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Il segmento testuale irredentismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 106

Brano: Irredentismo

Irredentismo

Movimento per la liberazione di territori « irredenti », ossia non liberati dal dominio straniero.

In Italia l’irredentismo ebbe particolare sviluppo dopo il 1866 e fu rivolto all’annessione di Roma e delle Venezie ancora soggette, rispettivamente, al dominio papale e< a quello austriaco. Il movimento ebbe un carattere democratico e repubblicano, in polemica con la monarchia sabauda accusata di sacrificare i diritti e le aspirazioni delle popolazioni irredente al gioco diplomatico e agli interessi di casta. Non che i governi monarchici avessero rinunciato all’unificazione di tùtti gli italiani nel nuovo Stato nazionale, ma essi miravano a conseguire tale obiettivo con accordi internazionali, escludendo quindi l'in[...]

[...]azioni delle popolazioni irredente al gioco diplomatico e agli interessi di casta. Non che i governi monarchici avessero rinunciato all’unificazione di tùtti gli italiani nel nuovo Stato nazionale, ma essi miravano a conseguire tale obiettivo con accordi internazionali, escludendo quindi l'intervento delle masse popolari per il timore di compromettere l’equilibrio sociale a danno dei ceti possidenti. Dopo la liberazione di Roma (20.9.

1870) l’irredentismo perse la componente anticlericale e assunse più marcata l’impronta nazionalistica, rivelando peraltro la sua doppia anima, borghese e democraticopopolare. Mentre per la borghesia nazionalista le terre e le popolazioni italiane da « redimere » servivano solo da copertura a una politica espansionistica verso i Balcani, in funzione subimperialista rispetto allo stesso Impero austroungarico, per le masse popolari la liberazione delle terre irredente si identificava in una lotta democratica e per la libertà, contro l’Austria che da un secolo era l’odiato gendarme d’Europa.

La componente democra[...]

[...]ficava in una lotta democratica e per la libertà, contro l’Austria che da un secolo era l’odiato gendarme d’Europa.

La componente democraticopopolare, che comprendeva repubblicani e radicali da un lato e socialisti dall’altro, assumeva anche carattere di opposizione al governo che (in dispregio alle aspirazioni irredentistiche del Paese) aveva impegnato l’Italia in una alleanza con rimpero austroungarico [Triplice Alleanza, 18821903).

Dall'irredentismo al fascismo

Alla vigilia della Prima guerra mondiale e nella fase di neutralità dell’Italia le varie correnti irredentistiche confluirono nell’interventismo (v.). Ma mentre i borghesi nazionalisti erano per un interventismo « triplicista », cioè per partecipare alla guerra a fianco della Germania e deìl’AustriaUngheria, gli irredentisti democratici erano per un interventismo « intesista », ossia a fianco della Francia e della Gran Bretagna. Su posizioni « intesiste » si

schierò anche una parte della borghesia imperialista.

Con il trattato di Londra del 1915, in seguito al quale l’Ita[...]

[...]ntino, il Tirolo sino al Brennero, Gorizia, Gradisca, Trieste, l’intera Istria fino al Golfo del Quarnaro e le isole adiacenti, la Dalmazia, Valona e l’isola di Saseno in Albania, il Protettorato di Dùrazzo da costituire con l’Albania centrale,

il Dodecanneso, parte della Turchia mediterranea in caso di spartizione, e infine compensazioni nelle colonie ai confini deH’Eritrea, della Libia e della Somalia.

La guerra 191518 segnò la fine dell’irredentismo italiano, non solo per la ottenuta annessione delle popolazioni italiane che erano rimaste fuori dai confini dopo il Risorgimento, ma soprattutto perché la soluzione nazionalistica e imperialistica del problema aveva portato aH’interno dei nuovi confini politici minoranze irredentiste slava e tedesca, sicché l’Italia era diventata a sua volta un paese oppressore.

Nondimeno i fascisti cercarono di dare una vernice « irredentistica » alla loro politica estera aggressiva e sciovinista. Sorsero così negli anni del regime le associazioni « prò Dalmazia » che rivendicavano l’« italianità » della[...]

[...]entata a sua volta un paese oppressore.

Nondimeno i fascisti cercarono di dare una vernice « irredentistica » alla loro politica estera aggressiva e sciovinista. Sorsero così negli anni del regime le associazioni « prò Dalmazia » che rivendicavano l’« italianità » della intera costa adriatica della Jugoslavia, e fu alimentato anche il mito del « mare nostrum » per giustificare le pretese fasciste su Malta, Tunisi, la Corsica, ecc.. Ma ormai l’irredentismo aveva perduto ogni connotato di credibilità per trasformarsi nel più vieto sciovinismo.

Nel secondo dopoguerra il passaggio dell’lstria alla Jugoslavia ha alimentato neH’ambito del neofascismo rigurgiti di irredentismo « giuliano », rimasti peraltro isolati di fronte all’opinione pubblica.

Isère

Dipartimento della regione francese Rodano e Alpi, avente come capoluogo Grenoble. Per la sua vicinanza al confine dell'Italia, l’Isère ha sempre ospitato una numerosa emigrazione italiana, sia temporanea che permanente. Tra questi emigrati, molti parteciparono alla Resistenza e numerosi furono i caduti. Tra gli altri si ricordano:

Attilio Allois, caduto in combattimento a PontàRoyans;

Gino Barbisan, n. a Cornuda (Treviso) il 14.1.1923, militante nella Gioventù comunista e tra i primi animatori della Res[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 120

Brano: [...]bbandonare la battaglia per l’autonomia del Trentino) e infine alla sua fuga in Italia subito dopo l’inizio della guerra (1914), quindi alla sua propaganda per spingere l'Italia a schierarsi contro l’impero Austroungarico, visto come l’ultima grande roccaforte del clericalismo, della conservazione sociale e dell’oppressione dei popoli in Europa.

La Grande Guerra

La propaganda di Cesare Battisti a favore dell’interventismo (v.) rifletteva l’irredentismo (v.) trentino che vedeva l’entrata dell’Italia nel conflitto come « l’ultima guerra del Risorgimento » per liberare Trento e Trieste. L’irredentismo era diffuso soprattutto in una fascia urbana medio borghese, politicamente liberale (gli irredentisti socialisti come Battisti furono una minoranza) che si richiamava a Giuseppe Mazzini e agli ideali risorgimentali, ma a cui non erano estranee ragioni econo

miche: l’impero Austroungarico aveva infatti sacrificato il Trentino a una vocazione tutta agricola o di embrionale turismo (“luogo di cura” o Kurort, con nascenti stazioni di villeggiatura e termali in località come Riva del Garda, Arco, Madonna di Campiglio, Levico Terme ecc.), ma soffocando le iniziative della media borghesia imprend[...]

[...]no estranee ragioni econo

miche: l’impero Austroungarico aveva infatti sacrificato il Trentino a una vocazione tutta agricola o di embrionale turismo (“luogo di cura” o Kurort, con nascenti stazioni di villeggiatura e termali in località come Riva del Garda, Arco, Madonna di Campiglio, Levico Terme ecc.), ma soffocando le iniziative della media borghesia imprenditoriale che si sentiva compressa e umiliata.

Non bisogna dimenticare poi che l’irredentismo, benché esaltato e “fascistizzato” nel Ventennio, rimase comunque un fenomeno di minoranza: la stragrande maggioranza della popolazione trentina, dedita per il 70% all’agricoltura, controllata dal Partito Popolare e dalle gerarchie cattoliche, era invece per l’autonomia, sostanzialmente devota al l’imperatore Francesco Giuseppe e solidale con l’efficientismo dell’impero asburgico. Così si spiega anche la posizione di Alcide De Gasperi (v.j, capo dei popolari che, nel dopoguerra, si guadagnerà l’epiteto di “austriaco”. A conferma di ciò, basta raffrontare due semplici dati: di fronte ai circa [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 143

Brano: [...]osi esponenti: pur alTinterno di uno schema di riferimento ben preciso, che era quello dell'austromarxismo, diverse erano infatti le sfumature d'analisi e diverse le capacità di comprendere la portata e le implicazioni di un tale problema. In questa sede basti ricordare che l’internazionalismo operaio rappresentò l'ideaguida della proposta politica socialista.

« Conviene dunque sostituire — affermava Valentino Pittoni — al nazionalismo ed all’irredentismo borghesi, il vero irredentismo, l’irredentismo proletario che consiste nel coalizzare i popoli oppressi contro il comune oppressore per condurli al l'emancipazione finale ». Se questo può essere considerato l’obiettivo finale di quel programma, non mancava tuttavia la definizione di alcune tappe intermedie: l’unione federativa tra tutti i popoli conviventi nell'alveo dell'Impero e il



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 10

Brano: [...]in qualità di rappresentante del sodalizio Giovane Trieste.

Nel capoluogo giuliano fece parte della Direzione del Partito Liberale Nazionale e fu nominato segretario dell’università del Popolo, istituita dal Consiglio comunale nel dicembre del 1899 come punto aggregativo della comunità italiana. Nel 1910 entrò nella redazione del “Piccolo” (v.).

Nel 1914, allo scoppio della Prima guerra

mondiale, Tamaro era già noto negli ambienti del l'irredentismo per aver pubblicato varie opere: Il problema di Trieste nel momento attuale, La reintegrazione nazionale del l'Adriatico ed i pericoli di un irredentismo slavo, Le condizioni degli italiani soggetti all’Austria nella Venezia Giulia e nella Dalmazia, Italiani e slavi nell'Adriatico.

Nel 1915 si trasferì a Roma, dove fu, con l’interventismo di destra, uno dei più solerti sostenitori della politica estera di Sai and ra e Sonnino. Arruolatosi volontario all’inizio del conflitto, venne quindi impiegato per propagandare all’estero le rivendicazioni italiane connesse alle clausole del Patto di Londra e alle scadenze del trattato di pace.

Nel regime fascista

Al termine del conflitto fu portavoce dei rancori e delle amarezze del nazionalismo d[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 8

Brano: [...]delle spese militari e coloniali, così da permettere i sospirati sgravii delle imposte indirette. Era la politica di raccoglimento richiesta dai radicali, pur tra qualche iniziale incertezza, dovuta all’impulso di tutelare l'onore dell’esercito nazionale, all’indomani della disfatta di Adua.

D’altra parte, un discorso d’insieme sulla politica estera democratica era, a questo punto, d’obbligo. Spinte espansionistiche, tendenze nazionalistiche, irredentismo di stampo democratico, velleità militariste resero talvolta incoerente l'azione radicale in questo campo, anche se vi si possono cogliere delle direttive costanti, come il filofrancesismo e l’avversione crescente per la Triplice Alleanza. Nell’Ottocento affondano indubbiamente le radici quegli atteggiamenti contrastanti e oscillanti assunti in seguito dai democratici di fronte alla conquista libica del 1911 e all’intervento nella Prima guerra mondiale. Non bisogna tuttavia circoscrivere ed esaurire le principali linee del pensiero e dell’azione dei radicali in politica estera nel filofrancesi[...]

[...]i in seguito dai democratici di fronte alla conquista libica del 1911 e all’intervento nella Prima guerra mondiale. Non bisogna tuttavia circoscrivere ed esaurire le principali linee del pensiero e dell’azione dei radicali in politica estera nel filofrancesismo, alimentato dall’ammirazione per la nazioneguida della democrazia, erede della Grande Rivoluzione, nell’antitriplicismo (la Triplice era una coalizione dinastica e retriva) e neppure nell’irredentismo e nel patriottismo, spesso non esenti dalla seduzione della tesi dei compensi e degli ingrandimenti territoriali.

Erano infatti riconducibili alle loro posizioni anche la formula della politica delle “mani nette”, il pacifismo e la propaganda per il disarmo, la solidarietà con i popoli oppressi da una potenza straniera (come l'impero turco e quello austroungarico), che si traduceva nella partecipazione attiva dei garibaldini

— anche dopo la morte del Generale — alle lotte di liberazione nazionale (spedizioni a Creta nel 1897; in Albania e in Grecia negli anni 191113).

Complesso e di [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 658

Brano: [...]ati e degli operai.

Alla rivolta, rapidamente estesasi, presero parte circa 15.000 marinai, 1.500 soldati e oltre 12.000 operai degli opifici. La città era tutta pervasa da spirito rivoluzionario. I rivoltosi assalirono il Circolo degli ufficiali e la Stazione ferroviaria.

Di fronte al pericolo della rivoluzione, le forze reazionarie italiane e slave che fino a quel momento si erano combattute sui contrapposti fronti del nazionalismo e delTirredentismo, raggiunsero un accordo contro i Consigli: le due borghesie, appoggiate anche da elementi intellettualiborghesi infiltrati nel Consiglio del Popolo, formarono i cosiddetti « Comitati uniti degli Jugoslavi ed Italiani », affidando a questi il comando della flotta e della città, per « garantire l'ordine » in vista dell'armistizio e facendo appello « alla nota onestà dei nostri lavoratori ».

Il 1° novembre attraccò nel porto di Pola la torpediniera « 53 », con a bordo i delegati zagabresi del Consiglio popolare dei SerbiCroatiSloveni, i quali assunsero il comando dell'ex flotta austriaca, sta[...]

[...]uindi un’azione tutt’altro che eroica, tanto che in seguito dovettero scusarsi col dire: « Non ci era noto che la Marina austriaca fosse passata in mani jugoslave, altrimenti non avremmo arrecato danni a un "Alleato" ».

In effetti, come scrìverà Hans Sokol in Guerra navale dell’AustriaUngheria 19141918 (opera pubblicata in Italia nel 1934). l’affondamento della nave ammiraglia austriaca, passata in mano ai marinai insorti, ■ fu necessario all’irredentismo per parare il pericolo del movimento rivoluzionario a Pola ».

Ma l'insurrezione polese fallì anche per essersi trovata neH’ingranaggio del gioco diplomatico delle grandi potenze. Il 4.11,1918 l’AustriaUngheria capitolò e a Pola, prima con l’occupazione militare italiana, poi con il regime fascista, cominciò una nuova fase di oppressione.

658



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 144

Brano: [...]di potere che proprio intorno alle parole d’ordine dell’antisocialismo e dell’antislavismo si andava consolidando nella società giuliana, restava un’impresa impossibile, erano d’altra parte rare le voci di dissenso che, al di fuori degli ambienti socialisti, si levassero a contraddire la politica e gli orientamenti culturali dei gruppi liberalnazionali.

Non è senza significato che le espressioni più alte e le elaborazioni più interessanti deM’irredentismo (v.) democratico trovassero spazio, nei primi anni del secolo, per opera di uomini come Sci pio Slataper e G. Stuparich, non a Trieste, ma a Firenze intorno alla rivista “La Voce” di Giuseppe Prezzolini (v.).

Intanto, mentre il ripetersi a ritmo serrato di crisi internazionali preannunciava eventi ben più gravi e sconvolgenti per l’intera Europa, nuovi elementi di radicalizzazione dello scontro venivano immessi nel panorama politico triestino dall’esile schiera deM’irredentismo nazionalista. Composta essenzialmente da gruppi giovanili, soprattutto studenti che in R. FauroTimeus riconosceva[...]

[...]sero spazio, nei primi anni del secolo, per opera di uomini come Sci pio Slataper e G. Stuparich, non a Trieste, ma a Firenze intorno alla rivista “La Voce” di Giuseppe Prezzolini (v.).

Intanto, mentre il ripetersi a ritmo serrato di crisi internazionali preannunciava eventi ben più gravi e sconvolgenti per l’intera Europa, nuovi elementi di radicalizzazione dello scontro venivano immessi nel panorama politico triestino dall’esile schiera deM’irredentismo nazionalista. Composta essenzialmente da gruppi giovanili, soprattutto studenti che in R. FauroTimeus riconoscevano il loro leader carismatico, essa riuscì in più occasioni a far da volano al conservatorismo locale, portando spregiudicatamente alle estreme conseguenze quanto già vi era implicito e indicando nuove strade da battere.

La volontà di sopraffazione nei confronti degli slavi diventò, ad esempio, nei programmi dei nazionalisti, non solo e non tanto lo strumento privilegiato per mantenere in città l’esercizio del potere nelle mani della borghesia italiana, ma anche il veicolo per a[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 580

Brano: [...]ittà con l’ampio retroterra austroungarico, rapporti che si voleva mantenere anche in caso di unione all’Italia.

Dall’agosto del 1914, con lo scoppio del conflitto europeo, si aprì una nuova fase nella storia di Trieste e del giornale. Mayer si trovava in Italia ed era in contatto con ambienti dello stato maggiore e del governo oltre che della massoneria nazionale, nonché con alcuni dei principali esponenti del Partito liberalnazionale e dell’irredentismo triestino via via rifugiatisi nel Regno (da Francesco Salata e Mario Alberti, entrambi redattori de « Il Piccolo », a Camillo Ara, Attilio Tamaro, Ruggero Timeus, Attilio Hortis, A. Dudan, C. Banelli, ecc.). La gran parte dei « fuorusciti » giuliani sosteneva il Patto di Londra con l’aggiunta di Fiume. « Cadorniani » e « sonniniani » intransigenti caldeggiavano inoltre un espansionismo adriatico e balcanico ed erano perciò ostili alla politica delle nazionalità e dell’autodecisione dei popoli. Questi erano invece i cardini del programma dell’irredentismo anticonservatore dei mazziniani e demo[...]

[...]e « Il Piccolo », a Camillo Ara, Attilio Tamaro, Ruggero Timeus, Attilio Hortis, A. Dudan, C. Banelli, ecc.). La gran parte dei « fuorusciti » giuliani sosteneva il Patto di Londra con l’aggiunta di Fiume. « Cadorniani » e « sonniniani » intransigenti caldeggiavano inoltre un espansionismo adriatico e balcanico ed erano perciò ostili alla politica delle nazionalità e dell’autodecisione dei popoli. Questi erano invece i cardini del programma dell’irredentismo anticonservatore dei mazziniani e democratici che si accostavano alle posizioni bissolatiane e salveminiane e che nell’ottobre del 1917, per iniziativa del gruppo capeggiato dal triestino Edoardo Schott, si organizzeranno nella Democrazia sociale irredenta (D.S.I.) in aperto contrasto con l'Associazione politica degli italiani irredenti (A.P.I.I.), la cui sezione adriatica era diretta dai vari Bacci, Dudan, Salata, Banelli, Mayer, Tamaro ecc.. Tuttavia fu proprio neH’aprile del 1915, in un clima di ormai dilagante interventismo e irredentismo antiaustriaco, che il vicedirettore de «II Piccolo[...]

[...]atiane e salveminiane e che nell’ottobre del 1917, per iniziativa del gruppo capeggiato dal triestino Edoardo Schott, si organizzeranno nella Democrazia sociale irredenta (D.S.I.) in aperto contrasto con l'Associazione politica degli italiani irredenti (A.P.I.I.), la cui sezione adriatica era diretta dai vari Bacci, Dudan, Salata, Banelli, Mayer, Tamaro ecc.. Tuttavia fu proprio neH’aprile del 1915, in un clima di ormai dilagante interventismo e irredentismo antiaustriaco, che il vicedirettore de «II Piccolo » Roberto Prezioso avvicinò il giolittiano senatore Arnaldo Frassati, direttore de « La Stampa » di Torino, proponendogli un accordo pacifico di compromesso (il Trentino e il Friuli aH’Italia, Trieste e Fiume « città libere » sotto l’Austria), missione che il Prezioso giustificherà presentandola come una manovra macchiavellica per ostacolare i contatti dello stesso Frassati con diplomatici austriaci,

11 23.5.1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, la redazione e la tipografia de « II Piccolo » furono devastate e incendiate d[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 48

Brano: [...]to Adige, dopo l’annessione all’Italia, costituì oggetto di tenaci rivendicazioni da parte dell’Austria; e di aspre polemiche alimentate, da una parte, dal nazionalismo austrogermanico e, dall’altra, da una brutale politica di snazionalizzazione e di repressione praticata dal regime fascista contro le legittime aspirazioni della popolazione.

Paradossalmente, l’avvento al potere del nazismo in Germania sembrò porre fine alla fase di più attivo irredentismo antitaliano: Hitler, infatti, sottolineò costantemente la necessità di anteporre i vantaggi della collaborazione tra Germania e

Italia ad ogni pur reale ma secondario motivo di divergenza. Quando l’unione dell’Austria alla Germania portò la pressione tedesca direttamente sul Brennero, Hitler volle compensare Mussolini per la sua acquiescenza all7\A7Sc/7/i/ss, rinunciando a ogni rivendicazione territoriale sull’Alto Adige.

Non per questo, però, cessarono i propositi del Reich di recuperare alla comunità germanica la popolazione dell 'Alto Adige, nel quadro della politica razziale del naz[...]

[...]ente la situazione giuridicoterritoriale dell’Alto Adige.

L'occupazione tedesca

L’occupazione dell’AIto Adige da parte della Wehrmacht (settembre

1943) fu facilitata, oltre che dalla contiguità col territorio del Reich, dalla presenza del gruppo etnico tedesco, che accolse con favore l’ingresso dei reparti tedeschi. Ma la occupazione dell’AIto Adige non rispondeva soltanto a ragioni di ordine militare: sotto la pressione del persistente irredentismo tirolese, che vedeva nell’armistizio dell’Italia l’occasione per realizzare le

antiche aspirazioni, l'Alto Adige fu organizzato in una speciale zona di operazione delle Prealpi (Alpenvorland), assieme alle province puramente italiane di Trento e Belluno, con un regime analogo a quello stabilito all’estremità orientale d’Italia, nel cosiddetto Litorale adriatico (v.). Affidata ad una amministrazione civile tedesca guidata da un alto Commissario, il Gauleiter del Tirolo Franz Hofer, alle dirette dipendenze di Hitler, la zona delle Prealpi fu praticamente sottratta anche all’effimera sovranit[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 581

Brano: [...]azione. Da ricordare qui sommariamente la violenta campagna del giornale contro il vescovo di Trieste monsignor Luigi Fogar (costretto a dimettersi), per aver questi difeso certi elementari diritti civili e religiosi delle popolazioni slave; e la martellante propaganda antislava che raggiunse il culmine nel 194143 con incitamenti av rappresaglie drastiche e collettive.

Dopo aver in un primo tempo difeso il contributo degli ebrei triestini all’irredentismo e alle tradizioni patriottiche degli italiani di queste terre, in polemica con il farinacciano « Regime fascista », il giornale (che con l'emanazione delle leggi razziali nel 1938 era passato in proprietà dell'Alessi) si allineò con la stampa più oltranzista in materia pubblicando, fra l’altro, una serie di articoli truci e insieme grotteschi fino ad approvare, per la penna dell'Alessi, le feroci « purghe » staliniane che avevano liquidato gli ebrei trotzkisti!

Dal 25 luglio alla Liberazione

Il 28.7.1943 la direzione de « li Piccolo » passò nelle mani del critico letterario Silvio Benco[...]

[...]ui nel primo decennio del ’900 avevano collaborato anche lo scrittore irlandese James Joyce e, nel primo dopoguerra, i fratelli Lionello e Vito Levi, eminenti musicologi e critici (Vito Levi si dimise dalla redazione nel 1938, per le leggi razziali). A «li Piccolo» non aveva invece mai collaborato Io scrittore Sci pio Slataper (volontario giuliano, caduto nella Prima guerra mondiale), allora oppositore del conservatorismo liberalnazionale e dell’irredentismo separatista.

Dopo l’8.9.1943, rimosso il Benco e stroncato subito dai tedeschi il tentativo del fascio repubblicano di impadronirsi del giornale, la direzione venne assunta dal critico musicale Vittorio Tranquilli che però, dopo pochi mesi, quando i nazisti considerarono chiusa la fase tattica di limitate concessioni alle nostalgie patriottiche e celebrative deH'italianità, venne a sua volta rimosso e sostituito con Rodolfo Maucci, insegnante di tedesco e

già collaboratore del quotidiano. Da allora e fino al 29.4.1945 il giornale accentuò il carattere di grigio organo di informazioni e [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine irredentismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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