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Il segmento testuale meridionalismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 247Entità Multimediali , di cui in selezione 9 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 691

Brano: [...]hevolezze e le miserie dei governi centristi. Inflessibile fu poi il richiamo ai valori della Resistenza, così presto archiviati dalle forze egemoni, e costante l’attenzione prestata al sottosviluppo e all’inferiorità del Mezzogiorno.

Nel 1956, poco prima di morire, Calamandrei assunse la difesa di Danilo Dolci, arrestato a Partinico du

rante una manifestazione di disoccupati, volendo così testimoniare la continuità del vecchio e del nuovo meridionalismo, la saldatura tra il meridionalismo di Salvemini e Guido Dorso e la lotta delle popolazioni del Sud.

Terza fase

Nel 1957, scomparsi Calamandrei e Salvemini, il gruppo di « Unità popolare » confluiva nel P.S.I. e, per il « Ponte », si apriva una terza fase, sotto la direzione di Enriquez Agnoletti e di Tumiati, coadiuvati dal redattore Giuseppe Favati.

Fu nettamente avvertibile, a partire da un’iniziale fedeltà alla battaglia su due fronti (contro conservatori e comunisti), in osservanza ai canoni dell’originario «terzaforzismo», il passaggio a una più distesa considerazione della cultura marxista e a un dialogo più ser[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 616

Brano: [...]va una locanda, militò nelle fila anarchiche e poi in quelle socialiste, subendo arresti e un invio al confino. Nel 1899 tu tra i fondatori del settimanale La Propaganda che condurrà un’importante azione nel Mezzogiorno, durante il primo quindicennio del secolo, per spezzare « l’involucro semifeudale » e « stimolare la formazione di partiti democratici ».

Trasferitosi nel 1903 a Roma, fu redattorecapo dellAvanti!” e attivo protagonista di un “meridionalismo di sinistra”, sostenendo posizioni avanzate.

« Il problema meridionale, — scriveva Enrico Leone fin dal 1903, — per essere risolto, ha bisogno di affrontare una sola vera pregiudiziale: quella della riforma dello Stato italiano la quale non è conseguibile con la lotta del Sud contro il Nord, ma sarà invece la conquista del concorde sforzo delle energie nuove e progressive del Nord e del Sud ».

Sindacalista rivoluzionario

Fiero avversario del “ministerialismo” socialista e dei riformisti, nel

1905 lasciò l’“Avanti!” e fondò a Roma (con altri) il quotidiano L'Azione, nonché la rivis[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 402

Brano: [...]sferendo sullo schermo sia il mondo verghiano, sia quello dei pescatori di Aci Trezza non molto diverso che neH’Ottocento, il regista approdò a un quadro plasticofigurativo raffinatissimo, tuttavia continuamente ravvivato dalla passionalità con cui il punto di vista aristocratico “s’inchinava” alla ricchezza umana del proletariato.

Sulla stessa linea sarà un altro grande film: “Rocco e i suoi fratelli” (1960), cui non si perdonò il ritorno al meridionalismo in un momento il cui il miracolo economico si verificava proprio a spese della questione meridionale sempre inevasa. A contrastare il film non si mosse solo la Giuria della Mostra di Venezia (che negò quel Leone d’oro cui

l’opera di Visconti aveva incontestabilmente diritto), ma scesero in campo anche i vertici della magistratura milanese.

Successivamente non mancarono, per altre e ben diverse opere, i massimi riconoscimenti: la Palma doro di Cannes nel 1963 per “Il Gattopardo”, il Leone d'oro del 1965 per “Vaghe stelle dell'Orsa...” (uno dei suoi film più discutibili), ma in queste ope[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 242

Brano: [...]a forza politica che, a suo avviso, era prigioniera di oligarchie burocratiche, esposta a degradazioni di piccoli cabotaggi del «fare giorno per giorno» senza orizzonte unitario e obiettivi di ampio respiro per il movimento operaio, tanto meno per le sorti delle masse meridionali. Da quel momento la polemica salveminiana nei confronti del P.S.I. si farà implacabile, punteggiata di esasperazioni e denunce spesso fuori bersaglio, sostenuta da un « meridionalismo » che, a taluni, apparirà addirittura « ossessivo ». “L'Unità” divenne così lo specchio di queste convinzioni salveminiane e della sua ancor più implacabile requisitoria contro il giolittismo, visto alla stregua di una tabe che corrompeva ogni fibra dello Stato (il Giovanni Giolitti (v.) « ministro della malavita»), impigrendo ogni energia creativa.

Come bene sintetizzeranno Francesco Golzio e Augusto Guerra, « l’opposizione a Giolitti con il linguaggio della ragione, la revisione critica del riformismo turatiano, l’allarme per le diversioni imperialistiche e la ricognizione sistematica de[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 459

Brano: [...] pace. Egli insistette sulla necessità di sviluppare le associazioni di massa, in particolare i “Partigiani della pace”, e ripropose (dopo che l’iniziativa in tal senso, elaborata tra il 1947 e il 1948, era rimasta largamente inapplicata) l’istituzione di « capigruppo (collettori) di dieci » come « anello più capillare di direzione dell’attività dei Comunisti » e « prima carica del partito ». Sull’azione nel Mezzogiorno egli — in polemica con il meridionalismo amendoliano — si pronunciò per una « grande svolta » che facesse del P.C.I. una forza determinante, anche con l'aiuto di quadri del Nord e del Centro, contro ogni tentazione opportunistica di appiattire il partito a « movimento » democratico.

Il 5 dicembre fu colpito da un serio disturbo cardiaco, al quale seguì un lungo periodo di cura e poi una convalescenza in U.R.S.S. (aprilemagqio 1952). I processi e le “purghe” che in quel periodo ebbero luogo nelle “democrazie popolari” suscitarono in Secchia perplessità e preoccupazioni.

Tra l’altro egli si oppose alle sanzioni politiche che dov[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 672

Brano: [...](Migliofi), tra gli intellettuali avanzati (Gobetti) e soprattutto tra gli operai delle grandi fabbriche, non solo di Torino ma anche della Lombardia e deH’Emilia, per sottrarli all’egemonia dei riformisti. Politica di largo respiro, destinata a produrre negli anni positive reazioni, quale quella iniziata sui sardisti di Emilio Lussu (v.) e su alcuni intellettuali meridionali che, come Guido Dorso, attraverso Gobetti conobbero Gramsci e il suo « meridionalismo », còsi diverso (e ben altrimenti concreto) dallo pseudoconcretismo dei vecchi meridionalisti. La modernità e l'attualità delle tesi gramsciane non consistono d'altra parte soltanto nella individuazione delle forze sociali su cui puntare per la soluzione del problema meridionale (la classe operaia alleata ai contadini del Sud e del Nord, e quindi ai lavoratori cattolici, agli intellettuali d’avanguardia, ai giovani, agli emigrati), ma anche nella individuazione delle linee maestre della politica nazionale di riforme su cui far leva: riforme di struttura, precisò Gramsci, non « misure d'emerge[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 448

Brano: [...] Brigata « Sassari » durante la Prima guerra mondiale, si distinse per il suo coraggio. Più volte ferito in combattimento, si guadagnò numerose decorazioni al valore e promozioni sul campo. Dividendo con i suoi soldati, per lo più di origine contadina, la durissima vita di trincea e gli orrori della guerra (su quelle esperienze scriverà un libro giudicato tra i migliori del genere), maturò quelle convinzioni che lo avrebbero indirizzato verso il meridionalismo di cui era strenuo propugnatore Gaetano Salvemini.

Il Partito d’Azione

Ritornato in Sardegna, divenne appassionato animatore del movimento che nel 1919, a Cagliari (v.), portò al Partito sardo d’Azione, regionalista e ispirato agli ideali di rinnovamento economico e sociale dell’isola nel quadro di una democrazia repubblicana a base popolare. Deputato per la Sardegna nel 1921 e nel 1924, ebbe un ruolo dirigente nelle agitazioni contadine del dopoguerra che misero capo alla enucleazione delle prime organizzazioni sindacali locali. Alla Camera e alla testa dei lavoratori sardi egli si bat[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 354

Brano: [...]ne più intransigente, tanto più che la sua lucida visione storicistica lo portava a riconoscere nel fascismo il volto del nemico secolare della sua gente: la reazione agraria, ancora una volta favorita dal trasformismo dei politicanti di stampo giolittiano.

Contro il fascismo

Nacque così la collaborazione di Fiore a « Rivoluzione liberale » di Piero Gobetti, sulle cui pagine si incontrò con Guido Dorso, uno dei principali teorici del nuovo meridionalismo, profondamente legato alle esigenze e alle aspirazioni delle masse. A Gobetti furono destinate le prime quattro Lettere pugliesi del Fiore, scritte nel 1925 e che insieme ad altre due (dirette nel 1926 a Giuseppe Gangale, direttore di Coscientia), avrebbero visto la luce nel secondo dopoguerra col titolo Un popolo di formiche.

L'opera, giustamente celebrata per

il suo valore di documento sull’avvento del fascismo nel Mezzogiorno, oltre che per il significato umano e per i pregi letterari, vinse il Premio Viareggio 1952.

Dopo il delitto Matteotti (1924) Fiore aderì al Partito socialis[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 54

Brano: Amendola, Giovanni

1 ittif dei cui sistema politico avversavano insieme l'istanza democratica, il basso livello morale ed il protezionismo; entrambi erano di convinzioni liberalistiche, che Amendola derivava dal suo meridionalismo e Albertini da quello degli industriali tessili; entrambi (Amendola più ancora di Albertini), scoppiata la guerra mondiale, furono favorevoli a che l’Italia entrasse nel conflitto a fianco delle potenze occidentali, unendosi con ciò di fatto a quei gruppi protezionistici che avversavano, e approvando di fatto le manifestazioni antiparlamentari delle " radiose giornate Il loro interventismo va distinto sia da quello rivoluzionario dei sindacalisti sia da quello reazionario dei nazionalisti, sia da quello democratico dei Bissolati e dei Salvemini, sia anche da quello conservatore alla Salandra [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine meridionalismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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