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Il segmento testuale interventisti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 139Entità Multimediali , di cui in selezione 50 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 91

Brano: [...]zi, Gaetano

Due diversi aspetti dell’interventismo: Filippo Corridoni con Benito Mussolini nel maggio 1915; la copertina delI’« Asino » (settimanale di orientamento socialista) del

ideali di Mazzini e Garibaldi, miravano a realizzare la completa unità d'Italia con la « liberazione di Trento e Trieste ».

Alcuni socialisti estremisti [tra i quali Benito Mussolini, allora direttore dell’« Avanti! ») e altri gruppi di sindacalisti divennero interventisti sostenendo la necessità della « guerra rivoluzionaria » che avrebbe portato alla « rivoluzione » e quindi dato ai popoli libertà e giustizia. Anche Pietro Nenni, allora repubblicano, fu interventista.

Nenni spiegava « l’interventismo rivoluzionario » come tendenza a scorgere nella guerra « l’occasione favorevole per risolvere le questioni nazionali, abbattere con gli Imperi Centrali i baluardi più formidabilmente agguerriti della reazione, preparare a tutti

i popoli le condizioni d’ambiente storico per

lo sviluppo delle idealità socialiste ».

Tra gli interventisti democraticorivol[...]

[...]i libertà e giustizia. Anche Pietro Nenni, allora repubblicano, fu interventista.

Nenni spiegava « l’interventismo rivoluzionario » come tendenza a scorgere nella guerra « l’occasione favorevole per risolvere le questioni nazionali, abbattere con gli Imperi Centrali i baluardi più formidabilmente agguerriti della reazione, preparare a tutti

i popoli le condizioni d’ambiente storico per

lo sviluppo delle idealità socialiste ».

Tra gli interventisti democraticorivoluzionari particolarmente attivi, oltre a Mussolini, si ricordano il repubblicano Eugenio Chiesa, i sindacalisti Amilcare De Ambris, Filippo Corridoni, Giuseppe Giulietti, Cesare Rossi, Michele Bianchi, Giuseppe De Falco, Paolo Orano, Angelo Olivetti, Ottavio Dinaie, Arturo Labriola e, insieme a questi, socialisti riformisti e indipendenti come Leonida Bissolati, Orazio Raimondo, Giuseppe Lombardo Radice. Con gli interventisti « rivoluzionari » si schierò Cesare Battisti (18751916). Geografo e socialista trentino, già deputato al Parlamento austriaco, Battisti lasciò Trento per combattere contro l’Austria. Prima di arruolarsi volontario con gli alpini percorse le città italiane te

13.6.1915

nendo numerose conferenze e comizi in favore dell’intervento. Durante la guerra fu poi fatto prigioniero dagli austriaci. La sua prigionia e l’impiccagione lo resero un eroe nazionale.

Ma l’interventismo « rivoluzionario » ebbe scarsa influenza tra la classe operaia e nello stesso Partito socialista. Fatta eccezione per[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 580

Brano: [...] era avvenuto. Per di più la grande maggioranza dell’opinione pubblica italiana era contraria a partecipare a qualsiasi guerra e a maggior ragione a fianco degli austrotedeschi. Soltanto i nazionalisti (che, legati ai grandi trust finanziari germanici, irridevano all’« austrofobia risorgimentale ») e il governo conservatore di Antonio Salandra (v.) (che interpretava l’accordo con Vienna e Berlino come un baluardo contro la

Cartolina degli antiinterventisti dopo l’entrata in guerra dell'Italia (disegno di Scalarmi)

democrazia) erano favorevoli alla Triplice Alleanza.

Al neutralismo (v.) si ispiravano peraltro non solo i socialisti, ma anche gran parte dei cattolici (pur non desiderando il crollo di una potenza cattolica come l’Austria) e perfino l’ex presidente del Consiglio Giovanni Giolitti (v.), il quale temeva che il liberalismo classico non potesse sopravvivere a una guerra di quelle dimensioni.

A partire dal luglio 1914, in contrapposizione ai neutralisti venne tuttavia emergendo una schiera di interventisti (v.) favorevoli agli a[...]

[...].

Al neutralismo (v.) si ispiravano peraltro non solo i socialisti, ma anche gran parte dei cattolici (pur non desiderando il crollo di una potenza cattolica come l’Austria) e perfino l’ex presidente del Consiglio Giovanni Giolitti (v.), il quale temeva che il liberalismo classico non potesse sopravvivere a una guerra di quelle dimensioni.

A partire dal luglio 1914, in contrapposizione ai neutralisti venne tuttavia emergendo una schiera di interventisti (v.) favorevoli agli anglofrancesi, nelle cui fila si annoveravano personalità democratiche come Leonida Bissolati (v.), Gaetano Salvemini (v.), il cattolico Romolo Murri (v.) e il socialista trentino Cesare Battisti (a quell’epoca profugo in Italia) nonché gruppi di anarcosindacalisti e socialisti che vedevano nella guerra la miglior occasione per giungere a una rottura rivoluzionaria (furono interventisti, in tal senso, anche Benito Mussolini (v.), Antonio Gramsci e Pai miro Togliatti). Ma se nella sua fase iniziale si rifaceva a ideali risorgimentali o addirittura rivoluzionari, ben presto l’interventismo confluì nell’alveo dominato dalla destra nazionalista che, da parte sua, si era schierata con i fautori dell'Intesa in coerenza con le proprie mire espansionistiche verso Est (v. Nazionalismo italiano).

580



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 241

Brano: [...] i contadini emiliani e i braccianti pugliesi, anche fra gli operai di Milano e Torino. Ma, dal giugno 1914, la delusione seguita alla “settimana rossa” che dimostrò l’inconsistenza delle speranze rivoluzionarie, il gruppo dirigente dell’U.S.l. si sfaldò: Alceste De Ambris cominciò a teorizzare l’opportunità di “obiettivi intermedi” (quali, ad esempio, la conquista dei Comuni) ; Pulvio Zocchi e altri dirigenti periferici tornarono al P.S.I.; gli interventisti (v.) teorizzarono, dopo lo scoppio della guerra mondiale, la possibilità di trasformare il conflitto in guerra civile e quindi in rivoluzione proletaria.

In occasione di una conferenza su “Il Proletariato e la guerra”, organizzata il 18.8.1914 nella sede dell’U.S.I. milanese, Alceste De Ambris fu il primo tra i sindacalisti rivoluzionari a dichiarare apertamente la propria adesione all’intervento dell’Italia nel conflitto. Corridoni gli fece immediatamente seguito e, tra polemiche e contrasti profondi, il 1314.9.1914 si riunì a Parma il Consiglio generale che si concluse con la spaccatura [...]

[...]una conferenza su “Il Proletariato e la guerra”, organizzata il 18.8.1914 nella sede dell’U.S.I. milanese, Alceste De Ambris fu il primo tra i sindacalisti rivoluzionari a dichiarare apertamente la propria adesione all’intervento dell’Italia nel conflitto. Corridoni gli fece immediatamente seguito e, tra polemiche e contrasti profondi, il 1314.9.1914 si riunì a Parma il Consiglio generale che si concluse con la spaccatura dell’U.S.I..

Fra gli interventisti si schierò la maggior parte del gruppo dirigente: accanto ai fratelli De Ambris e a Corridoni, furono Tullio Masotti, Michele Bianchi (v.), l’anarchica Maria Rygier Corradi e molti altri. Armando Borghi (v.) riaffermò invece le posizioni di lotta contro la guerra. Un suo ordine del giorno raccolse le adesioni delle Camere del lavoro di Bologna, La Spezia, Piacenza, Modena, Carrara, Ferrara, Bergamo e Fano, mentre le sole organizzazioni di Parma, Milano e Castrocaro si dichiararono interventiste e votarono l’o.d.g. di Alceste De Ambris. In conclusione, quantunque il gruppo dirigente dell’U.S.I[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 276

Brano: [...]ll'U.S.I.) e, abbandonata repentinamente la causa dell’antimilitarismo, divenne uno dei più accesi sostenitori dell’intervento italiano nella guerra mondiale, tra

l’altro pubblicando il settimanale ultranazionalista L’Italia nostra.

Dall’interventismo al fascismo

Il voltafaccia di Rossoni, comune del resto in quel momento a parecchi socialisti e sindacalisti che nella guerra vedevano lo sbocco delle loro aspirazioni “rivoluzionarie” (v. Interventisti), fu naturalmente bene accetto dal potere dominante in Italia ed egli potè fare ritorno in patria motivando la propria decisione con il desiderio di assolvere gli obblighi militari e di combattere al fronte. A Milano entrò subito nel Fascio d’azione interventista (una delle culle del fascismo), ma non andò al fronte né rimase a lungo sotto le armi perché venne utilizzato come conferenziere a sostegno del fronte interno.

Nel marzo 1918 era segretario dell’Unione sindacale milanese (controllata dagli interventisti), ma nel giugno, trovatisi in minoranza rispetto alla componente anarchica, gl[...]

[...]alia ed egli potè fare ritorno in patria motivando la propria decisione con il desiderio di assolvere gli obblighi militari e di combattere al fronte. A Milano entrò subito nel Fascio d’azione interventista (una delle culle del fascismo), ma non andò al fronte né rimase a lungo sotto le armi perché venne utilizzato come conferenziere a sostegno del fronte interno.

Nel marzo 1918 era segretario dell’Unione sindacale milanese (controllata dagli interventisti), ma nel giugno, trovatisi in minoranza rispetto alla componente anarchica, gli ex interventisti si staccarono daH'U.S.I. e ricostituirono la U.I.L., della quale Rossoni divenne segretario. Intanto egli aveva stabilito ottimi rapporti con i fascisti, tanto che nel maggio 1921 fu invitato dal concittadino Italo Balbo a dirigere l’organizzazione sindacale fascista di Ferrara. L’appoggio di Balbo e la veemenza dei suoi atteggiamenti assicurarono a Rossoni un ruolo emergente nel non affollato arengo dei dirigenti sindacali in camicia nera e, nel 1922, egli venne nominato segretario della Confederazione dei sindacati fascisti. Ma quando questa organizzazione sindacale stava per assumere posiz[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 700

Brano: [...]iani e il giornale La Favilla. I contadini in sciopero marciarono in massa su Mantova e Cremona, centinaia vennero arrestati. Parallelamente al movimento socialista andò sviluppandosi un forte attivismo sociale cattolico, che nel 1904 sfociò nel movimento di Guido Miglioli (v.), mirante a una trasformazione riformistica della proprietà agricola.

Nel 1915 socialisti e « migliolini » si opposero decisamente all’entrata in guerra, mentre tra gli interventisti più accaniti emergeva a Cremona il ferroviere Roberto Farinacci (v.), che farà strada come bastonatore e poi gerarca fascista. Dopo accese lotte, anche interne, il locale circolo socialista si pronunciò con l’ordine del giorno del 13.3. 1915, sostenente l’opposizione alla guerra anche con la rivoluzione. Il comizio interventista del 14.5.1915 venne trasformato in una grande manifestazione contro l’entrata in guerra dell'Italia. Durante il conflitto cominciò a delinearsi l’alleanza tra agrari, socialisti riformisti e radicali; sorse la locale « Unione socialista » diretta da Groppali, Roberto [...]

[...] creazione di commissioni operaie e contadine da affiancare ai sindaci e ai prefetti, per un controllo collettivo dei prezzi e per la formazione di Consigli di contadini destinati a sostituiré gli agrari nella gestione dei fondi. Nel 1920 le leghe bianche giunsero alla occupazione delle cascine (v.): mostrandosi impotenti di fronte al movimento delle masse la «Lega Patriottica », il « Fascio antibolscevico », il « Circolo Rinnovamento » degli ex interventisti, il « Circolo di studi Cremonesi » e le analoghe associazioni conservatrici, gli agrari si rivolsero a Farinacci, fondatore del fascismo cremonese, il linguaggio demagogico dei primi fascisti trasse in inganno gli stessi riformisti i quali, vedendo nel fascismo un fenomeno sporadico, pensavano che sarebbe servito a smontare le velleità massimaliste, facendo rientrare il movimento nell'alveo delle conquiste graduali. La natura di classe del fascismo non venne compresa

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 90

Brano: [...]ra gli italiani sono particolarmente ricordati dalle fonti sovietiche: Palumbo, inviato nel novembre 1919 a Voronez; Vittorio Vatolla, inviato a Perm e a Ekaterinburg, molto stimato, tanto da essere eletto segretario della sezione dei comunisti stranieri degli Urali; Michele Gengheri, che operò in Siberia.

È inoltre sicura la partecipazione italiana al settimanale La Comune, edito a Pietrogrado in 9 lingue, che conteneva articoli rivolti agli interventisti italiani stanziati a Murmansk e Arcangelo; e al settimanale Il Comunista, che usciva clandestinamente a Odessa in 5 lingue e a cui collaborava. l'italiano Stella Costa.

Gli italiani furono numerosi soprattutto nel 2° Reggimento internazionale della XVI Divisione di fanteria, comandata dal generale Kikvidze; in tale reggimento essi costituivano un’intera compagnia (circa 156 uomini).

Il reggimento si distinse per avere impedito l'entrata dei « bianchi » di Denikin a Tzaritzin e per aver distrutto le bande deH’atamano Krasnov. Sostenne inoltre duri combattimenti lungo la linea ferroviaria[...]

[...] altri, i nomi di Oscar Bro, Pietro Cura, Walter Cotallo.

Bibliografia: Antonio Rubbi, Internazionalisti italiani in difesa del potere sovietico, In «Rinascita», 17 e 24.11.1967; A. Kuznetzov, Spalla a spalla con i fratelli russi, in « Storia dell’U.R.S.S. », n. 5, 1962, pag. 120;

F. Komarova, Gli internazionalisti stranieri nella lotta per II potere sovietico in Russia, Mosca 1958; A. Kladt e V. Kondratjev, Fratelli d’arme, Mosca 1960.

Interventisti

Così furono chiamati nel 191415 coloro che sostenevano e propugnavano l’intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale a fianco della Francia, del Belgio, dell'Inghilterra e della Russia zarista.

Gli interventisti non erano peraltro una schiera omogenea. Si dividevano grosso modo in due gruppi: il più forte era quello dei nazionalisti, schieramento di destra comprendente i liberali (v.) e che, in sostanza, rappresentava gli interessi del grande capitale industriale e finanziario nel futuro conflitto; e il gruppo dei « democratici » (radicali, socialisti riformisti, repubblicani, una parte dei sindacalisti) i quali, richiamandosi retoricamente agli



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 684

Brano: [...]osteneva la tradizionale linea anticolonialista del PSI. In realtà il Toscano esprimeva una tradizione di ribellismo e di tatticismo piccoloborghese che poggiava sulle particolari condizioni della città e sul bisogno del sottoproletariato di identificarsi in un capo.

Questa situazione di crisi raggiunse il suo punto di rottura con gli avvenimenti immediatamente precedenti alla Prima guerra mondiale: ancora una volta Toscano e De Felice furono interventisti (v.), mentre Lo Sardo si schierò contro la guerra (anche se poi, per un malinteso senso di prestigio, si arruolerà volontario per dimostrare che i socialisti « non hanno paura di battersi »).

La nuova leva dei giovani socialisti messinesi intransigenti, formatasi alla scuola dei Fasci siciliani, si oppose più decisamente alla guerra e perfezionò il suo dissenso con l’adozione delle tesi leniniste di Zimmerwald e di Kienthal affrontando, coi compagni di altre regioni, la repressione giudiziaria.

Primo dopoguerra

L’1.5.1919 venne ricostituita la Camera del lavoro aderente alla C.G.L.. [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 14

Brano: Napoli

14

Santaseverina anche il Partito popolare assunse posizioni di destra e la stampa borghese cominciò a sollecitare l'avvento di uno « Stato forte», polemizzando al tempo stesso contro l’intervento statale nell’economia. Con la formazione del nuovo gabinetto Gioititi, che la deputazione napoletana accettò senza difficoltà, furono sepolti i vecchi rancori tra neutralisti e interventisti e le forze borghesi puntarono più decisamente verso la propria unificazione.

Il 2.9.1920 prese avvio il movimento dell’occupazione delle fabbriche (v.). A Napoli i principali stabilimenti (tranne quello della Pattison, presidiato dalla cavalleria) vennero occupati. Superata la sorpresa, l’Unione Industriali rispose con due manifesti e costituendo i cosiddetti Comitati di difesa civile perma

ni praticarono l’astensione e il radicalismo massonico sparì dalla scena. In tale situazione si ebbe la vittoria del Partito popolare che era stato fondato nel gennaio di quello stesso anno: i cattol[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 111

Brano: [...], si rivolse ai governanti con queste parole: « Intervenite a limitare il conflitto; ma se l'incendio dovesse divampare, non dovete uscire dalla neutralità, che se no vi immobilizzeremo con la forza ».

Neutralismo

Una posizione decisamente neutralista assunse anche il leader liberale Giovanni Giolitti (motivata dal timore che l’Italia non sarebbe stata in grado di affrontare la guerra), suscitando aspre polemiche nei circoli conservatori e interventisti (v.).

Ma pochi mesi dopo le cose erano cambiate. In seguito al fallito tentativo di Salandra di giungere a un accordo con l’Austria sulle terre irredente (v. Irredentismo), il 26.4. 1915 l’Italia strinse un patto con le potenze dell’Intesa, vennero organizzate grandi manifestazioni nazionalistiche interventiste (cui si associarono anche numerosi socialisti su posizioni di « interventismo ri? voluzionario ») e il neutralismo venne battuto. Il 24.5.1915 l’Italia entrò in guerra.

Malgrado i cedimenti interni, le defezioni, le prese di posizione degli altri partiti socialisti della Seconda [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 285

Brano: [...] degli Interni. A dimostrazione della benevolenza di cui godeva in Vaticano, Benedetto XV chiese al governo italiano di mantenere con lui e non con il nuovo ministro di Grazia e Giustizia le relazioni intercorrenti fra la Chiesa e lo Stato. la « questione romana » stava assai a cuore a Orlando e ciò era motivo quindi di considerazione nei suoi confronti da parte del papato. Sottoposto a duri attacchi per il suo passato giolittiano dagli ambienti interventisti e da quelli pseudorivoluzionari (segnatamente da Luigi Albertini e da Benito Mussolini), all’inizio del 1917 Orlando

dovette sottoporre la propria posizione al giudizio del Consiglio dei ministri, ma ne uscì con un voto di fiducia.

Il « Presidente della Vittoria »

L’aggravarsi della situazione militare italiana nel giugno 1917 e quindi il precipitare degli eventi nell’ottobre, con la rotta di Caporetto, determinarono la caduta del fiacco ministero Boselli e la chiamata di Orlando a presiedere un gabinetto, nel quale l’uomo politico siciliano conservò anche il dicastero degli Interni.[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine interventisti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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