Brano: SS Italiane

partigiani centinaia di morti e feriti. Sempre in aprile due divisioni tedesche, alle quali erano stati aggregati alcuni battaglioni di SS italiane, iniziarono una vasta azione offensiva contro i partigiani della zona di Nocera Umbra, a est di Assisi tra Foligno e Gualdo Tadino. Il rastrellamento si protrasse fino al 30 maggio e i resistenti subirono forti perdite (una cinquantina di morti e numerosi feriti).

Il 10 maggio ebbe inizio in Piemonte, nella valle del Sangone, un rastrellamento cui partecipò una compagnia di volontari delle SS italiane. Le operazioni, dirette da un colonnello tedesco, durarono otto giorni, nel corso dei quali vennero dati alle fiamme e bombardati interi villaggi, come Forno di Coazze (Torino), il Selvaggio e le case della Maddalena alla destra del torrente Taunere. A Forno vennero trucidati

23 valligiani. Il 13 maggio un plotone del Battaglione SS italiane di Sant’Antonino di Susa (Torino) passò per le armi 17 partigiani fatti prigionieri durante i rastrellamenti precedenti.

In giugno, il III Battaglione del 2° Reggimento di fanteria venne spostato dalla zona di Pinerolo a quella di Arezzo per partecipare all’operazione Bandenbekampfung (lotta contro le bande). Questo battaglione affiancò reparti tedeschi e della

G.N.R. nelle stragi di Bucine (v.), Cavriglia (v.), Civitella della Chiana (v.) e in altri eccidi che insanguinarono l’intera provincia. Ancora in giugno, reparti del Battaglione “Debica”, rientrato dal fronte di Nettuno, iniziar[...]

[...]a

G.N.R. nelle stragi di Bucine (v.), Cavriglia (v.), Civitella della Chiana (v.) e in altri eccidi che insanguinarono l’intera provincia. Ancora in giugno, reparti del Battaglione “Debica”, rientrato dal fronte di Nettuno, iniziarono sempre sotto guida tedesca un rastrellamento in Piemonte nella zona di Corio Canavese e delle valli di Lanzo (v.). Nel

lo stesso mese, a sud di Pinerolo, la 2a Compagnia del I Battaglione del 2° Reggimento SS italiane, comandata dal capitano Giuseppe Etter, passò al setaccio la zona di Campiglione, per poi rapidamente spostarsi a Sangle, nella vai Chisone. Nello stesso mese le SS italiane contribuirono anche al grande rastrellamento attuato sui monti del Verbano e culminato il 20 giugno nella strage di Fondotoce (v.). Intanto a Monza, nella casa dell’ex

G.I.L., si trovava un gruppo speciale di SS italiane incaricato di compiere interrogatori e torture.

In estate l’intera Brigata SS italiane entrò in azione contro un vigoroso movimento partigiano. Il 21 luglio reparti nazifascisti, compresi due battaglioni di SS italiane, rastrellarono l’intera zona dall’alta val

ir*

Reparto di SS italiane durante un’esercitazione

le del Chisone al Sestriere per poi calare a Cesana Torinese, Ulzio, Bardonecchia e Susa, dove catturarono cinque partigiani (L Bouch, G. Beltramo, A. Leggiard, N. Ti bai do e L. Tallia Galoppo): Bouch fu impiccato al balcone di casa sua, a Bousson, insieme a Beltramo; gli altri tre partigiani, portati a Villar Perosa, vennero impiccati in piazza. Due partigiani originari del Polesine (Rodolfo Rossi e Orlando Scavazza), catturati durante la stessa azione, furono impiccati nel seminario di Rivoli (13 agosto).

Il Battaglione “Debica” operò anche nel cuore del Monf[...]

[...]i nel seminario di Rivoli (13 agosto).

Il Battaglione “Debica” operò anche nel cuore del Monferrato e nel Cuneese, a Santo Stefano Belbo, appoggiando il II Battaglione “Cacciatori degli Appennini”. Il “Debica” disponeva di una batteria di mitragliere da 20 mm, di un cannone e di una sezione di mortai. Gli scontri con i partigiani divennero quotidiani e sistematici furono gli eccidi di prigionieri. In uno di questi scontri, il 16 agosto, le SS italiane furono messe in fuga e persero una bandiera che divenne un trofeo partigiano. Il 19 agosto, a Bardine di San Terenzio (v.), borgata del comune di Fivizzano (Massa Carrara), le SS italiane e tedesche al comando del maggiore Walter Reder massacrarono con particolare ferocia 160 civili rastrellati nella vicina Pietrasanta.

Agli inizi dell’autunno 1944 la 59a Brigata SS italiane era composta da tre reggimenti: due di fanteria, il WaffenGrenadierRegiment der SS 81 (Italienisches Nr. 1) e il Waffen

GrenadierRegiment 82 (Ital. Nr. 2); e uno di artiglieria, il WaffenArtillerieRegiment der SS 59 (Ital. Art. Rgt. Nr. 1). Inoltre facevano parte della 59a Brigata un Battaglione Ufficiali, una Sezione Cacciatori di carro (PanzerjàgerAbteilung), un Battaglione Fucilieri, una Compagnia Genieri, una Compagnia Collegamenti, un battaglione di riserva. Secondo una nota tabella dell’Alto Comando tedesco in Italia, nell’estateautunno 1944 la forza delle SS italiane assommava a 10.[...]

[...]enadierRegiment 82 (Ital. Nr. 2); e uno di artiglieria, il WaffenArtillerieRegiment der SS 59 (Ital. Art. Rgt. Nr. 1). Inoltre facevano parte della 59a Brigata un Battaglione Ufficiali, una Sezione Cacciatori di carro (PanzerjàgerAbteilung), un Battaglione Fucilieri, una Compagnia Genieri, una Compagnia Collegamenti, un battaglione di riserva. Secondo una nota tabella dell’Alto Comando tedesco in Italia, nell’estateautunno 1944 la forza delle SS italiane assommava a 10.000 uomini.

La settimana antipartigiana

L’1.10.1944 il feldmaresciallo Kesselring inviò un messaggio a tutti i Comandi militari dell’Italia occupata preannunciando un nuovo ciclo operativo contro le bande, diventate ormai così forti da impegnare diverse divisioni tedesche e fasciste. La Brigata SS italiana collaborò a questa campagna con tre unità di combattimento, le prime due in Lombardia, capeggiate da ex ufficiali della Milizia: il Gruppo “Celebrano” (formato dal I e dal II Battaglione del 2° Reggimento di fanteria); il Gruppo “Degli Oddi” (già impiegato a Nettuno) ; [...]

[...]rano” (formato dal I e dal II Battaglione del 2° Reggimento di fanteria); il Gruppo “Degli Oddi” (già impiegato a Nettuno) ; e un terzo gruppo destinato a operare in Valdossola, che era poi il Battaglione “Debica”.

Per la Lombardia fu previsto il setacciamento della Valsassina e della zona Monte SicoloValle di Fonteno (v. Fonteno, Battaglia di), tra

il lago d'Iseo e il lago di Endine nel Bergamasco. Nella Valsassina, a nord di Lecco, le SS italiane al comando del maggiore Paolo Comelli di Udine, che si era insediato nella villa Ghiringhelli di Introbio, in ottobre fucilarono 6 partigiani della 55a Brigata Garibaldi “Rosselli” (v. Introbio). I garibaldini erano stati catturati durante un rastrellamento condotto da 2.500 nazifascisti contro 430 partigiani e iniziato il 10 ottobre nella zona AbbioBiandinoGobbioCarmisolo. I rastrellatori, fortemente armati, erano spalleggiati da SS giunte da Monza con cani mastini, reparti della G.N.R. e altre forze. Il Gruppo “Degli Oddi” aveva iniziato l’azione concentrandosi a Sarnico, all’estremità infe[...]

Brano: SS Italiane

affiancato da effettivi della Gendarmerie tedesca, dalla Brigata Nera di Novara, dal Battaglione arditi “Venezia Giulia”, dal Battaglione “Folgore” e da due compagnie della Decima M.A.S..

Il 2 novembre Kesselring stese un bilancio complessivo delle operazioni, da cui risultavano i seguenti dati:

Operazioni su larga scala Perdite partigiane: morti 1539, prigionieri 1248, sospetti partigiani catturati 1973. Perdite nazifasciste: tedeschi morti 50, feriti 183, dispersi 4; italiani morti 33, feriti 186, dispersi 28.

Operazioni su piccola scala Perdite partigiane: morti 531, prigionier[...]

[...]parte delle vittime dei rastrellamenti non erano partigiani combattenti, ma civili inermi passati per le armi o deportati.

Con questa campagna le forze nazifasciste avevano compiuto il loro massimo sforzo per debellare i partigiani combattenti alle spalle dell'esercito tedesco impegnato dagli angloamericani lungo la Linea Gotica, ma non erano riusciti a sradicarle. Nei mesi successivi i nazisti intensificarono la preparazione di reparti di SS italiane. II Battaglione Addestramento deM’unità di riserva delle SS italiane, che si trovava in settembre a Saiano (Brescia), a una decina di chilometri a sudest di Iseo, alloggiato nel convento dei francescani del Calvario in cima a un colle, a fine autunno venne trasferito a Cantù (Como). L’azione di rilancio dell’addestramento e dell’arruolamento delle SS italiane si accompagnava all’apprestamento di una nuova linea difensiva tedesca che prevedeva lavori di fortificazione sulla riva sinistra del Po. In questo quadro, la Militàrkommandantur 1011 di Brescia dispose la mobilitazione dell’intera popolazione maschile valida di Cremona e l’evacuazione della città, per farne una roccaforte della Wehrmacht dopo l’esaurimento della Operazione Olive condotta dagli AlJeati contro la Linea Gotica (fine settembre).

Intanto la Brigata SS italiane ricevette lordine di abbandonare il Piemonte e di concentrarsi in Lombardia, nel Comasco, per assicurarsi una via di r[...]

[...]prestamento di una nuova linea difensiva tedesca che prevedeva lavori di fortificazione sulla riva sinistra del Po. In questo quadro, la Militàrkommandantur 1011 di Brescia dispose la mobilitazione dell’intera popolazione maschile valida di Cremona e l’evacuazione della città, per farne una roccaforte della Wehrmacht dopo l’esaurimento della Operazione Olive condotta dagli AlJeati contro la Linea Gotica (fine settembre).

Intanto la Brigata SS italiane ricevette lordine di abbandonare il Piemonte e di concentrarsi in Lombardia, nel Comasco, per assicurarsi una via di ritirata in vista della prevedibile catastrofe delle armate tedesche in Italia. Agli inizi di dicembre 1944 si ebbe così la distribuzione delle SS italiane nei centri della Brianza (Alzate Brianza, Ma

riano Comense, Asso, Cantù, Canzo, Erba). Sull’Alpe del Viceré fu schierato il famigerato Battaglione “Debica”, mentre il grosso della Brigata rimase accantonato fino all’ultimo nel Comasco. Nel tardo autunno 1944 reparti delle SS tedesche e italiane giunsero in provincia di Sondrio (Valtellina), assieme ad Alpenjàger, dotati di mute di cani addestrati alla caccia aH’uomo e appoggiati da Brigate nere della Toscana e da militi della “Muti”. Il

24 novembre ebbe inizio in questa provincia una nuova serie di rastrellamenti, a cominciare dalla vai Màsino. Tra i rastrellatori era la II Compagnia di SS italiane del I Battaglione del 2° Reggimento fanteria, comandata dal tenente Mario Consonni. I nazifascisti fecero razzia di beni, incendiarono baite e procedettero al fermo dei “sospetti”.

il Deposito di Cremona

Anche a Cremona (v.) dominata dal “ras” Roberto Farinacci (v.) e avente fama immeritata di “isola tranquilla” tra le città italiane sotto occupazione tedesca, le SS italiane lasciarono il segno della loro attività repressiva e della loro criminalità. Nel settembre 1944 le SS al comando del sottotenente Macrì arrestarono i giovani antifascisti della “Primula Rossa” e nel novembre successivo provocarono la caduta dei sappisti garibaldini di Porta Venezia.

Ma la storia delle SS italiane a Cremona è legata soprattutto alla presenza del Deposito centrale reclute o Raggruppamento reeluteunità armate italiane delle SS (Feldpost, Posta da campo 759). Il Deposito venne dapprima comandato dal tenente colonnello Tiberio Bedotti, poi dal tenente colonnello Oreste Gardini. In realtà, chi comandò fino all’ultimo sopra tutti nella caserma sede del Deposito, per quanto inferiore di grado, fu il già citato Sturmbannfùhrer (maggiore) Alois Thaler di Brunico (Bolzano), un uomo dal fisico gigantesco che a suo tempo aveva optato per la Germania. Prima di essere inviato in Italia, costui aveva operato in Finlandia, in Norvegia e in Russia. Sul Fronte orientale aveva perduto una gamba e camminava con un arto arti[...]

[...]are in azione, alle spalle di tutti i reparti, contro i disertori e gli insubordinati, un Tribunale delle SS e della polizia germanica con giudici tedeschi, avente sede a Cremona e a Verona. Non si conosce il numero esatto delle vittime di questa repressione, ma si sa per certo che, per ordine del Kommando Ersatzeinheiten der italienischen Waffenverbànde der SS Gerichtsoffizier, contro il terrapieno del “Casermone” furono fucilate le seguenti SS italiane (di truppa): il 14.7.1944 Luigi Stefana, ventenne del Bresciano, accusato di diserzione e condannato a morte dal tribunale presieduto da Thaler (venne sotterrato nella stessa caserma) ; il 4 ottobre, Umberto Toffolet di Sedico (Belluno), Ivo Bertolotti di Sabbioncello S. Vittore (Ferrara), Francesco Pozzi di Pavia, Bruno Alessio di Trieste, il caporalmaggiore Giovanni Simondi di Dronero (Cuneo), Aldo Tonelli di Mantova. Seguì, all’alba del 13.1.1945, la fucilazione di altre SS italiane di truppa: Michele De Lia di Ruvo di Puglia (Bari) e il caporalmaggiore Vittorio Turconi di Como. Le salme d[...]

[...]Stefana, ventenne del Bresciano, accusato di diserzione e condannato a morte dal tribunale presieduto da Thaler (venne sotterrato nella stessa caserma) ; il 4 ottobre, Umberto Toffolet di Sedico (Belluno), Ivo Bertolotti di Sabbioncello S. Vittore (Ferrara), Francesco Pozzi di Pavia, Bruno Alessio di Trieste, il caporalmaggiore Giovanni Simondi di Dronero (Cuneo), Aldo Tonelli di Mantova. Seguì, all’alba del 13.1.1945, la fucilazione di altre SS italiane di truppa: Michele De Lia di Ruvo di Puglia (Bari) e il caporalmaggiore Vittorio Turconi di Como. Le salme di questi fucilati, avvolte in semplici coperte da campo, vennero caricate sul carro funebre per i poveri e, con le tendine nere abbassate, gocciolando sangue sulla neve furono trasportate al cimitero. Il 4.2.1945

645

Brano: &

Colonie libere italiane

no tragica tomba per i nostri soldati, massacrati dai tedeschi dopo I’8.9.1943.

Dopo la seconda guerra mondiale

Le circostanze della guerra, gli eventi diplomatici e il permanere di forti interessi nazionalisti divisero le quattro potenze alleate (U.S.A., U.R.S.S., Inghilterra e Francia) sulla sorte da riservare alle ex colonie italiane. Questi dissensi si verificarono inizialmente nel corso della Conferenza di Londra (settembre 1945) e proseguirono durante la cosiddetta Conferenza dei Quattro a Parigi (aprilemaggio 1946). All'inizio di quest’ultimo incontro, una sola decisione era stata presa all’unanimità, quella di far ritornare le isole del Dodedaneso alla Grecia.

Per quanto riguardava le colonie africane, si contrapponevano due posizioni: quella inglese, che si può riassumere nei termini espressi dal ministro degli Esteri Eden il 4 Ottobre 1944: « Questo governo farà di tutto per impedire che le colonie italiane torn[...]

[...] Conferenza dei Quattro a Parigi (aprilemaggio 1946). All'inizio di quest’ultimo incontro, una sola decisione era stata presa all’unanimità, quella di far ritornare le isole del Dodedaneso alla Grecia.

Per quanto riguardava le colonie africane, si contrapponevano due posizioni: quella inglese, che si può riassumere nei termini espressi dal ministro degli Esteri Eden il 4 Ottobre 1944: « Questo governo farà di tutto per impedire che le colonie italiane tornino all’Italia »; e quella francese, che avrebbe preferito una « sovranità » italiana in Libia, in Somalia e in Eritrea (non considerando più possibile una minaccia militare italiana dopo l’esperienza della seconda guerra mondiale) a un rafforzamento del colonialismo inglese, concorrente reale e temibile al ruolo di potenza mediterranea della Francia. L’Unione Sovietica, dal canto suo, aveva proposto che le colonie italiane venissero affidate alla tutela di due nazioni: una doveva essere l'Italia, l'altra una potenza alleata, diversa per ciascuna colonia. Gli Stati Uniti, infine, erano per il passaggio delle colonie sotto un protettorato deH’ONU. La Conferenza dei Quattro si concluse, sul piano delle decisioni concrete, con un nulla di fatto.

Le rivendicazioni dei governi italiani succedutisi dopo la Liberazione e fino al 1947 possono così riassumersi: bisognava distinguere tra !’« Impero » creato dal fascismo per la sua artificiosa politica di prestigio (vale a dire l’Etiopia) e le vecchie colonie italiane, [...]

[...]tati Uniti, infine, erano per il passaggio delle colonie sotto un protettorato deH’ONU. La Conferenza dei Quattro si concluse, sul piano delle decisioni concrete, con un nulla di fatto.

Le rivendicazioni dei governi italiani succedutisi dopo la Liberazione e fino al 1947 possono così riassumersi: bisognava distinguere tra !’« Impero » creato dal fascismo per la sua artificiosa politica di prestigio (vale a dire l’Etiopia) e le vecchie colonie italiane, anteriori al regime fascista, che facevano parte integrante dell'Italia, indispensabili alla sua vita economica, e nelle quali il popolo italiano aveva portato un segno di civiltà e di progresso. Perciò l’Italia (questa era la conclusione) reclamava la sua sovranità sui territori della Libia, della Somalia e dell’Eritrea.

I sostenitori di questa tesi, tra cui il conte

Carlo Sforza, affermavano inoltre che la restituzione delle colonie all’Italia avrebbe costituito un rafforzamento della pace in Europa, non potendo essere più valido l’argomento di una minaccia italiana alle vie di comun[...]

[...]ipendente), Sull’Eritrea (che dal 15.9.1950 costituì un’unità autonoma, federata con l’Etiopia) e sul Dodecaneso, le cui isole furono assegnate alla Grecia. Quanto alla Somalia, che gli inglesi avevano occupato fin dal 1941, dall’1.4.1950 fu assegnata in amministrazione fiduciaria all'Italia e acquistò la sua piena indipendenza I’1.7. 1960.

Per altre informazioni sui singoli paesi, sì vedano le rispettive voci.

E.Ni.P.Se.

Colonie libere italiane

Denominazione assunta dalle diverse associazioni e organizzazioni italiane in Svizzera che, rifiutando di assoggettarsi al fascismo, svolsero di fatto un’efficace azione contro il regime di Mussolini.

La prima Colonia libera italiana sorse nel 1925 a Ginevra, dove fin dal 1890 funzionavano le scuole italiane fondate per iniziativa di un operaio lattoniere, l’internazionalista Biagio Rossetti. Nell’aprile 1925, pronunciando un discorso alla cerimonia annuale delle premiazioni, il console italiano accennò alla necessità di introdurre profonde riforme nello statuto dell’ente. Allarmati, gli antifascisti crearono allora un comitato che, in pochi giorni, rac

colse i 3.000 franchi svizzeri sufficienti per sostituire l’annuale contributo del governo fascista; e quando il console rivendicò il diritto di nominare metà dei membri della commissione di vigilanza, di licenziare gli insegnanti e di imporre [...]

[...]fascista; e quando il console rivendicò il diritto di nominare metà dei membri della commissione di vigilanza, di licenziare gli insegnanti e di imporre programmi scolastici stabiliti da Roma, minacciando in caso contrario di togliere il contributo finanziario, il comitato potè naturalmente respingere tali condizioni. Dopo che il console ebbe sospeso i versamenti, fu possibile espellerlo dal Consiglio, a norma di statuto, per morosità. Le scuole italiane, di Ginevra seguitarono così a funzionare regolarmente, riconosciute dal governo cantonale svizzero che continuò a concedere gratuitamente le aule e con l’attivo sostegno della colonia italiana, in grande maggioranza composta di lavoratori antifascisti di ogni corrente politica. Qualche tempo dopo, la sezione svizzera della Società Dante Alighieri seguì l’esempio delle scuole: estromise i fascisti, si staccò dall’associazione nazionale scaduta a strumento di propaganda del regime e divenne un centro antifascista di cultura italiana. Tra le diverse altre associazioni di emigrati italiani che s[...]

[...]taliana, in grande maggioranza composta di lavoratori antifascisti di ogni corrente politica. Qualche tempo dopo, la sezione svizzera della Società Dante Alighieri seguì l’esempio delle scuole: estromise i fascisti, si staccò dall’associazione nazionale scaduta a strumento di propaganda del regime e divenne un centro antifascista di cultura italiana. Tra le diverse altre associazioni di emigrati italiani che si schierarono in difesa delle scuole italiane si ricordano La Nazionale, società di mutuo soccorso fondata dall'internazionalista Rossetti e dal mazziniano Zamperini; La Stella d’Italia, mutua dei militari in congedo; La seminatrice, società di mutuo soccorso; La famiglia del Lago d’Ort^ VAssociazione veneta, La Musica di Cesara. Nell’ottobre 1928 gli antifascisti di Ginevra presero l’iniziativa di dare vita a una colonia estiva che permettesse ai bambini degli emigrati di trascorrere le vacanze senza doversi piegare alle « opere del regime », con le quali i fascisti tentavano di irreggimentare i figli degli italiani all’estero. Fu creat[...]

[...]i mutuo soccorso; La famiglia del Lago d’Ort^ VAssociazione veneta, La Musica di Cesara. Nell’ottobre 1928 gli antifascisti di Ginevra presero l’iniziativa di dare vita a una colonia estiva che permettesse ai bambini degli emigrati di trascorrere le vacanze senza doversi piegare alle « opere del regime », con le quali i fascisti tentavano di irreggimentare i figli degli italiani all’estero. Fu creato un comitato che ebbe l’adesione di 14 società italiane esistenti a Ginevra e che raccolse, mediante sottoscrizioni, i fondi necessari all'acquisto di un terreno di 8.000 mq nella località montana di Saint Cergues sur Voirons (Alta Savoia), a circa 25 km da Ginevra. Il 5.7.1930 il primo colpo di piccone diede l’avvio all’opera, alla quale 625 operai offrirono gratuitamente 3.000 giornate di lavoro. La colonia, capace di 100 letti, venne inaugurata il 9.7.1933 e da allora ospita ogni anno numerosi bambini italiani, francesi e svizzeri. Durante e dopo la guerra di Spagna essa ospitò anche molti piccoli spagnoli, costretti a fuggire

593

Brano: SS Italiane

fu passato per le armi il volontario italiano SS Giuseppe Viainati di Milano.

Il 19.1.1945 venne costituito nel “Casermone” un Comitato di resistenza fascista che, all’arrivo degli Alleati, avrebbe dovuto svolgere la propria attività come franchi tiratori e sabotatori nelle province di Milano, Verona e Brescia. Lo capeggiava il tenente colonnello Oreste Gardini, comandante del Raggruppamento Reclute.

Il 15.12.1944 i quadrimotori americani avevano attuato un bombardamento a tappeto su Cremona sganciando varie decine di bombe di grosso calibro, ma avevano mancato la caserma, distruggen[...]

[...]y nelle vicinanze. Nelle prime ore del pomeriggio di domenica 21.1.1945 i quadrimotori tornarono e questa volta non sbagliarono il bersaglio: delle sei casermette, rimasero colpite le tre di sinistra, due furono semidistrutte e l’altra gravemente danneggiata con la palestra. Danneggiamenti più o meno gravi riportarono anche il fabbricato del Comando, il padiglione cucine e le altre tre casermette. Nel corso del bombardamento rimasero uccise 6 SS italiane e 22 furono ferite. Era giunto il tempo di evacuare la caserma e, poco dopo, il Raggruppamento Reclute, forte di un migliaio di uomini, venne spostato a RodengoSaiano nel Bresciano; anche il “Comitato” si trasferì in una casa di Paderno Franciacorta, vicino a RodengoSaiano.

La fase finale

Dopo i due rastrellamenti sferrati nel Piacentino dai tedeschi a fine novembre e a fine dicembre del

1944, il Comando delle SS ritenne necessaria un’altra radicale operazione di polizia in questa zona nevralgica, affidandola ai soli due battaglioni di SS italiane di cui si poteva fidare: il “Vendett[...]

[...]forte di un migliaio di uomini, venne spostato a RodengoSaiano nel Bresciano; anche il “Comitato” si trasferì in una casa di Paderno Franciacorta, vicino a RodengoSaiano.

La fase finale

Dopo i due rastrellamenti sferrati nel Piacentino dai tedeschi a fine novembre e a fine dicembre del

1944, il Comando delle SS ritenne necessaria un’altra radicale operazione di polizia in questa zona nevralgica, affidandola ai soli due battaglioni di SS italiane di cui si poteva fidare: il “Vendetta” e il “Debica”. Nel febbraio 1945 vennero così fatti partire da Mariano Comense questi due battaglioni, riuniti nel Kampfgruppe “Binz” al comando dell'SSObersturmbannfùhrer Franz Binz di Duren. Questi si insediò a Piacenza, dislocando il “Debica” in vai Nure e il “Vendetta” in vai Trebbia. Il Gruppo “Binz”, sempre guidato dai tedeschi, perpetrò sanguinose repressioni a Piacenza, ma subì a sua volta gravi perdite per mano dei partigiani, in particolar modo il “Vendetta” prima che lasciasse l’Appennino per portarsi in pianura.

Un “Gruppo Pronto Impiego” [...]

[...]uppe “Binz” al comando dell'SSObersturmbannfùhrer Franz Binz di Duren. Questi si insediò a Piacenza, dislocando il “Debica” in vai Nure e il “Vendetta” in vai Trebbia. Il Gruppo “Binz”, sempre guidato dai tedeschi, perpetrò sanguinose repressioni a Piacenza, ma subì a sua volta gravi perdite per mano dei partigiani, in particolar modo il “Vendetta” prima che lasciasse l’Appennino per portarsi in pianura.

Un “Gruppo Pronto Impiego” delle

SS italiane, comandato da Alois Thaler e composto da tedeschi e italiani del I Battaglione del 2° Reggimento, si insediò invece a RodengoSaiano sulla strada Brescia Iseo. Lo componevano 21 ufficiali (il tenente colonnello Oreste Gardini; i maggiori Thaler, Carlo Nicholis di Robilant, Alessandro Orzali e Larderai i capitani Ido Zilianti e Gian Clemente Gorelli; i tenenti Amos Battisti, Leonardo Gelosi, Michele Lombardo e Sommeri i sottotenenti Fernando Distesi, Dante Apollonio, Mario de Bernardi, Giorgio Romagnoli, Pietro Zottis, Alessandro Gueriotti, Otto Casagrande, Pietro Careri, Alessandro Gubiotti e [...]

[...]pitani Ido Zilianti e Gian Clemente Gorelli; i tenenti Amos Battisti, Leonardo Gelosi, Michele Lombardo e Sommeri i sottotenenti Fernando Distesi, Dante Apollonio, Mario de Bernardi, Giorgio Romagnoli, Pietro Zottis, Alessandro Gueriotti, Otto Casagrande, Pietro Careri, Alessandro Gubiotti e Hofmann) che avevano alle loro dipendenze 29 sottufficiali, 25 caporalmaggiori, 41 caporali, 90 soldati e 4 civili, in tutto 210 uomini. Il Comando delle SS italiane della zona di RodengoSaiano, capeggiato sempre da Thaler, si trovava a Corneto (Saiano), nella villa dei conti Fenaroli.

Quando i tedeschi predisposero il piano di ritirata generale, la Brigata SS italiana cambiò di nome, assumendo dal 9.3.1945 quello di Divisione (29a WaffenGrenadierDivision der SS Italianische Nr. 1). Il

20 aprile il generale Heinrich von Vietinghoff (subentrato a Kesselring nel comando delle forze armate tedesche in Italia) emanò gli ordini per la ritirata generale oltre il Po.

Di fronte all’insurrezione popolare del 25 aprile le SS italiane (che durante i mesi di[...]

[...]i.

Quando i tedeschi predisposero il piano di ritirata generale, la Brigata SS italiana cambiò di nome, assumendo dal 9.3.1945 quello di Divisione (29a WaffenGrenadierDivision der SS Italianische Nr. 1). Il

20 aprile il generale Heinrich von Vietinghoff (subentrato a Kesselring nel comando delle forze armate tedesche in Italia) emanò gli ordini per la ritirata generale oltre il Po.

Di fronte all’insurrezione popolare del 25 aprile le SS italiane (che durante i mesi di occupazione si erano rese responsabili di innumerevo

li crimini contro la popolazione civile e le forze partigiane) si sciolsero come neve al sole. Per primo fu il “Debica”: questo sinistro battaglione che aveva seminato il terrore nei villaggi indifesi, il 20 aprile era stato disposto a cavallo della via Emilia, all’altezza del Nure, con

il compito di contrastare l’avanzata degli americani provenienti da Parma, ma ben prima del loro arrivo disertò in massa. Analogo comportamento ebbe l’altro reparto del Kampfgruppe “Binz”, cioè il Battaglione “Vendetta” che si er[...]

[...]i americani provenienti da Parma, ma ben prima del loro arrivo disertò in massa. Analogo comportamento ebbe l’altro reparto del Kampfgruppe “Binz”, cioè il Battaglione “Vendetta” che si era arroccato a Rivergaro a sud di Piacenza (v.), per impedire la calata dei partigiani a valle. Il 25 aprile, nella Bassa piacentina, Binz diede l’ordine di ritirata a tutto il suo Gruppo: varcato il Po e approdato a Santo Stefano Lodigiano, sotto Codogno, le SS italiane superstiti fuggirono verso Somaglia, subendo peraltro perdite in seguito ad attacchi partigiani. Bersagliate dall’aviazione alleata, proseguirono poi verso Lodi.

Il 29 aprile riuscirono a passare per

Lodi Vecchio, aggirarono Milano sulla destra e tentarono di raggiungere la Brianza, dove si trovava il grosso della Brigata a sua volta in disfacimento. Il giorno seguente, a Gorgonzola, l’intera Brigata si arrese ai carri armati americani senza sparare un colpo.

Senza opporre la minima resistenza nelle prime ore del 26 aprile si era consegnato a Cantù anche l’intero 2° Reggimento di fan[...]

[...]te, a Gorgonzola, l’intera Brigata si arrese ai carri armati americani senza sparare un colpo.

Senza opporre la minima resistenza nelle prime ore del 26 aprile si era consegnato a Cantù anche l’intero 2° Reggimento di fanteria del WaffenStandartenfuhrer (colonnello) Enzo Celebrano.

A Canzo, nella mattinata del 26 aprile, i partigiani della Brigata G.L. “P. Poet” circondarono il parco della villa Bordoni e qui si arrese il maggiore delle SS italiane P. Comelli, responsabile della fucilazione dei sei partigiani nel cimitero di Introbio. Condannato a morte, il Comel

li venne fucilato nello stesso cimitero.

Uno dopo l’altro i diversi presidi della Brianza e del Lecchese si sfaldarono. A Ponte di Legno, in vai Camonica, si consegnò l’intera compagnia del capitano Etter.

L’ultima strage

A RodengoSaiano le SS italiane di Thaler e il suo “Gruppo Pronto Impiego” opposero invece una certa resistenza. Il 26 aprile, al monastero degli Olivetani di Rodengo i partigiani disarmarono con facilità un’ottantina di SS italiane che indossarono subito abiti civili. Ma a quel punto giunsero in forze, da varie direzioni, altre SS italiane che circondarono il monastero e vi irruppero lanciando bombe a mano, sventagliando raffiche di mitra e sparando con i Panzerfaust. Alcuni partigiani vennero catturati e, nel corso della notte, Thaler ne fece fucilare 6 sui declivi dietro la villa Fenaroli sede del Comando (Giovanni Pezzotti, Mario Andreis, Gaetano Lumini, Giovanni Felappi, Gastone Tiego e Angelo Franchini). I corpi furono abbandonati insepolti. Altri 4 partigiani furono passati per le armi e sepolti affrettatamente in tre fosse scavate nell’orto dietro la villa Fenaroli: il dottor G. Battista Vighenzi di Ostiano (Cremona), se[...]

Brano: [...]zzi.

8.8: Ha inizio l’offensiva contro la Somalia Britannica. Il presidio bri tannico riesce a prendere il mare Vengono occupate dagli italiani Zei la e Berbera (19.8).

12.9: Dietro ordine perentorio d Mussolini (il quale teme una ra pida conclusione del conflitto, pri ma che vi sia stato « almeno un combattimento con gli inglesi ») ha inizio l'offensiva italiana lungo il litorale libico.

16.9: Dopo una corsa di 150 chilometri le truppe italiane entrano a Sidi elBarrani abbandonata dagli inglesi.

27.9: A Berlino, firma del Patto Tripartito tra Italia, Germania e Giappone: si abbozza la nuova spartizione del mondo tra le potenze fasciste.

1.10: Adelchi Serena sostituisce alla segreteria del Partito fascista Ettore Muti, rivelatosi incapace. 4.10: Nuovo incontro MussoliniHitler al Brennero.

15.10: In una riunione a Palazzo Venezia, Mussolini (spalleggiato da Ciano, Jacomoni e da Visconti Frasca) informa Badoglio, capo di stato maggiore generale, e gli altri capi militari, della sua ferma determinazione di attaccare la Grecia. [...]

[...]o Venezia, Mussolini (spalleggiato da Ciano, Jacomoni e da Visconti Frasca) informa Badoglio, capo di stato maggiore generale, e gli altri capi militari, della sua ferma determinazione di attaccare la Grecia. Badoglio obietta come al solito l'impreparazione dell’esercito, ma si accontenta di ottenere un rinvio di 2 giorni nella data dell’attacco (dal 26 al 28 ottobre).

28.10: Ultimatum alla Grecia e contemporaneo inizio delle ostilità. Truppe italiane varcano all’alba la frontiera albanese, ma i greci reagiscono opponendo un'inaspettata ed efficace resistenza.

29.10: Mussolini ordina a Graziani di procedere sul fronte libico verso Marsa Matruh.

________* * * *> **'* **«.«»*♦ 1*1 J* A. »#*.*

COBRIEREDELLA SERA

* u’’ " irò :.!**<«***«

r MgjjTI l'MA SEMATA DAI PBTBtfl

Il Duce chiama

l'Italto alte armi

5* itttewslow®!S[ii«ri» oda <rai>cta « nUm 6rat» Bretagna

iaiwoiaifoniflwéBBimhBVtBcsi!

L’edizione straordinaria del Corriere della sera con l'annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia (10.6.1940)

5.11: Fallime[...]

[...]ma

l'Italto alte armi

5* itttewslow®!S[ii«ri» oda <rai>cta « nUm 6rat» Bretagna

iaiwoiaifoniflwéBBimhBVtBcsi!

L’edizione straordinaria del Corriere della sera con l'annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia (10.6.1940)

5.11: Fallimento totale dell'attacco italiano in Grecia.

8.11: Il Comando Supremo è costretto a ordinare la sospensione dell’offensiva contro la Grecia. 9.11: Il generale Visconti Prasca, comandante delle forze italiane in Albania, viene dimesso dall’incarico per la mancata riuscita dell’offensiva contro la Grecia.

11.11: Aerosiluranti inglesi piombano di sorpresa sul porto di Taranto e mettono fuori combattimento tre corazzate italiane,

18.11: Nell'anniversario delle sanzioni contro l’Italia, Mussolini fa un bellicoso discorso (« Spezzeremo le reni alla Grecia »).

26.11: Battaglia navale di Capo Teulada: esito pari.

4.12: Badoglio, attaccato da Farinacci, si dimette da capo di stato maggiore generale e si ritira a vita privata. Viene sostituito dal generale Ugo Cavallero.

9.12: Pesante offensiva britannica in Africa settentrionale.

10.12: Gli inglesi riconquistano Sidi elBarrani. Il fronte italiano è spezzato: in poche settimane sarà distrutta l’intera armata della Cirenaica (130.000 soldati italiani prigioni[...]

[...]130.000 soldati italiani prigionieri, 10.000 i superstiti).

18.12: In Etiopia ha inizio l’offensiva britannica e contemporaneamente si sviluppa un’intensa guerriglia partigiana contro le forze fasciste di occupazione.

31.12: Bilancio di attività del Tribunale speciale durante l’anno: 215 antifascisti condannati complessivamente a 1.337 anni di reclusione.

1 condanna a morte.

1941

15.1: In Eritrea ha inizio la ritirata delle truppe italiane.

19.1: Mussolini va a incontrarsi con Hitler a Berchtesgaden. Il Fuhrer gli promette l’invio di truppe corazzate tedesche in Libia per il mese di febbraio, e un massiccio intervento in Grecia a primavera.

I.2: Il Partito fascista ordina in Italia la « mobilitazione civile » di 8 milioni di cittadini dai 18 ai 55 anni. Truppe tedesche, affidate al comando del generale Rommel, cominciano a sbarcare a Tripoli.

519.2: Aspra battaglia sull’altopiano di Cheren, in Africa orientale, dove gli italiani respingono un attacco di forze angloindiane. In Somalia le truppe italiane vengono messe in[...]

[...] in Libia per il mese di febbraio, e un massiccio intervento in Grecia a primavera.

I.2: Il Partito fascista ordina in Italia la « mobilitazione civile » di 8 milioni di cittadini dai 18 ai 55 anni. Truppe tedesche, affidate al comando del generale Rommel, cominciano a sbarcare a Tripoli.

519.2: Aspra battaglia sull’altopiano di Cheren, in Africa orientale, dove gli italiani respingono un attacco di forze angloindiane. In Somalia le truppe italiane vengono messe in rotta.

II.2: Mussolini convoca Franco a Bordighera e cerca di convincerlo

a intervenire nel conflitto, ma il Caudillo tergiversa.

24.2: Mussolini, in un discorso, annuncia agli italiani: « A primavera verrà il bello, in ognuno dei quattro punti cardinali ».

1.3: Il duce si reca in Albania per ispezionare le truppe. Vi resterà fino al 20 marzo.

9.3: Sul fronte grecoalbanese, Mussolini ordina un attacco improvviso, ma i greci resistono tenacemente:

5 giorni di sanguinosi e inutili combattimenti.

15.3: Sull'altopiano di Cheren riprende la battaglia che si co[...]

[...]ntri navali di Gaudo e Capo Matapan la flotta italiana subisce duri colpi.

I.4: In Africa orientale gli inglesi occupano Asmara. In Africa settentrionale Rommel, di propria iniziativa, attacca improvvisamente le armate britanniche,

4.4: Truppe tedesche invadono la Jugoslavia. Rommel riconquista Bengasi.

6.4: Truppe sudafricane occupano Addis Abeba, evacuata 3 giorni prima dagli italiani.

II.4: L’esercito jugoslavo si dissolve. Truppe italiane entrano senza colpo ferire a Lubiana.

13.4: Mentre i tedeschi occupano tranquillamente la Grecia orientale, ha inizio una nuova offensiva italiana sul fronte grecoalbanese. In Africa, Rommel occupa Bardia. 15.4: Rommel occupa Sollum.

18.4: Fine delle ostilità in Jugoslavia. Ha inizio la lotta partigiana contro gli eserciti nazifascisti.

24.4: Con la firma dell’armistizio di Salonicco, terminano le operazioni militari in Grecia. Perdite, italiane nel corso della campagna: 13.755 morti, 50.874 feriti, 12.368 congelati, 25.067 dispersi,

18.5: Gli ustascia croati formano un governo co[...]

[...]entrano senza colpo ferire a Lubiana.

13.4: Mentre i tedeschi occupano tranquillamente la Grecia orientale, ha inizio una nuova offensiva italiana sul fronte grecoalbanese. In Africa, Rommel occupa Bardia. 15.4: Rommel occupa Sollum.

18.4: Fine delle ostilità in Jugoslavia. Ha inizio la lotta partigiana contro gli eserciti nazifascisti.

24.4: Con la firma dell’armistizio di Salonicco, terminano le operazioni militari in Grecia. Perdite, italiane nel corso della campagna: 13.755 morti, 50.874 feriti, 12.368 congelati, 25.067 dispersi,

18.5: Gli ustascia croati formano un governo collaborazionista capeggiato da Ante Pavelic. Il principe Aimone di Savoia, duca di Spoleto, viene nominato re di Croazia con il nome di Tamislao II, ma non prenderà possesso del trono.

19.5: In Africa orientale le truppe italiane al comando di Amedeo di Savoia, duca d'Aosta e viceré d’Etiopia, devono arrendersi agli inglesi dopo strenua resistenza sulTAmba

Brano: SS Italiane

le popolazioni di lingua tedesca dell’Alto Adige.

Come le SS germaniche, quelle italiane prestavano giuramento a Hitler e portavano il distintivo del “teschio d'argento”; avevano gli stessi gradi, ma a differenza delle SS tedesche portavano mostrine rosse. Raccolte in gran parte a Mùnsingen (nel Wiirttemberg, a una quarantina di chilometri da Stoccarda), vennero addestrate secondo le norme militari prussiane e indottrinati secondo i canoni ideologici nazisti. Come comandanti le SS italiane ebbero, in ordine di tempo: il generale di brigata Peter Hansen Tschimpke (SSBrigadefuhrer und Generalmajor del WaffenSS) e l’SS Oberfuhrer (colonnello) Erich Tschimpke; l'SS Oberfuhrer JohannEugen von Elfenau, che temporaneamente sostituì Hansen come comandante, ricopriva il ruolo di capo di stato maggiore. Dal marzo 1944 fu nominato ispettore dei reparti volontari e dirigente dei centri di arruolamento Piero Mannelli, uno squadrista di San Romano (Pisa) che era stato già ispettore generale della Milizia universitaria a Roma. Il comandante delle SS italiane era gerarchicamente subordinato al[...]

[...]r del WaffenSS) e l’SS Oberfuhrer (colonnello) Erich Tschimpke; l'SS Oberfuhrer JohannEugen von Elfenau, che temporaneamente sostituì Hansen come comandante, ricopriva il ruolo di capo di stato maggiore. Dal marzo 1944 fu nominato ispettore dei reparti volontari e dirigente dei centri di arruolamento Piero Mannelli, uno squadrista di San Romano (Pisa) che era stato già ispettore generale della Milizia universitaria a Roma. Il comandante delle SS italiane era gerarchicamente subordinato al comandante delle WaffenSS in Italia, nel tempo Karl von Treuenfeld e Lothar Debes, nonché al generale Karl Wolff (v.), comandante supremo delle SS e della polizia tedesca in Italia.

Dislocazione e impiego

Da Mùnsingen, dalla Polonia, da Praga e dalla Grecia giunsero in Italia

13 battaglioni che, al loro arrivo, furono dislocati in un arco di territorio che copriva l’intera pianura padana, a buona distanza dalla linea del fronte. A Milano, proveniente da Praga, si installò il I Reggimento Waffen Miliz che, agli ordini del console della Milizia Paolo [...]

[...]to centrale reclute, situato nella caserma “Col di Lana” di via Brescia (chiamata il “Casermone”). L’affluenza delle reclute dai Centri di arruolamento a Cremona era coordinata dal Mannelli. L’Ufficio Personale della Legione, da cui dipendevano i Centri di arruolamento e il Deposito reclute, iniziò la propria attività l’1.3.1944 al comando del capitano altoatesino Alois Thaler, cui subentrò il maggiore Alessandro Orzali.

Due battaglioni di SS italiane, inquadrati nelle unità tedesche, ven

nero impiegati sul fronte di Nettuno: nel marzo 1944, il II Battaglione Degli Oddi (o Battaglione “Vendetta”) del I Reggimento Waffen Miliz, comandato dal seniore della Milizia Carlo F. Degli Oddi, che subirà la perdita di 340 morti (oltre il 50% dei suoi effettivi) ; e in maggio il Battaglione “Debica”, inserito in una grande unità tedesca. Ma, salvo questi due reparti, i tedeschi impiegheranno le SS italiane esclusivamente in operazioni di polizia, in massicci rastrellamenti, nell’esecuzione di rappresaglie contro i partigiani e la popolazione civile.

Nel 1944 le SS italiane presidiarono in Piemonte la vai Pellice, le val

li del Ghisone e di Susa. Il 21 marzo, reparti del Battaglione “Cuneo” di stanza a Perosa Argentina (vai Chisone), aiutati dai tedeschi, compirono un rastrellamento incendiando diverse case delle frazioni e causando 4 morti tra la popolazione. Il

3 aprile, a Cumiana (a nord di Pinerolo), dopo un’azione di partigiani della valle del Sangone contro elementi deH'VMI Battaglione stanziati a Torino, le SS italiane comandate da ufficiali tedeschi prelevarono 158 ostaggi tra la popolazione e poi assistettero all’esecuzione di

51 di essi per ma[...]

[...]rono in Piemonte la vai Pellice, le val

li del Ghisone e di Susa. Il 21 marzo, reparti del Battaglione “Cuneo” di stanza a Perosa Argentina (vai Chisone), aiutati dai tedeschi, compirono un rastrellamento incendiando diverse case delle frazioni e causando 4 morti tra la popolazione. Il

3 aprile, a Cumiana (a nord di Pinerolo), dopo un’azione di partigiani della valle del Sangone contro elementi deH'VMI Battaglione stanziati a Torino, le SS italiane comandate da ufficiali tedeschi prelevarono 158 ostaggi tra la popolazione e poi assistettero all’esecuzione di

51 di essi per mano dei tedeschi (v. Cumiana, Strage di). Il 7.4.1944 a Caluso nel Canavese, 12 “ribelli” prelevati dalle carceri di Torino vennero trucidati da elementi delI’XI Battaglione Waffen Miliz di stanza ad Aosta. Nello stesso mese di aprile le SS italiane, insieme a reparti della G.N.R. e a piccole unità germaniche, condussero un’offensiva contro i partigiani delle valli Pellice e Chisone, provocando tra i

Il maresciallo Oraziani decora il labaro del II Battaglione SS Italiana reduce dal fronte (primavera 1944)

643

Brano: [...] i nazionalisti circondarono il campo fortificato, apprestandosi all’attacco. Resi sconsideratamente temerari dai facili successi conseguiti in altre località, gli albanesi avanzarono allo scoperto e in formazione compatta da Argirocastro verso il campo Italiano, quasi svolgessero una manovra in piazza d’armi. Giunti al primo caposaldo italiano avanzato, lo occuparono e innalzarono la bandiera nazionale albanese, sotto gli occhi delle sentinelle italiane, che lasciarono fare. Finché, rompendo gli indugi, il colonnello Lanza ordinò il fuoco e lanciò alla riconquista delle posizioni due battaglioni, rispettivamente al comando del maggiore Gigante e del tenente colonnello Cirino. Il combattimento si svolse rapido: i nazionalisti albanesi ebbero oltre 300 morti e centinaia di feriti, anche perché i soldati italiani, incuranti del « cessate il fuoco », si scatenarono in una vera esplosione di furore. Restò ucciso lo stesso comandante dei Balli Kombetar che, su una lussuosa automobile, seguiva l’azione dalla rotabile.

I partigiani albanesi non i[...]

[...]se che gli italiani, nel caso fossero riusciti a imbarcarsi, lasciassero ai partigiani le armi pesanti, gli automezzi e tutto il materiale militare. In cambio i partigiani si impegnavano di rifornire i reparti italiani di viveri, lungo la marcia e per la traversata, al limite delle loro possibilità. L’accordo fu presto raggiunto.

il parziale imbarco

Al mattino del 20 settembre il Comando della divisione apprese che, la sera prima, due navi italiane e una torpediniera erano effettivamente giunte a Santi Quaranta; d’accordo col Comando partigiano, ordinò allora ai reparti del genio di minare tutti i ponti lungo la strada che, dal Giorgiokat, portava a Delvino, e fece disporre pattuglie italiane a guardia dei ponti.

Alle ore 16 del 21 settembre comparvero nel cielo di Delvino due aerei italiani; sceso a bassa quota, uno di essi lasciò cadere un plico contenente il seguente messaggio del capo di stato maggiore generale al comandante della divisione: « Comando supremo, ufficio operazioni n. 1331 di prot. op. P.M. 167, li 21.9.1943, al generale Chiminiello, comandante la Divisione ” Perugia ”. Ho ricevuto il vostro messaggio del 19 corrente col quale comunicate che la vostra valorosa Divisione, rifiutando di cedere le armi, si è aperta, combattendo, il passo verso la costa albanese.[...]

[...]t. op. P.M. 167, li 21.9.1943, al generale Chiminiello, comandante la Divisione ” Perugia ”. Ho ricevuto il vostro messaggio del 19 corrente col quale comunicate che la vostra valorosa Divisione, rifiutando di cedere le armi, si è aperta, combattendo, il passo verso la costa albanese. Vi giunga unitamente ai vostri bravi ufficiali, sottufficiali e soldati il mio vivo elogio per la bella pagina di gloria che in tal modo avete scritto per le armi italiane. Mantenete la vostra salda compagine, resistete ed attendete fiduciosi i soccorsi che stanno per giungere a Porto Edda per restituirvi alla Patria che vi attende con orgoglio. Il Capo di S.M. generale Ambrosio ». il 22 settembre i reparti della « Perugia » arrivarono finalmente a Santi Quaranta e il Comando vi tenne a rapporto tutti gli ufficiali, per elaborare un piano di difesa, al quale anche i partigiani si offrirono di collaborare. Le artiglierie presero immediata posizione e la fanteria occupò tutti i fortini che proteggevano le vie di accesso alla città. I tedeschi, provenienti dalla G[...]

[...]turali del porto erano ottime. 1 passi, difesi da 16 pezzi anticarro da 47, da una batteria di 100/117 e da un’altra di 75/13, costituivano uno sbarramento difficilmente superabile. Ma purtroppo la situazione, in ultima analisi, era condizionata dalla resistenza italiana a Corfù (v.), dove erano In corso aspri combattimenti: se quel presidio italiano fosse stato sopraffatto dai tedeschi, sarebbe diventato difficile, se non impossibile, alle navi italiane uscire dal porto di Santi Quaranta. Alle 21 arrivarono due navi scortate da una torpediniera, che sbarcarono viveri e, a mezzanotte, ripartirono con un primo carico di soldati italiani sbandati. Alle 22 del 24 settembre giunsero in porto ancora tre navi italiane e una torpediniera. Disgraziatamente, la più grande delle navi non sarebbe potuta ripartire, a causa di un’avaria. Sulle altre due, il « Du

Brano: [...]uivi lasciato in mare. Le correnti lo portarono a terra, dove alcuni pescatori lo raccolsero e Io consegnarono alle autorità spagnole, che erano in contatto con agenti tedeschi. Solamente dopo la fine della guerra si seppe che, effettivamente, la falsa informazione era giuntammo al massimo vertice tedesco e che Hitler in persona aveva dato ordine di avviare in Sardegna unità che, in un primo tempo, erano state destinatè alla Sicilia.

Le forze italiane di difesa

A difesa della Sicilia il Comando supremo italiano aveva destinato la VI Armata, composta di unità italiane e tedesche. Fino al 31.5.1943 essa era stata comandata dal generale Roatta, sostituito l'1 giugno dal generale Guzzoni, il quale aveva come capo di stato maggiore il generale Faldella. Ma prima ancora che Guzzoni assumesse il comando, il problema della difesa della Sicilia era stato esaminato dai capi di stato maggiore in una riunione avvenuta a Roma, il 2 maggio, sotto la presidenza del generale Ambrosio, capo di s. m. generale.

Alla riunione, Roatta aveva dichiarato che impedire lo sbarco angloamericano sarebbe stato impossibile e che si sarebbe potuto solamente ostacolarlo. L’ammiraglio[...]

[...] era stato esaminato dai capi di stato maggiore in una riunione avvenuta a Roma, il 2 maggio, sotto la presidenza del generale Ambrosio, capo di s. m. generale.

Alla riunione, Roatta aveva dichiarato che impedire lo sbarco angloamericano sarebbe stato impossibile e che si sarebbe potuto solamente ostacolarlo. L’ammiraglio Riccardi, capo di stato maggiore della Marina, aveva da parte sua escluso la possibilità di far intervenire navi da guerra italiane per combattere l’azione della flotta angloamericana, sicché la conclusione di queste dichiarazioni rinunciatarie e di altri analoghi interventi era stata che ricacciare gli avversari in mare sarebbe stato impossibile. Al massimo, si sarebbe potuto opporre una onorevole resistenza.

Il discorso del « bagnasciuga »

Meno pessimista dei suoi collaboratori militari fu Mussolini, il quale conservava ancora il grado di comandante in capo delle Forze armate. Parlando davanti ai membri del Direttorio del P.N.F., egli infatti affermò che, non appena il nemico avesse tentato lo sbarco, bisognava « [...]

[...]P.N.F., egli infatti affermò che, non appena il nemico avesse tentato lo sbarco, bisognava « congelarlo su quella linea che i marinai chiamano del bagnasciuga, la linea della sabbia dove l’acqua finisce e comincia la terra ». Giustamente il maresciallo Badoglio definì molto sciocco questo discorso. Come peraltro tutti sanno, il bagnasciuga non è una parte della spiaggia ma una parte dello scafo, sin dove arriva il livello dell'acqua.

Le unità italiane della VI Armata erano suddivise in 2 Corpi d’armata, il 12° e il 16°, comprendenti un totale di 4 divisioni di fanteria e 6 divisioni costiere, più 2 brigate costiere.

Le truppe delle unità costiere erano costituite da soldati di classi anziane con solo armamento leggero, senza mezzi di trasporto. Esse presidiavano postazioni lungo la costa, mal costruite, facilmente individuabili dal mare e dall’osservazione aerea e perciò destinate a essere in breve tempo battute e distrutte dalla potente artiglieria navale avversaria. Nessuno aveva pensato a costruire nidi sotterranei di mitragliatrici,[...]

[...]ndevano conto di quanto li aspettava e consideravano la guerra ormai perduta. Inoltre, essendo in maggioranza siciliani con numerosi parenti emigrati negli Stati Uniti, nutrivano sentimenti migliori per il nemico angloamericano che per l’alleato tedesco. Ecco perché le unità costiere opposero agli invasori una scarsa resistenza.

Quella che avrebbe potuto opporsi al nemico e ributtarlo in mare era la cosiddetta difesa mobile, composta da unità italiane e tedesche. Le principali unità italiane erano 4 divisioni di fanteria (« Napoli », « Livorno », « Assietta » e « Aosta »), ognuna con due reggimenti di fanteria, 1 reggimento di artiglieria e 1 battaglione del genio. La sola Divisione « Livorno » disponeva però di automezzi coi quali avrebbe potuto trasportare 4 dei 6 battaglioni di fanteria che la componevano. Inoltre essa aveva l'artiglieria, il genio e i servizi motorizzati. Le altre tre Divisioni avevano ognuna 6 battaglioni di fanteria appiedati e, complessivamente, 8 gruppi di artiglieria ippotrainati, 1 gruppo someggiato e altri 3 motorizzati. La forza di ciascuna divisio
[...]

Brano: [...]rze comuniste e popolari, dal 1947 la riorganizzazione delle forze armate fu condotta in Italia sui binari tradizionali, dando ancora una volta la precedenza alle esigenze di politica interna: molti reparti, quindi, con un àrmamento presto superato (residuati bellici americani) e una destinazione antiinsurrezionale. Questa tendenza non poteva che essere rafforzata dall’ingresso nella N.A.T.O. (v. Atlantico, Patto) che assegnava alle forze armate italiane il compito di garantire la sicurezza delle retrovie da una rivolta comunista.

Nell'Italia contemporanea, atlantica e democristiana, il ruolo delle forze

armate è venuto mutando in relazione alle trasformazioni di una società di massa avviata al consumismo. Oggi meno che in passato si può parlare di vero e proprio militarismo, dato che ii ruolo politico dei militari è ormai decisamente secondario, il loro prestigio caduto e le loro ambizioni ridimensionate; e tuttavia, con quasi mezzo milione di uomini alle proprie dipendenze (dei quali circa 80.000 civili), cui sono da aggiungere quasi [...]

[...]ormazioni di una società di massa avviata al consumismo. Oggi meno che in passato si può parlare di vero e proprio militarismo, dato che ii ruolo politico dei militari è ormai decisamente secondario, il loro prestigio caduto e le loro ambizioni ridimensionate; e tuttavia, con quasi mezzo milione di uomini alle proprie dipendenze (dei quali circa 80.000 civili), cui sono da aggiungere quasi

200.000 tra poliziotti e carabinieri, le forze armate italiane hanno una importanza innegabile nella vita nazionale, pesantemente sottolineata dall’incremento del loro costo (giunco a oltre 2.000 miliardi nel 1973). Per numero di uomini e spesa di bilancio le forze armate italiane vengono subito dietro a quelle inglesi, francesi e tedesche (non teniamo conto delle superpotenze), lasciando a distanza tutti gli altri eserciti europei e non europei. Eppure la loro efficienza bellica continua a essere molto scarsa: i reparti preparati al combattimento sono solo una piccola parte del complesso, gli armamenti disponibili sono quasi tutti superati e il loro rinnovo avviene con tali lentezze ed esitazioni da rendere evidente che non la preparazione della difesa del territorio nazionale, come detterebbe la Costituzione, bensì la ricerca di prestigio e di credibilità a uso inter[...]

[...]continua a essere molto scarsa: i reparti preparati al combattimento sono solo una piccola parte del complesso, gli armamenti disponibili sono quasi tutti superati e il loro rinnovo avviene con tali lentezze ed esitazioni da rendere evidente che non la preparazione della difesa del territorio nazionale, come detterebbe la Costituzione, bensì la ricerca di prestigio e di credibilità a uso interno continua a essere il vero scopo delle forze armate italiane.

D’altra parte, anche l’utilizzazione delle truppe per il mantenimento dell’ordine pubblico è oggi molto ridotta, perché la maggiore politicizzazione dei giovani fa ritenere dubbia — alla classe dominante — la loro fedeltà in caso di lotte interne. Si è quindi preferito affidare i compiti di repressione ai corpi di polizia, adeguatamente sviluppati (circa 90.000 carabinieri e altrettanti poliziotti), riservando alle truppe funzioni secondarie, per esempio in azioni di crumiraggio in occasione di scioperi dei servizi pubblici. Solo dove si è raggiunta la quasi unanimità delle forze politich[...]

[...]e dei giovani fa ritenere dubbia — alla classe dominante — la loro fedeltà in caso di lotte interne. Si è quindi preferito affidare i compiti di repressione ai corpi di polizia, adeguatamente sviluppati (circa 90.000 carabinieri e altrettanti poliziotti), riservando alle truppe funzioni secondarie, per esempio in azioni di crumiraggio in occasione di scioperi dei servizi pubblici. Solo dove si è raggiunta la quasi unanimità delle forze politiche italiane è stato possibile impegnare le truppe a difesa dell’ordine pubblico (caso unico, fino a oggi, quello della repressione del terrorismo sudtirolese nella provincia di Bolzano) .

Tentativi di eversione

Non sono mancati, in questi anni, tentativi di ingerenza nella vita nazionale da parte di gruppi di pressione interni alle forze armate

e collegati a personalità e partiti delle diverse sfumature della destra italiana. Il più noto è il caso riguardante il S.I.F.A.Ri (Servizio informazioni delle forze armate), allorché nel 1964 fu dimostrata la intesa tra il generale Giovanni De Lorenzo (v[...]

[...]e criminali, sfociate nei sanguinosi attentati del 1974 e in organizzazioni « golpiste » come la Rosa dei venti e quella più recentemente smascherata e coinvolgente il capo del S.I.D. (Servizio informazioni difesa) generale Vito Miceli. Episodi relativamente isolati che trovano in gruppi di ufficiali comprensione e copertura, ma non ancora solidarietà politica attiva delle forze armate nel loro complesso. Né si può dire che le gerarchie militari italiane, al di là delle aspirazioni individuali e dei sogni di grandezza, siano realmente in grado di influenzare profondamente la vita politica nazionale.

Ma se non si può parlare di militarismo in grande stile, si deve però ricordare che la presenza delle forze armate nella vita nazionale, in forme dichiaratamente politiche, si manifesta in molti modi. Si pensi ai rapporti con i gruppi di pressione di destra, anche se non sempre eversivi, come le associazioni d’arma e di ex combattenti, e più in generale con i ceti conservatori che, nelle forze armate, trovano miti e spinte all’evasione: il patr[...]

Brano: [...]esso e registravano una mortalità altissima; altri, soprattutto quelli annessi alle fabbriche dove lavoravano anche civili tedeschi, erano leggermente migliori.

A Ravensbruck furono addestrate 4.500 “sorveglianti”, poi destinate anche ad altri lager.

Su 150 membri del personale SS e loro complici, soltanto 37 furono catturati e processati; gli altri fuggirono subito dopo la fine della guerra nei paesi occidentali, rimanendo impuniti.

Le italiane a Ravensbruck

La deportazione italiana iniziò per ultima, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, ma può essere considerata fra le peggiori, paragonabile soltanto a quella degli ebrei. Infatti le italiane che arrivavano avevano, agli occhi dei tedeschi, la colpa di essere “badogliane” e antinaziste; come se non bastasse le compagne di prigionia (russe, polacche, francesi ecc.) consideravano le italiane, nei primi tempi, come ex nemiche o addirittura fasciste. Infine, al momento del loro arrivo le italiane trovarono il campo in condizioni caotiche per il sovraffollamento e il disordine totale di cui si è detto.

Non venendo avviate a lavorare nelle fabbriche, quasi tutte le italiane rimasero chiuse nel lager e costituirono una sorta di sottoproletariato, mano d’opera a disposizione per i lavori più dequalificati e pesanti: boscaiole, scaricatrici di vagoni, manovalanza per la costruzione di tronchi ferroviari o di nuovi sottocampi (Siemens), addette allo sgombero di macerie e a scavi di fossati anticarro.

Stando ai dati in possesso, la deportazione delle italiane può essere distinta in due gruppi: l’uno comprendente le deportate dalle regioni nordoccidentali della Penisola (Piemonte, Liguria, Lombardia, ma anche Toscana ed Emilia); l’altro proveniente dal Friuli, dalla Venezia Giulia e dall’lstria, territori che i te

53