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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 401

Brano: [...] a 14 anni, nel Pontificio Seminario dell'Apollinare. Di ingegno precoce, intelligentissimo, percorse rapidamente la sua carriera scolastica erudendosi nelle materie ecclesiastiche e teologiche prescritte e ampliando la sua già notevole preparazione con apporti della filosofia e della letteratura profane.

Il modernismo

Presto si inserì, come uno dei più sensibili e acuti protagonisti, in quel complesso movimento europeo di reviviscenza del cattolicesimo che va più propriamente sotto il nome di cc modernismo ». A 22 anni, senza aver ancora ricevuto l’ordine sacerdotale, Buonaiuti fu incaricato deM’insegnamento di storia della Chiesa nel seminario di cui era stato allievo, e di filosofia nel Collegio « De Propaganda Fide ». La sua polemica, nelle prospettive di una maniera nuova e diversa di intendere la missione di un rinnovellato cristianesimo che traesse nuova linfa vitale dalle sue lontane e antichissime origini, si svolse in questo tempo in una duplice direzione: contro le correnti filosofiche idealistiche che cercavano di dissolvere ogni[...]

[...]igini, si svolse in questo tempo in una duplice direzione: contro le correnti filosofiche idealistiche che cercavano di dissolvere ogni forma di oggettività della realtà e del mondo; contro il pensiero cattolico tradizionale e la vecchia apologetica, ormai « trabal

lante », chiusi nei loro immutabili schemi logici ad ogni aspetto della nuova cultura e delle nuove scoperte scientifiche.

Per Buonaiuti, che lottava per un rapido evolversi del cattolicesimo in relazione alle istanze e ai bisogni nuovi dell’umanità, la religione non era concepibile se non come « contatto con gli altri », come forma inseparabile dalla vita sociale, come celebrazione di un rituale che accompagna ogni individuo nel suo destino terreno e lo libera, in attesa della salvezza eterna, da ogni tentazione ed esaltazione individualistica ed ascetica.

Allontanato dall’insegnamento nel 1907, dopo la pubblicazione dell’enciclica di Pio X, « Pascendi dominici gregis », con cui la Chiesa dava inizio alla repressione del modernismo, Buonaiuti continuò, già ormai additato come [...]

[...]ita sociale, come celebrazione di un rituale che accompagna ogni individuo nel suo destino terreno e lo libera, in attesa della salvezza eterna, da ogni tentazione ed esaltazione individualistica ed ascetica.

Allontanato dall’insegnamento nel 1907, dopo la pubblicazione dell’enciclica di Pio X, « Pascendi dominici gregis », con cui la Chiesa dava inizio alla repressione del modernismo, Buonaiuti continuò, già ormai additato come un nemico del cattolicesimo, la sua polemica, soprattutto dopo che aveva vinto, nel

1914, la cattedra di storia del cristianesimo alTUniversità di Roma. Animo di riformatore, egli riteneva che fosse necessario ricostituire l’unità cristiana, infranta in Occidente dalla riforma luterana e dai movimenti nazionalistici, rivivendo e riportando gli animi alla primitiva predicazione evangelica, i cui valori andavano ricuperati e adattati alle mutate e mutabili condizioni della società contemporanea, resi cioè di nuovo vitali e riproponibili. Perché il vero pensiero religioso di Buonaiuti va individuato nella sua convinzion[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 83

Brano: [...]U’immensa maggioranza degli italiani. Cessi la Chiesa daH’ingerirsi della politica interna dello Stato italiano per indebolirlo, gli dia anzi II suo aiuto per il mantenimento civile e nazionale ».

I contenuti e gli ammiccamenti di tali discorsi esprimevano una chiara natura politica. Non a caso Mussolini sarebbe arrivato al potere — secondo gli storici Salvatorelli e Mira — « con un programma di politica ecclesiastica ispirata all’idea che il cattolicesimo doveva entrare come elemento costitutivo del nuovo regime ».

Nei confronti del nascente fascismo, i cattolici avevano assunto atteggiamenti vari: dall'opposizione senza macchia di uno Sturzo e di un Giuseppe Donati (v.) al distacco apparente della Curia vaticana fino all’aperto consenso dei cosiddetti “cattolici nazionali”.

Questi ultimi, il 30.6.1923 arrivarono a diffondere un manifesto, firmato da 44 parlamentari, nobili e professionisti quasi tutti residenti a Roma, nel quale definivano il fascismo « unica espressione autorevole (che) onora quei valori religiosi e sociali costituenti[...]

[...]olenze incrociate (non vanno sottovalutate quelle di parte rossa ai danni della borghesia). Verso la Chiesa, componente essenziale e autorevole dell’assetto nazionale, il fascismo andò pertanto praticando una politica che costituiva un ossequio fittizio alla religione fino a rasentare il paradosso: quello di un regime paladino della fede!

Immagine assurda, come notava sdegnato uno spirito libero, mettendo in guardia i correligionari: « Il filocattolicesimo è tale che non consente se non antagonismi netti; e il suo antagonismo è sempre il paganesimo... » (Igino Giordani, “La rivoluzione cattolica”, Torino 1925).

Ministri e deputati, notabili dello Stato e fascisti di ogni livello facevano infatti a gara nelle genuflessioni formali, alterando così il quadro degli autentici fedeli. Tra gli altri, diceva il guardiasigilli Alfredo Rocco: « Per fortuna d’Italia, il felice rivolgimento spirituale [...] trionfante dopo la guerra col trionfo del fascismo, le mutate condizioni politiche mondiali e il trascorrere del tempo hanno creato una atmosfera in[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 701

Brano: Popolare italiano, Partito

tolica [v.]), in alcuni ambienti del cattolicesimo più intransigente si temeva che in tal modo ne venisse sminuita la specificità.

La polemica SturzoGemelli

Proprio su questo specifico tema si incentrò la polemica tra don Sturzo e padre Agostino Gemelli (il futuro fondatore della Università Cattolica del Sacro Cuore), che movimentò i primi mesi di vita del Partito popolare.

All’inizio del 1919 apparve presso l’editrice Vita e Pensiero di Milano un opuscolo, a opera dello stesso padre Gemelli e di don Francesco Olgiati, dal titolo: « Il programma del P.P.I.. Come è e come dovrebbe essere ». Gli autori rivendicavano per il neonato part[...]

[...] il rappresentante né l’esponente dell’Azione Cattolica; ma ciò non toglie che [...] esso dev'essere pervaso, informato, vivificato dall’anima cristiana. E siccome in Italia, quando si parla di Cristianesimo, non si intende certo né il Cristianesimo luterano e neppure il Cristianesimo elettorale di nuovo conio, noi, una volta per sempre, dichiariamo che, parlando di principi cristiani, di anima cristiana, di Cristianesimo, intendiamo parlare del Cattolicesimo romano. Il P.P.I., invece di agitare fieramente e senza paura la bandiera dei principi cristiani (che costituiscono la anima vivificatrice del suo programma), cerca di nasconderla in soffitta e di farla dimenticare. Con la preoccupazione di guadagnare qualche tesserato in più, si tenta di rendere lettera morta le belle parole dell”'Appello" ed il primo articolo dello "Statuto". Si procura di far tutto per far dimenticare che il programma del Partito dev'essere cristianamente ispirato. E perciò, nonostante il numero degli aderenti, manca in molti luoghi quell’ardore di vita e di entusiasmo che[...]

[...]generazione della società in Cristo, che è l’aspirazione prima e ultima di tutto il nostro percorrere, agire, lottare [...] La necessità della democrazia nel nostro programma? Oggi non la saprei più dimostrare, la sento come un istinto; è la vita del pensiero nostro. I conservatori sono dei fossili per noi, siano pure dei cattolici ». Non dovette reputare del tutto sincera la conversione al popolarismo da parte di alcuni autorevoli esponenti del cattolicesimo conservatore, se in seguito ebbe a scrivere: « Coloro che nel '19, pur essendo nell’ala conservatrice, entrarono nel partito, lo fecero principalmente perché l’onda bolscevica li spingeva verso un partito dell’ordine, quale nel fatto era il Popolare, che si proclamava costituzionale, legalitario, eticamente cristiano [...] Essi non diedero mai al Partito una adesione completa, né molti di essi ebbero una percezione esatta della natura sociale e democratica del popolarismo ».

Il confronto tra le varie componenti del partito si esplicò, durante il Congresso di Bologna, nel dibattito intorno [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 700

Brano: [...]e cattolica e alcuni candidati liberali, ai quali, dietro la firma di una lista di sette impegni, veniva garantito il voto degli elettori cattolici), ma anche dai raggruppamenti politici liberali che, essenzialmente, coincidevano con i singoli gruppi parlamentari egemonizzati dai leader più in vista.

Il partito si poneva invece come interlocutore delle grandi masse, soprattutto di quelle rurali, in aperta concorrenza con i socialisti.

« Il cattolicesimo democratico » — scriveva in quei giorni Antonio Gramsci — « fa ciò che il socialismo non potrebbe: amalgama, ordina, verifica; assunta una forma, diventata una potenza reale, queste folle si saldano con le masse socialiste, consapevoli, ne diventano la continuazione normale ».

Il P.P.!. si dichiarava apertamente « aconfessionale »: a differenza delle organizzazioni cattoliche di tipo ecclesiale, infatti, non dipendeva direttamente dalla gerarchia della Chiesa e, nonostante vi militassero numerosi sacerdoti (a partire dallo stesso segretario politico), si presentava come partito di cattolic[...]

[...]uindi aperto anche ad altre componenti e ben lontano dalla pretesa di rappresentare la Chiesa nel mondo politico.

D’altra parte, onde evitare equivoci, nella scelta del nome don Sturzo aveva voluto evitare gli aggettivi « cattolico » e « cristiano »: « È superfluo dire — affermerà in sede di relazione programmatica dalla tribuna del primo Congresso del partito — perché non ci siamo chiamati partito cattolico: i due termini sono antitetici: il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione.

Fin dall’inizio abbiamo escluso che la nostra insegna politica fosse la religione, ed abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito, che ha per oggetto diretto la vita pubblica della nazione ».

Questo stesso principio era stato espresso da don Sturzo fin dal 1905, nel discorso pronunciato nella sua città e passato sotto il nome di Programma di Caltagirone (« l problemi della vita nazionale dei cattolici italiani »): « Noi ameremmo che il titolo di cattolici (così caro alle convinzioni religiose de[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 402

Brano: [...]enza, anche i compiti del clero dovevano mutare perché non si trattava già, per i sacerdoti, di entrare in competizione con i laici per il governo della cosa pubblica, bensì di abbandonare dei tutto ogni interesse del genere; di perfezionarsi invece nella cultura filosofica e religiosa per seguire l’evoluzione dei tempi e per diffondere con maggiore preparazione intellettuale la verità evangelica.

La sua diuturna lotta per il rinnovamento del cattolicesimo ebbe gravissimi riflessi, oltre che sul « sacerdote » Buonaiuti, anche sulla sua carriera accademica. Nel 1926 fu allontanato dall’insegnamento universitario con un incarico di studio, su richiesta del Vaticano, come condizione perché fossero proseguite le trattative diplomatiche — che porteranno poi alla firma dei Patti Lateranensi — già iniziate. Dopo il 1929, l'autorità fascista applicherà nei suoi confronti l'articolo 5 di tali Patti — che esclude i sacerdoti « apostati o irretiti da censura » da ogni impiego statale che li ponga a contatto con il pubblico — nonostante fosse sempre stato [...]

[...] del giuramento che venne proposta, gli « apparve subito radicalmente inaccettabile », perché suonava « offensivo oltraggio » a tutti i suoi propositi di restare fedele « alle basilari prescrizioni della professione cristiana ». Più in generale, egli vedeva nell'azione accattivante del fascismo nei riguardi della Chiesa una « manovra sinistramente funesta » contro la salda disciplina collettiva e contro lo « specchiato e incontaminato decoro del cattolicesimo ».

E Buonaiuti, nel complesso, riprovava la collaterale azione della Chièsa, che alleandosi col fascismo e favorendolo sul piano politico, avrebbe impedito ogni tentativo alle masse lavoratrici cattoliche e socialiste — contro cui si avventavano egualmente le repressioni fasciste

— di progredire insieme nei tentativi di rinnovamento della società. L’antifascismo di Buonaiuti va sempre considerato nei limiti suindicati, tenendo però presente che l’uomo fu deciso, inflessibile, lungimirante nelle sue decisioni e nelle sue idee.

Dopo il crollo del fascismo e l’avvento della Repubblica, [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 691

Brano: [...](v.), Edoardo Clerici, Enrico Falck e Gioacchino Malavasi.

Contro la dittatura

Il Movimento Guelfo fu il primo — e per lunghi anni l’unico — gruppo politico antifascista espresso dalla parte cattolica: nel suo seno confluirono elementi ideologici di destra e di sinistra, radicalizzati però dalle esigenze della lotta contro la dittatura e il dispotismo fascista, come pure da una sorta di complesso minoritario rispetto al mondo ufficiale del cattolicesimo italiano del tempo. Il richiamo al « guelfismo » nasceva appunto da una profonda istanza di autonomia spirituale e quindi di iniziativa e di azione contro il dispotismo statuale fascista, e giustamente le sue matrici sono state individuate dal Delzell, attraverso mediazioni come quella di don Ernesto Vercesi che pure sarebbero da studiare, nella tradizione del cattolicesimo sociale e integralista di Davide Al bertario; ma probabilmente vi erano confluiti anche più recenti filoni.

D’altra parte i giovani (quasi tutti della generazione del ’900) che lo promossero e lo costituirono non evitarono di stabilire qualche collegamento con gruppi laici di varia natura, specialmente con « Giustizia e Libertà »; e lo stesso Malvestiti, che gradualmente assurse a leader spirituale e portatore teorico del gruppo, giunse a caldeggiare soluzioni istituzionali nettamente repubblicane.

Date le condizioni in cui il movimento nacque e date queste predisposizioni di sentimento[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 138

Brano: [...]rivare ad una definizione dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia. La lotta del Partito fascista contro il P.P.I. e contro le associazioni cattoliche aveva avuto la sua contropartita in una serie di provvedimenti favorevoli alla Chiesa, che mostravano come Mussolini non intendesse dare alla lotta contro il popolarismo nessun significato religioso; quelle misure, che indicavano anzi l’intenzione del fascismo di presentarsi come il difensore del cattolicesimo, andavano dall’introduzione dell’insegnamento religioso nelle scuole all’obbligo — per le stesse scuole e per gli uffici pubblici — di esporre il crocifisso.

Nello stesso tempo, però, per poter rafforzare il regime sul piano interno, il fascismo doveva riaffermare con la massima energia di essere la sola organizzazione politica in Italia; di qui la costante tensione con le associazioni cattoliche (v. Azione cattolica e fascismo) e

lo scioglimento di alcune di esse, in una serie di episodi di lotta locale che, pur non portando ad uno scontro frontale con la Santa Sede, mantennero tra ess[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 221

Brano: [...]. 5.1944). Condotta alla «Villa Triste » in via Bolognese, vi subì atroci torture, durante un interrogatorio che si protrasse ininterrottamente per sette giorni, a opera degli aguzzini della banda Carità (v.). Rinchiusa poi nel carcere delle Murate, venne uccisa un mese più tardi a Cercina, sul greto del Mugnone, assieme ad altri patrioti.

Così ha scritto di lei il suo compagno di lotta don Roberto Angeli: « Di stirpe ebraica, convertitasi al cattolicesimo e anima profondamente religiosa, essa era parte attiva e dirigente nel movimento cristianosociale, che raggruppava quegli uomini, i quali, mentre non ritengono di poter rinunciare, pur nella vita politica, alla loro ispirazione religiosa, non hanno tuttavia aderito al partito della D.C., nei cui confronti li distingue un atteggiamento di assai più marcata intransigenza verso le istituzioni temporali, di qualsiasi natura, e un colore nettamente repubblicano e socialista ».

Bibliografia: C.L. Ragghianti, Disegno della Liberazione italiana, Pisa, 1954; C. Francovich, La Resistenza a Firenze, [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 57

Brano: Democrazia cristiana

concorrente alla direzione dello Stato* mentre in Austria il Partito cristianosociale, tra il 1894 e i primi anni del nostro secolo, si trasformava in partito di governo e raccoglieva nelle sue mani la difesa dell’lmpero asburgico e tendenze analoghe si affermavano in Irlanda, in Spagna, irì Svizzera e specialmente nel Belgio, con la prevalenza di nuove correnti socialmente più avanzate sul cattolicesimo liberale di indirizzo conservatore; in Italia la direttiva ufficiale, tradotta nella parola d’ordine lanciata per la prima volta nel 1857 da don Giacomo Margotti, dirèttore del giornale cattolico torinese L’Armonia (« Né eletti né elettori »), era ancora la forma prevalente, anche se la Chiesa avvertiva l’esigenza di riconciliarsi con lo Stato liberale per consentire la formazione di un blocco conservatoremoderato e far fronte alla crescente opposizione delle masse lavoratrici e dei ceti subalterni in generale.

Entro certi limiti e ridimensionando notevolmente molte delle enunciazioni pole[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 42

Brano: [...]i incominciava a scrivere dalla sua dura cella.

Il presidente del Consiglio De Gasperi consegna alla madre di un Caduto della Resistenza la medaglia d!oro al v.m. (Roma, 25.4.1947)

De Gasperi vede il fascismo come un « nubifragio », dal quale tutti, « chi più chi meno, siamo usciti malconci », e se stesso come un « confessore » della dottrina cristiana. Da quel periodo ebbero però inizio alcune delle sue ricerche storiche più impegnate sul cattolicesimo sociale europeo, che proseguirà poi nella « lunga vigilia », sino al 1943. Le sue simpatie vanno soprattutto a Luigi Windhorst e al Centro germanico, che rimarrà sempre il suo modello; freddo e riservato si rivela invece nei confronti del « corporativismo » cattolico di un Vogelsang e un La Tour du Pin, allora molto in auge e che il fascismo aveva fatto in gran parte proprio, tra gli osanna delle autorità ecclesiastiche e dei clericali rimasti fedeli all’interpretazione più arretrata della stessa enciclica Rerum' Novarum del 1891 (v. Corporativismo fascista).

Sorvegliato dalla polizia, res[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine cattolicesimo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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