e degli ammassi, piuttosto che estese a convergenze ideali e politiche. La Resistenza veneziana fu, come quella veneta, un fatto di popolo, non di una frazione o di una particolare organizzazione, e forse più che altrove fu quindi un fenomeno complesso nelle sue mete e nelle sue aspirazioni, diverse, mediabili ed effettivamente in gran parte mediate, ma non procedenti da un’unica volontà.

Inizio della guerra partigiana

Mentre alcuni esponenti dell’antifascismo veneziano (Arduino Cerutti, Renato Maestro, Renzo Sullam) passavano la linea del fronte per andare verso il Sud a impegnarsi nella ricostruzione del nuovo Stato democratico, il C.L.N. provinciale iniziò la propria attività t[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 328

Brano: Venezia

di avvocato, i suoi beni, scegliendo la via dell'esilio francese ai primi del 1926, dopo la sconfitta dell’Unione democratica amendoliana, cui aveva aderito con il gruppo della Democrazia sociale veneziana. E, parimenti, non fu casuale che, verso la fine degli anni Venti, democratici di medio ceto come Armando Gavagnin (v.), Giovan Battista Gianquinto (v.), <(Gigiov Linassi, Gigi Rusconi, Giovanni Giavi e il cafoscarino Massenzio Masia (v.) lavorassero a iniziative giornalistiche e a rischiose imprese politiche clandestine.

Lotta antifascista

La popolazione veneziana in Piazza San Marco esulta per la caduta del fascismo (26.7.1943)

Collegati con antifascisti di altre città, anche venete, più d’uno dei democratici sopra ricordati, insieme con Carlo Fassetta, Cleanto BoscoIo, Mario Frare ed Ettore Peliegrinotti diedero vita alla “sezione” veneziana della Giovane Italia (v.), le cui iniziative più ardite (come la pubblicazione di manifesti dal titolo “Non mollare” e della Lettera al Re di Gavagnin) costeranno agli aderenti le pesanti condanne inflittegli dal Tribunale speciale nell’aprile del 1929. Pochi mesi prima, nel 1928, era stato arrestato anche Gino Luzzatto (v.), lo storico economico cafoscarino. Se a decapitare rapidamente il movimento socialista e quello comunista nei suoi esponenti veneziani di maggior prestigio il fascismo non dovette attendere la fine degli anni Venti, più complesso e cauto fu il comportamento politico dei c[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 324

Brano: [...]rto di Antivari nel Montenegro, “prova generale” di Porto Marghera (v.).

Quest’ultimo, inteso come porto industriale di Venezia e come complesso di aziende sistemate lungo le sponde dei suoi canali, sorse dunque alla fine degli anni Dieci e si qualificò come un insediamento che, per varietà di funzioni e larghezza di dimensioni previsionali, non poteva non porsi come alternativo a tutta la politica neoinsulare praticata dalla classe dirigente veneziana nei precedenti decenni. Alla sua base c’era un’idea fortemente dinamica, tanto più se comparata con la pigra visione generale che si era fino ad allora affermata. Alla realizzazione di quell’idea concorse principalmente Giuseppe Volpi, l’espressione più audace e spregiudicata della nuova borghesia finanziaria; ma ebbero un ruolo importante ancor prima, come s’è detto, Piero Foscari (una sorta di anel

lo di congiunzione fra il nazionalismo della grande finanza e quello letterario, dannunziano, degli eroi della “terza Italia”) e personaggi radicati in altre tradizioni, tra i quali spicca il [...]

[...]itica territoriale. La tendenza di Venezia ad aggregare a se stessa Comuni autonomi come Murano e il Lido (tendenza dovuta a fattori economici e produttivi delle due isole), subì una rapida accelerazione negli anni Venti, quando al Comune di Venezia vennero annessi Pellestrina, Murano, Mestre e dintorni, chiamati “frazioni” della città e corrispettivamente trattati, con le intuibili conseguenze di ostilità psicologiche contro la nuova espansione veneziana.

Gli anni della svolta

Naturalmente, negli stessi decenni fra Otto e Novecento, la storia politica e sociale della città ebbe ritmi diversi: i suoi protagonisti agirono e mutarono in ragione delle trasformazioni strutturali, ma anche di eventi di più ampia portata come la Grande guerra, combattuta a ben poca distanza dalla città lagunare, e di fenomeni culturali e civili sorti all’interno della vecchia società veneziana.

Negli anni della stabilità clericomoderata dell’età giolittiana, accanto al sindaco Grimani operavano nell’amministrazione cittadina liberaliconservatori come Alberto Valier, Luigi Picchini, Mario Pascolato, Plinio Donatelli, e clericali come il conte Enrico Matteo Passi, il conte Federico Pellegrini, Ettore Sorger, mentre all’opposizione amministrativa una città ancora senza classe operaia esprimeva, sotto bandiera socialista, in prevalenza artigiani. Alle spalle di questi ultimi, deputato dei sestieri di Castello e Dorsoduro (zone di carpentieri calafati, maestri d’ascia, falegnami, sti[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 724

Brano: [...]rono più arrendevoli rispetto al passato.

Alla San Marco, dove si ebbero contrasti accentuati, i fascisti si intestardirono nel voler deportare in Germania gli scioperanti; ma quando questi, sottoposti a duplice visita medica, furono trovati « idonei » dai fascisti, vennero dichiarati « non

idonei » dai tedeschi e rientrarono al lavoro a Marghera.

Nel primo numero del giornale Fronte unico, organo clandestino della Federazione comunista veneziana, il 7.5.1944 si ricorda una manifestazione di tipo particolare: per disposizioni del C.L.N. veneto e con l’accordo di tutti i partiti, era stata apertamente celebrata la ricorrenza del Primo maggio diminuendo per quel giorno la produzione in ragione delI'80 per cento.

Il salvataggio degli impianti

Al sabotaggio si aggiunse un'altra forma di lotta, mirante a salvaguardare l’efficienza delle fabbriche per il dopoguerra e a sottrarre a rischi di requisizioni tedesche attrezzi e materiali di particolare valore: ain.NA, d’accordo con la Direzione centrale, nottetempo venne sotterrata una pre[...]

[...]i fece anche a Marghera: i tedeschi avevano piazzato lungo le banchine di alcune fabbriche grosse cariche esplosive e queste vennero neutralizzate in vari modi. AII’I.N.A., i fornelli delle mine vennero intasati con cemento fuso.

Sempre all’I.N.A., fu anche organizzata una brigata partigiana, destinata a entrare in azione nella vicina zona di Preganziol, non tanto per difendere la fabbrica, ma per contribuire all’insurrezione della terraferma veneziana. Purtroppo, in uno scontro con una colonna della Decima Mas, la colonna fu dispersa e 9 dei suoi componenti caddero uccisi (v. Fasolato, Battaglione). Fu questo il tributo di sangue pagato dai lavoratori di Porto Marghera alla Resistenza. Questa non fu cruenta e non si diffuse a tutto l’ambiente, salvo alla fine, e tuttavia fu tenace, efficacissima.

A.Z.D.B.

Bibliografia: Isabella Peretti, Lotte operaie a Porto Marghera durante la Resistenza,

Mestre 1972; Venezia nella Resistenza. Testimonianze, Comune di Venezia, 1976.

Portonero, Ernesto

Retto. N. ad Alba il 26.9.1898; murator[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 325

Brano: Venezia

Cesare Alessandri e Cesare Ernesto Longobardi (v.), mentre tra i radicali spiccava la lucida intelligenza di Ernesto Pietriboni. Fu questa classe politica, qui ricordata attraverso i suoi esponenti più significativi, che tenne a battesimo la nuova politica territoriale veneziana, ma la matrice della nuova espansione veneziana, che darà progressivamente luogo tra le due guerre, in Venezia e nel suo territorio, a una struttura sociale e politica del tutto diversa da quella precedente, fu certamente nazionalistica.

Su L'Idea Nazionale del 30.6.1917 Luigi Federzoni (v.) scriveva che Venezia stava sperimentando come « la guerra non sia solo distruzione, ma anche rinnovamento di vita e suscitamento di energia » perché, oltre a fare il proprio dovere patriottico, la città « pensa e provvede anche al proprio immancabile incremento dopo la vittoria »: tale “incremento” doveva consistere nel « nuovo grande porto di Venez[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 326

Brano: [...]Cavalieri della morte (v.) che terrorizzeranno mezza provincia prima di essere fermati dai loro stessi mandanti e condannati dal Tribunale di Venezia nel 1922.

Nella città storica, come s’è detto, resistettero soprattutto due roccheforti antifasciste: il campo Santa Margherita nel quartiere di Dorsoduro, insieme con via Garibaldi in quello di Castello a due passi dall’Arsenale, e a Cannaregio, luoghi deputati dall’anima popolare e democratica veneziana e dunque considerati “i più intossicati dal bolscevismo”. Erano da aggiungere varie organizzazioni democratiche, dal Circolo dei ferrovieri in Calle Priuli a Cannaregio alla Camera del lavoro di Murano, a quella veneziana al Malcanton che resse fino airestremo con sacrificio di alcuni dei suoi militanti migliori, al foglio socialista Il Secolo nuovo di Venezia.

Di quella resistenza disperata e discontinua non rimarrà neH'immediato che la testimonianza morale e politica, perché le istituzioni della debole liberaldemocrazia furono travolte anche a Venezia e nella sua provincia, dove la legge della violenza, secondo copioni già seguiti altrove, prevalse sulle rappresentanze elettive, costringendo alle dimissioni i sindaci di Portogruaro, Mestre, Concordia Sagittaria, Mira, Camponogara, Chioggia e Campagna Lupi[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 332

Brano: [...]ome non fosse possibile coinvolgere

i centri operai e passare alla “guerra di popolo” senza una spossante guerriglia da combattersi sulle montagne e nelle campagne. Fu quindi deciso di incrementare l’invio di volontari alle formazioni di montagna e di rafforzare la rete delle organizzazioni territoriali che andavano costituendosi nel territorio della provincia.

Guerriglia e rappresaglie

Nella primavera del 1944 si pose per la Resistenza veneziana anche il problema dei rapporti con il mondo rurale, questione ineludibile data l’impostazione che si era dovuto conferire alla lotta. Ma anche a causa dell'estrazione cittadina dei suoi quadri e dell'ipoteca conservatrice subita dalla scelta unitaria, l’antifascismo veneziano non seppe parlare ai contadini in modo persuasivo. Scarsi furono perciò i legami reali (cioè consapevoli e qualificanti sul piano politico) instaurati tra la Resistenza veneziana e il mondo rurale. Furono scarsi e difficili, ma non del tutto inesistenti, come ad esempio nel Portogruarese: ma, anche qui come altrove, non sempre la Guerra di liberazione venne pienamente compresa. Numerosi furono gli episodi di deterioramento di rapporti tra partigiani e contadini, benché l’alleanza fosse saldata attraverso le parole d'ordine del boicottaggio degli ammassi e del rifiuto delle leve della R.S.I.. Comunque, nella primaveraestate

1944 il movimento fiorì sia nelle campagne veneziane che nella città storica: ci furono assalti alle caserme fasciste a Mirano, Noale e Scalteni[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 333

Brano: [...], in contatto con l’organizzazione garibaldina del Trevigiano e del Padovano. Il nuovo Battaglione attaccò caserme isolate di Brigate nere a Roncade, Quarto d’Altino e Mogliano Veneto, sostenendo inoltre rapidi scontri con reparti nemici in transito. Nella notte tra il 5 e il 6.11.

1944 Ferretto cadde in combattimento e al suo nome venne intitolata

quella Brigata “Ferretto” che, in primavera, sarà la più importante formazione della pianura veneziana.

La Resistenza in provincia

Il sangue partigiano che scorse a Mirano tra il novembre 1944 (fucilazione, il primo del mese, di Oreste Licori) e il gennaio 1945 (massacro di 7 componenti della Brigata “Luneo”, gettati poi sulla piazza il

10 dicembre; fucilazione di altri 7 militanti il 17 gennaio) è una delle testimonianze che, dopo la “pianurizzazione”, la presenza e l’attività dei partigiani veneziani era di tutt’altra consistenza della precedente. L’arrivo in provincia di combattenti sperimentati e ben determinati alla lotta fece fare alla Resistenza veneziana un nuovo salto di qual[...]

[...]o del mese, di Oreste Licori) e il gennaio 1945 (massacro di 7 componenti della Brigata “Luneo”, gettati poi sulla piazza il

10 dicembre; fucilazione di altri 7 militanti il 17 gennaio) è una delle testimonianze che, dopo la “pianurizzazione”, la presenza e l’attività dei partigiani veneziani era di tutt’altra consistenza della precedente. L’arrivo in provincia di combattenti sperimentati e ben determinati alla lotta fece fare alla Resistenza veneziana un nuovo salto di qualità. I fatti di Mirano non rimasero isolati, ma furono seguiti da altri episodi non meno drammatici, per cui è lecito assumere il periodo febbraiomarzo 1945 come quello su cui basarsi per stendere una mappa delle formazioni partigiane operanti in provincia di Venezia e che, salvo lievi modificazioni, avrebbero sostenuto nell’aprile lo sforzo insurrezionale.

Operava intorno a Chioggia, airestremo sud del lungo e stretto territorio provinciale veneziano lungo la linea della costa adriatica fino alle foci del Tagliamento, la Brigata Garibaldi “Vittorino Boscolo”. Inizial[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 334

Brano: [...]rli. Cosa fu, realmente, l’azione del 12 marzo? « Uno schiaffo? Forse qualcosa di più. Una sfida aperta. Una beffa di fronte a tutti... ». Così dirà Giuseppe Turcato, “regista” dell’insolita operazione. In effetti, sul piano psicologico, quella “beffa” lasciò tracce profonde nell’animo dei presenti, sia avversari che amici, e dell’intera popolazione quando venne a conoscenza del fatto.

L'insurrezione popolare

Resistenza veneta e Resistenza veneziana entrarono simultaneamente in azione il 20 aprile, dieci giorni dopo l’inizio dell’offensiva alleata contro la Linea Gotica.

Alle formazioni partigiane si ponevano due diversi obiettivi tattici: le forze della provincia, non diversamente da quelle del resto della regione, dovevano disarticolare il dispositivo nemico per impedire ai tedeschi di attestarsi sulle linee trasversali di difesa che, in corrispondenza dei numerosi corsi d’acqua esistenti nel territorio veneziano, erano state predisposte al

lo scopo di ritardare l’avanzata degli Alleati e consentire alle principali unità la ritir[...]

[...]trimonio storico e artistico senza pari, ma anche gli impianti industriali di Porto Marghera e il porto, che era stato minato dai tedeschi. Questo secondo obiettivo era sotto alcuni aspetti ancora più arduo del primo, non foss’altro perché i piani di mina erano stati segretamente predisposti dai tedeschi, quindi erano del tutto ignoti a chi doveva neutralizzare le cariche.

Ciò spiega l’andamento non lineare e quasi a sussulti delTinsurrezione veneziana. In un primo momento sembrò anzi che l’azione non potesse dispiegarsi, per il timore di una rappresaglia contro i ponti unenti la città alla terraferma, il che avrebbe interrotto per lungo tempo i traffici dai quali, almeno in parte, la città traeva le possibilità di sopravvivenza. Per di più, il 24 marzo erano caduti in mano al nemico il comandante Mario Coccon e altri tre componenti del Comando Piazza, sicché nella fase decisiva questo Comando si trovò a operare con i due membri superstiti Francesco Semi (rappresentante della D.C.) e Giovanni Filipponi, un valoroso ufficiale di carriera che[...]



da [Otello/Giuseppe Verdi], p. 2Copertina (Disco vinile

Brano: OTELLO : LA VICENDA

L’azione ri «volgo in una città di maro dalli* ola di Cipro alla fine del secolo XV. Cipro fu par alcuni secoli uno stato indipendente sotto il governo della famiglia Lusignano. di orìgine francese. Nel 1472 Caterina Comaro, di antica o ricca famiglia veneziana, sposò il re Giacomo Il Lusignano e, rimasta vedova a unica erede, cedette l’isola alla repubblica di Venezia. D dominio voneziano durò sino al 1671, quando Cipro cadde nelle mani dei Turchi.

ATTO PRIMO. SCENA 13

L’ostemo del castello. Una taverna con pergolato; nel fondo si vedono gli spalti e il mare. E* sera, infuria un uragano con lampi, tuoni, agitazione di flutti. La nave di Otello (tenore), nominato da poco governatore dell'isola. è in balia delle onde (“Una vela! Un vessillo!). Vicino agli spalti si affollano abitanti dell’isola e castellani, fra i quali: Roderigo (tenore). gent[...]

[...] fedeltà e obbedienza leale ad Otello. Intanto la tempesta si quieta, quasi ascoltando la preghiera del popolo adunato (“Dio, fulgor della bufera!”). La nave di Otello accosta ed egli dalla scala della spiaggia sale sullo spalto seguito da marinai e soldati. Grida con somma felicità la sua vittoria sui musulmani ("Esultate!”). Uomo di colore, “moro” come afferma la tradizione, la sua pelle scura non gli ha impedito di essere generale dell’armata veneziana Tutti lo salutano con enfasi ("Vittoria! Sterminio!”) mentre entra nel castello, seguito da Cassio, Montano e soldati. Sullo spiazzo presso la taverna la gente comincia a divertirsi. Accendono un gran fuoco, cantano, bevono ("Fuoco di gioia”). Jago elabora nella mente un piano degno della sua perfidia. Bisogna che Otello perda la propria considerazione verso Cassio. Perciò offre da bara al capo squadra. che invece dovrebbe recarsi al turno di guardia ("Innaffia l’ugola!”). In breve Cassio è preda dei cattivi effetti dai vino cipriota. Roderigo attacca briga con lui provocando un tumulto.

M[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine veneziana, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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