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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 346

Brano: [...]ocratico italiano (v.), del tutto estraneo e anzi avverso al C.L.N., con un programma pregiudizialmente e accesamente monarchico. A questi fermenti e pungoli e ritorni centrifughi esterni, corrispondevano aH’interno del Partito liberale l’assillo e l’aculeo di una definizione politica puntuale un po' su tutte le questioni, ma specialmente su quella della monarchia.

Secondo dopoguerra

Anche nel risorto Partito liberale (come nel liberalismo prefascista) e per quanto le sue forze organizzative di base fossero esigue, convivevano ormai le due anime, difficilmente mediate dall'egemonia crociana, della tradizione e della gioventù; e quella del Sud, più tenacemente monarchica e ancorata, specie dopo la fusione con le forze clientelari ed elettorali guidate da Raffaele De Caro (v.), a istanze di conservazione sociale.

Si venne così a una crisi (del resto anticipata dalle mene condotte, unitamente alla Democrazia cristiana, per la smobilitazione dei C.L.N.), e ciò in concomitanza con le nuove alleanze, piuttosto eterogenee, combinate con Ivanoe[...]

[...](v.) e altri, proprio sul motivo delle scelte istituzionali; e fu messa in minoranza da un ordine del giorno monarchico, presentato da Edgardo Sogno (v. Franchi, Organizzazione) al congresso di Roma del 29.43.5.1946.

Anche se il P.L.I. del 194243 non si richiamava affatto al discusso partito sorto nel 1922, riemergeva tut

tavia nel suo seno la vocazione conservatrice comune a quasi tutte le tendenze e ai vari raggruppamenti del liberalismo prefascista: si concludeva così, con un sostanziale e contrastato ritorno alla tradizione, a poche settimane dal referendum istituzionale del 2.6.1946, l’incontro ultimo con la Resistenza (quasi tutta repubblicana e socialmente avanzata) e con l’antifascismo militante, e l’opera di rianimazione e di risveglio tentata da Benedetto Croce entrava virtualmente in crisi, almeno sul terreno politico e organizzativo.

Bibliografia: Per il partito liberale prefascista: Paolo Alatri, Le origini del fascismo (Roma, 1955); Antonio Salandra, Memorie politiche 19161925 (Milano, 1951); Marcello Soleri, Memorie (Torino, 1949); Alberto Giovannini, Il rifiuto dell’Aventino (Bologna, 1966).

Sul partito liberale postfascista: Arnaldo Ciani, Il partito liberale italiano (Napoli, 1968); Alberto Giovannini, Travaglio per la libertà 19431947 (Bologna, 1962).

In generale: Alberto Giovannini, Il partito liberale italiano (Milano, 1958).

Sul periodo fascista: Bortolo Belotti, L’avventura fascista, (Milano, 1945); Alberto Albertini, Vita di Luigi Albertini (Roma, 19[...]

[...]o, 1960).

Fondamentale: Ercole Camurani, Contributo per una bibliografia sul Partito Liberale Italiano nella Resistenza, in Resistenza in Toscana (Firenze, 1968) pp. 4361.

E.Sa.

I liberali nella Resistenza

II Partito liberale italiano sorse dopo l’8.9.1943, dalla fusione dei Gruppi di Ricostruzione liberale costituitisi nella primavera del 1943, soprattutto in alcuni grandi centri italiani, attorno a esponenti del vecchio liberalismo prefascista e della cultura più pronunziatamente egemonizzata da B. Croce e dai suoi indirizzi di pensiero politico. Salvo l’enuclearsi di ristretti circoli periferici, ispirati a più o meno vaghe premesse liberali e di cui non si ha notizia certa per quel periodo, la ricostituzione del movimento liberale come tale si operò infatti essenzialmente: a Napoli, attorno allo stesso Croce; a Roma, sotto la egida dell’ex socialdemocratico Ivanoe Bonomi, rifluito da lungo tempo su posizioni nettamente conservatrici, vicino alla Corona e rimasto per tutto il ventennio fascista pres



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 571

Brano: [...]a prova della Resistenza.

Grazie anche alla sua collocazione sociale e storica e al suo incisivo impegno sulla questione della repubblica (v.), il 2.6.1946 il P.S.I.U.P. si affermerà in termini elettorali, come il primo partito della sinistra italiana, seguito a ruota dagli alleati comunisti.

Le dimensioni assunte dal partito neH’immediato dopoguerra, sul finire del 1945 e non solo nel Centronord, nelle zone tradizionali dell 'insediamento prefascista, corrisposero in un certo senso alla capacità di presa dell'“Avanti!”, registrata poco dopo la liberazione di Roma. Tuttavia il P.S.I.U.P. non fu in grado di guidare e consolidare il moto di simpatia e di opinione suscitato e solo in parte riversatosi sulla sua struttura.

Bienni ai compagni detraila Italia

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[...] impiegati e professionisti.

« In genere (salvo cioè casi particolari) prevaleva numericamente e organizzativamente il partito nuovo sul partito vecchio, le regioni e le federazioni che avevano vissuto e fatto la Resistenza su quelle che erano state liberate dagli Alleati, il Centrosud sul Sud ». Una certa debolezza (relativa) si poteva riscontrare nelle zone contadine (bracciantato e mezzadria), dove era finito il quasi monopolio del periodo prefascista. In rapporto a tale struttura, al congresso di Firenze dell'aprile 1946, il primo del dopoguerra, Nenni denunciava una « crisi interna, che è in gran parte una crisi di crescenza ». In una considerazione e prospettiva storiografica trova maggiore fondamento la tesi di una vera e propria crisi di identità, imperniata su diversi elementi di analisi: eterogeneità dei « filoni politicoculturali e generazionali » confluiti nel medesimo organismo, « una classe dirigente solo potenziale », il « male profondo » rappresentato dalla sfiducia sia dei « giovani » che dei « vecchi » nel ruolo di un partit[...]

[...]dentità, imperniata su diversi elementi di analisi: eterogeneità dei « filoni politicoculturali e generazionali » confluiti nel medesimo organismo, « una classe dirigente solo potenziale », il « male profondo » rappresentato dalla sfiducia sia dei « giovani » che dei « vecchi » nel ruolo di un partito «socialista» (S. Merli). Affiorava una dialettica assai più complessa e complicata di quelle già note delle “due anime” del tradizionale movimento prefascista: Lelio Basso distingue: i « militanti che avevano svolto la loro attività politica nell’esilio »; « i molti socialisti di un tempo, che durante il fascismo si erano tenuti in disparte »; « i socialisti che avevano lottato e cospirato in Italia »; « i più giovani, venuti all’antifascismo militante e al socialismo solo negli ultimi tempi »; e infine una pletora di aderenti non troppo fermi ed edotti, che spesso vedevano nel socialismo « so

lo l’antitesi del comuniSmo ».

Il Congresso di Firenze (1117.4. 1946) era già dominato dal problema dei rapporti con i comunisti e, al contempo, preann[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 333

Brano: [...] si ritrova la cronica impotenza del personaggio pavesiano a risolvere il proprio rapporto tra partecipazione attiva alla vita politica e coscienza individuale; o aH’improbabilità degli assunti « politici » di certi romanzi moraviani (da II conformista, 1951, alla stessa e ben più risolta Ciociara, 1957).

Si delineava intanto una vasta area di narratori che impostavano il loro discorso più sulla restaurazione di un ideale di vita e di cultura prefascista e prenovecentesco, che autenticamente antifascista e antiborghese. II nome più illustre è forse quello di Vitaliano Brancati, con la sua contrapposizione polemica e satirica del mito moralisticoborghese di una felice Italia (o Sicilia) prefascista, al mondo assurdo di stupidità e di violenza del fascismo (dal romanzo fortemente allusivo Gli anni perduti, 1941, alle pagine più esplicite: Il vecchio con gli stivali, 1945, e gli altri racconti riuniti con questo titolo nel 1958; l’altro romanzo, Il bell’Antonio, 1949, ecc.). Il moralismo e la critica di costume sottesi alla narrativa di Brancati, del resto, si ritrovano in tutto un gruppo di altri scrittori: da Ercole Patti (Giovannino, 1954) a Manlio Cancogni (L’odontotecnico, 1957), a Giancarlo Fusco [Le rose del ventennio, 1958).

Ma prima ancora, tra gli anni Trenta e Quaranta, si e[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 586

Brano: [...]errara, lavorò dal 1892 al 1904 presso l’Ospedale neuropsichiatrico di Macerata, come aiuto e poi come vicedirettore. Infine passò come direttore all’Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo, dove rimase dal 1904 al 1950; contribuendo a creare intorno a sé un ambiente medico all'avanguardia nel campo del trattamento delle malattie mentali.

Entrambi i fratelli furono iscritti al P.S.I. fin dalla sua costituzione: Gaetano ricoprì durante il periodo prefascista varie cariche politiche, fu consigliere comunale e provinciale a Firenze, poi deputato al Parlamento; Arnaldo, eletto consigliere comunale ad Arezzo nel 1911, fu molto attivo nella propaganda socialista fra le masse rurali della campagna, come segnalano ripetutamente le fonti di polizia.

Per questi atteggiamenti, i due fratelli furono presi di mira dai fascisti fin dalle prime spedizioni squadristiche. In particolare Arnaldo, per H suo coerente neutralismo, fu aggredito da un gruppo di nazionalisti il 12.11.1918 in Arezzo, al termine di un comizio tenuto dal deputato socialista Ferruccio B[...]

[...]i oppositori al regime. Fu in casa Pieraccini che dallo scoppio della guerra si cominciò a preparare il terreno per la rinascita del tradizionale partito socialista ». (da C. Francovich, La Resistenza a Firenze, p. 9).

Durante i quarantacinque giorni del governo Badoglio, Gaetano fu tra i promotori della pubblicazione di un numero del giornale intitolato So* cialismo, con il quale si riprendeva il filo rosso che univa i riformisti del periodo prefascista alle nuove generazioni, animate da una grande spinta verso l'unità della classe operaia.

Alla liberazione di Firenze, i membri del Comitato toscano di liberazione nazionale lo elessero sindaco della città. Nel dopoguerra fu eletto senatore nelle liste del P.S.I.. Ad Arezzo, Arnaldo svolse, anche se in dimensioni diverse, un ruolo analogo a quanto suo fratello Gaetano andava facendo a Firenze: dopo il

25.7.1943 fu tra i promotori della ripresa socialista e il 2 settembre aderì al Comitato provinciale di concentrazione antifascista. Dopo la Liberazione rappresentò i socialisti nella giunt[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 67

Brano: [...]emocrazia, direttamente espressa dalla volontà popolare e basata sulla larga partecipazione al governo da parte delle masse lavoratrici, sicuro presidio di ogni conquista democratica. Così i C.L.N. e gli organismi di massa (formazioni partigiane comprese) venivano visti come i pilastri della nuova democrazia italiana.

« Noi parliamo di democrazia progressiva come della forma di vita politica e sociale che si distingue dalla vecchia democrazia prefascista in quanto si forma sull’autogoverno delle masse. Non si tratta di una democrazia che si esaurisca nella periodica consultazione elettorale, ma di una forma di vita sociale e politica che assicuri attraverso le libere associazioni di massa, un peso preminente alla partecipazione popolare al governo. Il contenuto che meglio distingue questa democrazia dalla vecchia democrazia prefascista, si può riassumere nella lotta contro il fascismo intesa non soltanto come epurazione della società dai collaboratori col regime fascista, ma come epurazione della struttura sociale ed economica dai cartelli e dai trust che hanno

dato vita al fascismo ». (Da l’ilnità, n. 11 dell’1.8.1944).

Un regime di democrazia progressiva doveva pertanto caratterizzarsi per il suo programma e per gli organismi di potere su cui avrebbe poggiato. Sin dall’aprile 1944 Pai miro Togliatti, proponendo alle forze democratiche e antifasciste italiane un regime di democrazia progressiva, ne precisava il carat[...]



da [I giorni della Resistenza / Noemi Vicini Marri (testo di) ; Lucio Lombardo Radice (Guida alla lettura) ; prefazione di Ferruccio Parri], p. 68Corpo dell'opera [numerazione b(non originale)] (Monografia/libro

Brano: [...]anime della Resistenza, le due grandi prospettive contrapposte dell’Italia repubblicana di oggi. Un orientamento restauratore, e un orientamento rivoluzionario. La lotta antifascista prima, la Resistenza poi, vennero concepite da alcune forze politiche e sociali come riconquista delle libertà fondamentali abolite dal fascismo: di parola, di stampa, di associazione, di voto. Riconquista: ritorno a un regime simile, anche se non identico, a quello prefascista; restaurazione del vecchio Stato liberale. Scioglimento — certo — di milizie nere, tribunali speciali, gran consigli, di tutti gli istituti che erano stati sovrapposti dal fascismo al vecchio edificio statale: ma nessuna sostanziale riforma degli istituti tradizionali — burocrazia, esercito, polizia, magistratura — e del loro funzionamento. Ripristino — certo — delle libertà che i lavoratori avevano conquistato con lunghe e dure lotte prima del fascismo: libertà di organizzarsi in partiti e in sindacati, di fare scioperi, di gestire cooperative e così via: ma nessuna sostanziale riforma del r[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 247

Brano: [...]rande contributo alla guerra contro i tedeschi, la Romania non ebbe riconosciuto (per l’opposizione di Stati Uniti e Gran Bretagna) lo status di cobelligerante.

Secondo dopoguerra

A Liberazione avvenuta, i partiti che costituivano il Blocco nazionaldemocratico si trovarono in disaccordo sull’assetto politico da dare al paese. Mentre il re e i leader dei partiti nazionalcontadino e nazionalliberale tendevano al ripristino del vecchio regime prefascista, le forze di sinistra propugnavano l’instaurazione di una democrazia popolare che attuasse profonde riforme strutturali, prima tra tutte quella agraria. Si ebbe così un periodo di aspra lotta politica, contrassegnata da ripetute crisi ministeriali (nei primi governi di coalizione prevalevano gli elementi conservatori) e da un imponente movimento di massa per l’occupazione delle terre, per la riforma agraria, per l’epurazione dei funzionari fascisti dalle pubbliche amministrazioni e così via.

La situazione economica del paese era d’altra parte gravissima: nel 1944 la produzione industriale [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 182

Brano: [...]i raggiungere i propri fini, mentre mostrava di venire incontro alle richieste delle popolazioni locali.

Si può tuttavia affermare che il fascismo, se anche in Sardegna riuscì a penetrare nelle zone urbane e a diffondersi tra il ceto medio, non ebbe presa su pastori e contadini che continuarono a vivere nelle abituali condizioni di arretratezza, sostanzialmente estranei al regime come lo erano sempre stati nei confronti dello Stato unitario e prefascista.

Antifascismo borghese

Durante il periodo fascista, a Nuoro e nella provincia furono presenti ma scarsamente attivi vari gruppi antifascisti, di differente coloritura politica. Una caratteristica, rintracciabile in tutta la Sardegna, fu la separazione tra antifascismo borghese e antifascismo proletario: gli aderenti ai due diversi gruppi, pur vivendo in un piccolo centro e quindi conoscendosi reciprocamente, non avevano contatti politici né intrattenevano rapporti di amicizia personale. Gli antifascisti borghesi, da parte loro, costituirono un gruppo affiatato e di quasi quotidiana freq[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 72

Brano: Nenni, Pietro

alla presidenza del partito, negli ultimi anni si impegna nella campagna per il divorzio e si pronuncia per una politica di solidarietà nazionale.

Giudizi su Nenni

L’opera di Nenni alla testa del P.S.I. non si presta ad un facile bilancio, né i giudizi potranno amalgamarsi in breve tempo. Vittorio Foa ne ha sottolineato le più antiche eredità dalla scuola repubblicana e dall’esperienza prefascista; Giorgio Amendola, altro politico non alieno da riflessioni storiche, ha insistito sulle sempre ritornanti impennate massimalistiche e flessioni riformistiche proprie della condotta nenniana. Comunque \a guida di Nenni contribuì, specialmente negli anni della repubblica, ma partendo da più vecchia data, a trasformare i caratteri, il volto, la base sociale e il gruppo dirigente del P.S.I., di quella forza politica che era stata fondata e aveva ricevuto l’impronta da Turati ed era entrata in grave crisi nel primo dopoguerra, ai tempi di Serrati. i\ partito che Nenni si lasciava alle spalle non [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 12

Brano: [...]Le fabbriche occupanti 2.000 o più operai erano l’Ilva di Bagnoli, la Pattison, le Officine Meccaniche Mi ani e Silvestri, le Officine Ferroviarie Meridionali al Vasto e alla Bufola. Fu appunto in queste fabbriche napoletane, come pure all’Ansaldo di Pozzuoli, aN’IIva di Torre Annunziata e nei cantieri navali di Castellammare che il movimento operaio napoletano ebbe le sue iniziali basi di resistenza, che tali resteranno anche durante il periodo prefascista e fascista, fino alla Liberazione e nel secondo dopoguerra.

Il movimento socialista

Alla vigilia della Prima guerra mondiale il movimento socialista na

poletano era assai diviso. Alla testa dei cosiddetti « sindacalisti rivoluzionari » si trovavano Antonio Labriola (v.), Enrico Leone, Ernesto Cesare Longobardi e altri giovani, cresciuti sotto il magistero di Giovanni Bovio e di Colaianni. Le varie correnti erano in generale caratterizzate da una forte venatura moralista. Il gruppo riformista che pubblicava il settimanale La Propaganda (A. Labriola e Fasulo), come pure i seguaci dell’[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine prefascista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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