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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 702

Brano: [...]. Invece questa volta, mal diretto e male preparato, lo scioperò fallì.

La sconfitta del P.S.I. (cui si accompagnò l’espulsione di Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi dal partito) era imputabile in gran parte a improvvisazione e a una certa difficoltà della C.G.L. di adeguarsi alla nuova situazione determinata dalla presenza di migliaia di ex contadini nella classe operaia, ma non significava disfatta. Tanto è vero che fallì a Milano la manovra antisocialista prontamente predisposta tra gruppi cattolici e borghesia conservatrice (manovra che peraltro aveva tutti i crismi della legalità dopo il Patto Gentiioni), per unire le forze moderate sul terreno elettorale: a Milano i liberali riuscirono infatti a far eleggere solo un deputato (il De Capitani), mentre negli altri collegi si affermarono i socialisti Filippo Turati e Claudio Treves e due radicali, tra cui Luigi Gasparotto che ebbe la meglio sul cattolico conservatore Cornaggia,.

I voti di lista misero ancor più in evidenza il grande successo dello schieramento popolare: i socialisti ottenner[...]

[...]edità del vecchio liberalismo.

Il fumoso interventismo nazionalista non trovò subito una ben precisa collocazione nello scegliere il posto dell’Italia tra le potenze belligeranti: Corradini oscillava titubante tra l’intervenire a fianco dell’Au* striaUngheria o a fianco dell’Intesa. Poi, spinti dal generale sentimento antiaustriaco, i nazionalisti si abbandonarono a una sfrenata campagna interventista rivelando tutto quel livore antioperaio e antisocialista che costituiva la matrice del loro movimento. Durante una dimostrazione per l’intervento in guerra dell’Italia, venne assaltata la sede milanese deW'Avanti! (v.) e furono danneggiati uffici e insegne del giornale, reo di mantenere un atteggiamento neutralista.

La campagna antisocialista fu alimentata soprattutto dai ceti industriali, preoccupati che la crisi potesse risolversi con la formazione di un governo neutralista guidato da Giolitti e appoggiato dai socialisti riformisti, ma alTinterventismo (v.) parteciparono anche i socialisti « rivoluzionari »: Benito Mussolini (v.), già leader di questa corrente, ex direttore dell’« Avanti! » espulso dal partito, tra il 23 e il 26.1.1915 organizzò a Milano una riunione di « fasci rivoluzionari », mentre dalle colonne del Popolo d’Italia intensificava gli attacchi contro gli uomini politici contrari all’intervento e favorevoli a un[...]

[...]nto e favorevoli a una neutralità nel conflitto.

La riunione degli iscritti ai « fasci rivoluzionari » (4.715 in tutta Italia) si chiuse con l’approvazione di un ordine del giorno di Mussolini: « L’adunata nazionale dei fasci reclama dal governo l’immediata e pubblica denuncia del trattato della Triplice come inizio dell’azione autonoma dell'Italia nel conflitto internazionale ».

L’arco interventista andava perciò dalla posizione di destra antisocialista dei nazionalisti fino a quelle insurrezionali dei socialisti mussoliniani e comprendeva l’interventismo democratico di cui era portavoce il gruppo radicale de II Secolo. I socialisti non seppero opporsi alle pressioni della propaganda interventista anche perché non pochi erano tra le loro file i simpatizzanti per un conflitto contro l’AustriaUngheria, baluardo della reazione internazionale e simbolo dell’oppressione dei popoli.

Nascita del fascismo Fin dai primi mesi del 1919 il vertiginoso aumento del costo della vita,

dovuto aH’economia di guerra, rilanciò le lotte operaie. Il success[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 41

Brano: [...]pubblicani che, nell’estate 1920, uscirono dalla F.G.R.I., in qualche modo seguendo le indicazioni del faentino Pietro Nenni (v.) che, proprio in quel periodo, aveva maturato l’abbandono del P.R.I. e l’adesione al P.S.I..

Le elezioni amministrative del 1920 risentirono fortemente di tale clima di scontro e provocarono il superamento dei vecchi contrasti fra cat

tolici, monarchici e repubblicani che presentarono liste concordate in funzione antisocialista ad Alfonsine, Cervia, Sant’Agata, Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Cotignola, Solarolo e Ravenna.

L'attacco fascista

Il 4.11.1920 la prima azione squadristica imponeva a Bagnacavallo la sostituzione delle bandiere rosse (esposte al balcone del Palazzo comunale per festeggiare la vittoria elettorale socialista) con bandiere tricolori; il 26 dicembre, a Ravenna, veniva assalito a revolverate un gruppo di socialisti. Il 28.3.1921 veniva fondato il fascio di Ravenna: una organizzazione che resterà debole fino ai mesi successivi alla marcia su Roma in tutte quelle località del[...]

[...]no da tramite alla nascita e diffusione del fascismo. Solo nei comprensori di Lugo e di Faenza, nei quali era assente o di poco conto l’organizzazione repubblicana, il fascismo conseguì un’egemonia politica e militare nel corso del 1921.

Erano gli stessi fascisti ad ammetterlo. Giuseppe Frignani, squadrista della “prima ora” e “storico” del fascismo ravennate avrebbe scritto nel 1933 che « la possibilità di mettersi alla testa di una riscossa antisocialista non esisteva; da anni, sia pure imperfettamente e non senza contraddizioni, il partito repubblicano esercitava, di fronte all’opinione pubblica e per conto di quella piccola borghesia che ne popolava le file, la funzione di contrappeso ai socialcomunisti ». Si giunse così alla formazione di squadre miste che, sventolando i gagliardetti neri e le bandiere rosse, procedevano, soprattutto nel comprensorio di Lugo, ad assaltare le organizzazioni socialiste.

Se vogliamo schematizzare il comportamento repubblicano nei confronti del fascismo ravennate possiamo indicare tre fasi ben individuabili:[...]

[...]osì alla formazione di squadre miste che, sventolando i gagliardetti neri e le bandiere rosse, procedevano, soprattutto nel comprensorio di Lugo, ad assaltare le organizzazioni socialiste.

Se vogliamo schematizzare il comportamento repubblicano nei confronti del fascismo ravennate possiamo indicare tre fasi ben individuabili: 1. neutralità fino alla primavera del 1921, con notevoli punte di simpatia per il carattere patriottico, dannunziano e antisocialista del fascismo. Numerosissimi, come ricorda Renzo de Felice, i casi di doppia tessera; 2. filofascismo accentuantesi fino al giugno 1922, con varie incrinature fino al gennaio 1923, quando l’ala conservatrice dei P.R.I. romagnolo e marchigiano (soprattutto il gruppo dirigente legato alle organizzazioni economiche e cooperativistiche) uscì dal partito dando vita ad una Federazione autonoma repubblicana. Notevole influenza su questo gruppo ebbe la “tendenzialità repubblicana” dei fascismo premarcia e la presenza, a capo delle squadre ferraresi, del l’ex repubblicano Italo Balbo (v.) ; 3. antifasc[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 145

Brano: Resto del Carlino

giornalista Filippo Naldi, ex dipendente del quotidiano “Il Secolo” e acceso antisocialista. Costui divenne così improvvisamente condirettore e comproprietario del quotidiano bolognese insieme all'avvocato Lino Carraro (presidente dell’Associazione agraria parmense) e gli zuccherieri si assicurarono l'appoggio di un autorevole organo di stampa, nobilitato dalle firme di collaboratori letterari quali Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Gabriele D'Annunzio, in una delle zone chiave per l’industria saccarifera. Trasformata alla fine del 1915 in Stabilimenti Poligrafici Riuniti, la Società editrice del “Carlino” riuscì a portare la tiratura del quotidiano a 160.000 copie, al servizio di[...]

[...]armense) e gli zuccherieri si assicurarono l'appoggio di un autorevole organo di stampa, nobilitato dalle firme di collaboratori letterari quali Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Gabriele D'Annunzio, in una delle zone chiave per l’industria saccarifera. Trasformata alla fine del 1915 in Stabilimenti Poligrafici Riuniti, la Società editrice del “Carlino” riuscì a portare la tiratura del quotidiano a 160.000 copie, al servizio di un vasto blocco antisocialista.

Il giornale, scriverà Valerio Castronovo, servì in tal modo a « liquidare ogni possibilità di revivescenza nelle campagne della bassa padana della pratica giolittiana (di apertura verso le leghe contadine e di coesistenza con le leghe socialiste) e per condurre un massiccio attacco alle posizioni di supremazia detenute dal P.S.I. nella gestione della vita locale ».

Tuttavia, in una prima fase, l’atteggiamento del “Carlino” verso i socialisti seguì direttive ambigue, di volta in volta aggredendoli o smussando gli angoli della propria polemica secondo l’opportunità politica del momento. [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 700

Brano: [...]mbarda^ approvarono in pieno l’operato dello statista piemontese e, dal « Corriere della Sera » di Albertini al Sole, non lesinarono parole di comprensione nei giustificare la grave decisione presa. Sembrava alla borghesia milanese che finalmente il governo si fosse deciso a rompere i rapporti con i partiti dell’estrema sinistra per preparare una svolta politica conservatrice nel senso da loro più volte indicato.

L’urgenza di un fronte comune antisocialista era divenuta uno dei motivi ricorrenti anche nella pubblicistica cattolica milanese, tanto che perfino l’« Osservatore cattolico », in precedenza su posizioni più aperte, si schierò a favore di un fronte

antigiolittiano e antisocialista. L’obiettivo di tale strategia reazionaria fu raggiunto nelle elezioni: il direttore del giornale cattolico « Lega Lombarda » risultò vincitore nei confronti del candidato radicale Mangiagalli. I liberali conquistarono a Milano altri 3 collegi e soltanto 2 andarono ai socialisti Turati e Angiolo Cabrini.

Prevedibili e del tutto scontate furono le reazioni deU’ambiente politico milanese: il « Sole », portavoce del gruppo imprenditoriale, esortò il governo a difendere la proprietà e a combattere lo sciopero che voleva dire guerra all’industria.

Una voce in parte dissidente nel l'ambiente [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 197

Brano: [...].), alla testa deH’eroica resistenza delle nostre truppe contro i tedeschi.

Avvenire d’Italia, L’

Quotidiano cattolico fondato a Bologna l’1.8.1896; ebbe come prima testata L’Avvenire e adottò, come sottotitolo, il motto evangelico « Quae sunt Cesaris Caesari, quae sunt Dei Deo » (rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio). Primo direttore ne fu Tommaso Crispolti e il foglio si presentò subito come antimassonico, antisocialista e oppositore dello Stato liberale secondo la più intransigente tradizione papista.

Il giornale vedeva la luce dopo una laboriosa gestazione che, come racconta il sacerdote Lorenzo Bedeschi, era durata ben ventanni: « La prima idea di un grande giornale politico religioso, modellato su quelli di Francia, del Belgio e di Germania, spetta al conte Giovanni Acquaderni che la espose al duca Salviati, in casa Ranuzzi a Bologna la sera del 10.10.1876, nel corso di una segretissima riunione di clericali. L’indomani, il questore che teneva sotto controllo ogni mossa dei cattolici antigovernativi, i[...]

[...]speni, mentre la società editrice da cui il foglio finanziariamente dipendeva [VUnione Editoriale Italiana, diretta da Filippo Crispolti e da Giovanni Grosoli) era per la piena collaborazione col governo fascista. Nel luglio 1923, a conferma del loro filofascismo, il Crispolti e il Grosoli diedero le dimissioni dal Partito popolare. Nei primi anni del fascismo lo stesso Paolo Cappa aveva impresso al giornale un indirizzo filofascista, aspramente antisocialista e soprattutto « antibolscevico »; in seguito, dopo la marcia su Roma, aveva moderato il tono e assunto un atteggiamento di riserbo. Nel 1923 gli successe Carlo Emilio Bolognesi, di orientamento decisamente fascista e quando il Gran Consiglio (v.), in un manifesto agli italiani, fece sapere che « il torbido e imbelle prete siciliano Luigi Sturzo e il partito che fa capo a lui devono essere considerati come nemici del governo e del fascismo», il giornale (31.7.

1923) rimproverò al Partito popolare di « non aver fatto ogni sforzo, ogni sacrificio », per collaborare col governo mussoliniano.
[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 274

Brano: [...] l’appoggio determinante di gruppi decisivi della borghesia agraria e industriale, della Corte, della burocrazia e del clero.

Regime e ideologia

All’espansione verso tutti gli strati della società nazionale, sostenuta dalla manovra e dall’utilizzazione dell'apparato tradizionale dello Stato, volto a nuovi fini, venne dunque gradualmente corrispondendo uno spostamento ulteriore della base

sociale effettiva del movimento fascista in senso antisocialista, antioperaio e capitaiisticoborghese; e, specialmente dopo la crisi determinata dall’uccisione di Giacomo Matteotti (v.), che agli elementi intransigenti del Partito fascista servì per stroncare le opposizioni, i ceti medi e lo stesso sindacalismo corporativo furono confinati, nonostante le apparenze, in secondo piano. Dai governi nazionalfascisti (ottobre 1922gennaio 1925) sorge così il « regime » fascista: una forma nuova di dittatura che culminò nel 19281929 nella costituzionalizzazione non solo dei sindacati corporativi, ma degli organi dellunico Partito fascista; che eliminò ogni altra o[...]

[...]uato ormai rispetto alle modificazioni venute avanti con la guerra e in seguito alle abbastanza profonde ripercussioni della Rivoluzione di ottobre, le tesi più interessanti — limitatamente agli anni Venti — sono state esposte da Luigi Salvatorelli negli articoli raccolti in Nazionalfascismo (1923) e, per la parte marxista, da Pai miro Togliatti nel saggio A proposito del fascismo (1928). Salvatorelli sottolineava la convergenza nazionalistica e antisocialista della piccola borghesia nel clima e nella crisi postbellici; Togliatti superava questa tesi sostanzialmente riduttiva 1 e unilaterale, di impronta socialdemocratica, m^ respingeva anche l'altra tesi estremistica che faceva coincidere, senza le necessarie mediazioni e distinzioni e senza intelligenza storica e politica,, il fascismo con il capitalismo.

A partire dal 19291930, in coincidenza con la crisi economica (v.) mondiale cheMnvestì anche il tessuto della società italiana, banche, industrie e agricoltura nonostante le difese già parzialmente approntate, e mentre in Europa si delineavan[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 25

Brano: [...]sizioni conservatrici e autoritarie che lo portarono a sostenere il movimento fascista, del quale doveva divenire in seguito fiero oppositore.

« Corriere della Sera » e fascismo

L’atteggiamento assunto dall'A. e dal * Corriere della Sera » nei confronti del fascismo è indicato in un articolo di Novello Papafava, pubblicato nel 1923 sulla rivista di Piero Gobetti Rivoluzione Liberale. « Il Corriere della Sera — vi si legge — coraggiosamente antisocialista e coerente fermissimo assertore dei principi economici liberali fu, specialmente dopo la risoluzione della questione adriatica (trattato di Rapallo), alquanto filofascista; poiché sperava di vedere nel fascismo, malgrado le intemperanze e molti errori, una giovanile corrente di restaurazione liberale. Ma volle sempre che questa restaurazione avvenisse non contro, ma neM’ambito dello stato liberale, ed appunto pur di vedere salvi I princìpi costituzionali, quando vide che il ministro Facta aveva perso ogni capacità di dignitosa fermezza, invocò la formazione di un ministero che includesse le f[...]

[...]ella Sera ». al pari di Salandra, si era compiaciuto di vedere nei fasci « la fine dei vecchi partiti, nei loro antagonismi di angusti interessi e di programmi retorici ». Nel novembre del 1919, quando Mussolini fu arrestato con M.T. Marinetti e Ferruccio Vecchi in seguito al lancio di bombe contro un corteo socialista a Milano, L.A. ne sollecitò presso Nitti il rilascio. Un anno dopo, abbandonando ogni cautela, L.A. definì « santa » la reazione antisocialista della borghesia, fornendo un cinico giudizio sui fatti di Palazzo d’Accursio: « Nessuna dei socialisti — scrisse il ” Corriere della Sera ” — ha il diritto di lagnarsi se nella lotta scatenata non c’è soltanto un attivo di colpi dati, ma un passivo di colpi ricevuti ». Alla fine del 1922, dopo aver proposto al Senato di accettare la partecipazione di Mussolini al governo, Albertini precisò di aver operato quella scelta per salvare l’Italia dal pericolo socialista, secondo « l’aspirazione più intensa di tutti gli italiani » e in omaggio allo spirito del paese « evidentemente orientato in favor[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 681

Brano: Stati Uniti d’America

ILLUS TRATED

La prima pagina di una rivista illustrata americana, dedicata allo sciopero indetto dai Cavalieri del Lavoro nelle miniere della Pennsylvania (New York, gennaio 1888)

siderazioni economiche, era antisocialista e più in generale antipolitica, tuttavia l’A.F.L. rappresentò la più forte organizzazione operaia nordamericana fino agli anni Trenta del nostro secolo.

La reazione del capitale nordamericano, in una fase di forte ascesa, di fronte alle organizzazioni operaie si caratterizzò da un lato con l'introduzione di un associazionismo industriale dai forti connotati antisindacali, dall’altro con la ristrutturazione tecnologica che, introducendo sistemi di organizzazione “scientifica” del lavoro (v. Taylorismo) neutralizzava o quanto meno riduceva il potere degli operai skilled, sostituendoli con la[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 546

Brano: [...]venivano conquistati dai socialriformisti facenti capo all'on. Di Giovanni. In quel nuovo clima sociale, in un Sud che politicamente stentava ad avanzare, Siracusa divenne la “provincia rossa”.

Avvento fascista

Il proletariato aveva però colpito, nella sua avanzata, troppi interessi dei vecchi ceti dominanti e di categorie parassitarle e non aveva saputo allearsi a tanti piccoli e medi coltivatori (i massari). Coagularono così in un fronte antisocialista tutti i gruppi il cui potere in maggiore o minore misura era stato intaccato e sorse lo squadrismo: squadre di manganellatori si costituirono in diversi comuni e, al comando del Pennavaria, del Casaccio e di altri famigerati fascisti locali crearono ben presto una situazione di estrema violenza, in tutta la provincia, ma più in particolare nel circondario di Modica, la reazione fu, per furia omicida e volontà distruggitrice, non diversa da quella agraria padana e pugliese. Nel corso di spedizioni punitive, numerose Sezioni socialiste, Camere del lavoro e altre sedi popolari furono distrutte o[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 516

Brano: [...]I. sapeva fare soltanto del rivoluzionarismo verbale senza essere in grado di organizzare, in caso di necessità, una lotta violenta, neppure per difendersi; 2. che gli apparati dello Stato erano disponibili a tollerare, se non addirittura a spalleggiare azioni di forza contro la sinistra. Si trattò insomma di una riuscita “prova generale” che incoraggiò particolarmente i fascisti.

Quantunque ancora minoritario all’interno del composito fronte antisocialista, il Fascio di combattimento di Siena (fondato fin dal 2.10. 1919) era molto attivo e, nell'estate del 1920, trovò spazio nel blocco elettorale promosso dall’Associazione Combattenti, al quale aderivano i liberali, i radicali, alcuni gruppi di repubblicani e i popolari (cattolici). Questi ultimi rinunciarono alla presentazione di una propria lista, valutando prioritario l’obiettivo di fondersi con le altre forze per contrastare una possibile ulteriore a

vanzata del P.S.I.. Nel determinare tale scelta (che causò una rottura fra la Sezione senese e la Direzione nazionale del Partito Popolare)[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine antisocialista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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