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Il segmento testuale Padova è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 108Analitici , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giorgio Valgimigli, Concetto Marchesi, amico di casa Valgimigli in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...] dei ricordi piú allegri che io ho di Marchesi commensale è quello legato alle pillole. Egli aveva, come tutti noi abbiamo, qualche mania ed una di queste era rappresentata da certe pillole lassative che si chiamavano di Maldifassi e che erano contenute in un tubetto di cartone immerse in una bianca polvere inerte. (Piú tardi, cessata la produzione
o comunque non piú trovate, furono sostituite da quelle che gli preparava la farmacia al Duomo di Padova, che non gliele faceva mai mancare neppure a
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Montecitorio.) Verso la fine del pranzo, con movimenti che egli avrebbe voluto passassero inosservati, prendeva le pillole e, regolarmente, si spargeva sull'abito un po' di polvere bianca. Dopo qualche momento, distratto dalla conversazione, non ricordando o fingendo di non ricordare, si rivolgeva alla Erse e, in siciliano, le chiedeva « Erse, 'e pigghiai 'e pinnule? ». Ed Erse ridendo gli indicava l'abito sporco della bianca polvere.
Il suo rapporto con la Erse fu sempre particolarmente affettuoso. Erse era venuta piccol[...]

[...] verità... » (SP, p. 337).
Scatti di impazienza e di malumore certamente ne ha avuti, e molti ce li riferisce Ezio Franceschini in quel suo recente volume che avrò spesso occasione di citare e che è, pur con qualche inevitabile inesattezza ed interpretazione soggettiva, un documento fondamentale per la storia e la conoscenza di Marchesi. C'è l'episodio Anti, per esempio, che mi ha colpito profondamente: Anti era stato Rettore dell'Università di Padova dal '32 al '43. Durante il suo rettorato numerose furono le prove non diciamo di tolleranza ma di difesa, di amicizia, nei confronti dei colleghi di fede politica diversa dalla sua (ed anche dei discri
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minati per ragioni razziali) e l'amicizia era affettuosamente ricambiata. Il 7 novembre del '43 — si ponga attenzione alla data: due giorni prima della famosa inaugurazione dell'anno accademico sotto i fascisti e i tedeschi — scrive a Marchesi un biglietto di saluto. Marchesi straccia, d'impulso, la lettera, poi, subito pentito, scrive un biglietto affettuosissimo di r[...]

[...]o (e forse era veramente stato) l'anno piú bello della loro vita. « ... il Barbi, ti ricordi il Barbi?... e Marchesi? quella volta che lo accompagnaste tutti a fare l'esame di medicina legale e parlammo di Tacito e di Seneca e fini che gli diedi la lode... ».
Luigi Russo in un Ricordo di Concetto Marchesi (« l'Unità » 15257) parla dell'amicizia fra Marchesi e il sor Attilio, oste in Trastevere. Ed io potrei ricordare il sor Gino, oste toscano a Padova, dove per anni Marchesi prese i pasti quotidiani e dove molte volte con il babbo o anche da solo io fui attento commensale davanti al fiasco di ottimo Chianti. E potrei ricordare il suo tratto con la gente semplice, lo stradino, il portiere, il bidello del Liviano, Attilio Agostini che tanta parte ebbe nel periodo del rettorato tenuto sotto il tallone tedesco.
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E ancora potrei raccontare una fredda e nevosa giornata del febbraio '48 nella quale, raggiunto a Cremona dalla notizia di una grave malattia di Marchesi (un flemmone del collo, d'origine sconosciuta) mi precip[...]

[...]ti. E potrei ricordare il suo tratto con la gente semplice, lo stradino, il portiere, il bidello del Liviano, Attilio Agostini che tanta parte ebbe nel periodo del rettorato tenuto sotto il tallone tedesco.
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E ancora potrei raccontare una fredda e nevosa giornata del febbraio '48 nella quale, raggiunto a Cremona dalla notizia di una grave malattia di Marchesi (un flemmone del collo, d'origine sconosciuta) mi precipitai a Padova per vederlo ed essere vicino a mio padre (il babbo aveva bisogno dell'amico medico in casi come questi e cosí è stato in altre occasioni) e trovai Marchesi disteso nel letto d'ospedale, con il collo avvolto da bende da cui uscivano tubicini di drenaggio, ma con l'occhio vigile e affettuosamente grato della mia visita. Fu un momento assai brutto e non solo il mio occhio di relativamente giovane chirurgo lo vide tale.
Delle poche lettere personali ho poco da dire. Il 23 gennaio del '48, poco prima della malattia mi scriveva: « ... E ne son passati degli anni: lunghi e pesanti che hanno spezzat[...]

[...]ordiamo i suoi soggiorni, « laico ed inquieto eremita » (CM, p. 22) nell'eremo camaldolese di Rua dove egli ha « compreso che si possa trascorrere tutta una vita » (Tersite, p. 293). Ma tutto questo non modifica, a mio parere, parole come queste: « ... noi vogliamo rispettare tutte le fedi e riteniamo che l'uomo possa compiere nobilmente e felicemente la funzione della vita anche senza sperare nel premio grande dei cieli ... » (Pagine all'ombra, Padova, Zanocco, 1946) (le parole sono datate da un articolo su « Rinascita » dell'aprile '45). E trovo che esse sono quasi identiche a quelle che mio padre pronunciò qualche anno dopo, 1956, commemorando Giosuè Carducci cinquant'anni dopo la morte: « perché certo meritano il massimo rispetto e somma reverenza e devoto amore coloro che vivono coerentemente sostenuti da un pensiero di fede; ma anche meritano rispetto coloro che fanno e proseguono il bene senza speranza di averne compenso; e il male non fanno non per paura di averne punizione e pena, ma solo per questo umile affetto dello stare insiem[...]

[...]IO DE LUCA, Corrispondenza MarchesiValgimigli, in Atti del Convegno di studi a cura del Circolo culturale Carlo Cattaneo, Vilminore di Scalve 2223 maggio 1976, in corso di pubblicazione presso Scheiwiller, Milano (le lettere citate con la data preceduta dalla lettera L si trovano nel testo integrale in questa pubblicazione); CONCETTO MARCHESI, Scritti politici, Roma, Editori Riuniti, 1958 (abbreviazione SP); Ezio FRANCESCHINI, Concetto Marchesi, Padova, Antenore, 1978 (abbreviazione CM); C. MARCHESI, Il libro di Tersite, Milano, Mondadori, 1950 (abbreviazione Tersite); MANARA VALGIMIGLI, Giosuè Carducci cinquant'anni dopo la morte, « Atti Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti », 195556, tomo cxiv, pp. 195198.



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]ui l'incoerenza è aggravata dalla ricchezza stessa: Marchesi è tra queste ultime [...] Sarebbe strano che noi dovessimo ricorrere a forzature unitarie proprio nell'interpretare Marchesi, che fu cosí attento alle inquietudini, alle incoerenze, alle contraddizioni dell'animo umano. Neppure nel giudizio morale, per es. a proposito dei giuramenti prestati alla monarchia e poi al regime fascista o della sua permanenza nel rettorato dell'Università di Padova sotto la repubblica fascista, è lodevole ricorrere a for
* A. LA PENNA, Concetto Marchesi: la critica letteraria come scoperta dell'uomo; con un saggio su Tommaso Fiore, Firenze, La Nuova Italia (« Biblioteca di cultura », 152), 1980, pp. 138.
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zature per giustificare tutto: guardiamo Marchesi come egli guardò Seneca, cercando di capire, non di condannare o giustificare tutte le sue debolezze. Chiunque discute di queste cose, dovrebbe prima leggersi il suo saggio su Seneca.
Ogni studio critico, ma piú che mai uno studio su una personalità di questa natura, esige da[...]

[...] presa di contatto col marxismo (cfr. La Penna, p. 13). Ancor maggiore è l'estraneità a quell'indirizzo filologico « wilamowitziano » a cui abbiamo accennato poc'anzi. In Marchesi il fatto poetico ha i propri antecedenti solo nell'esperienza sentimentale, nella psicologia e nella biografia del poeta, non nella lettura di poeti precedenti, nella tradizione culturale a cui il poeta appartiene (La Penna, pp. 37, 55 s., 73 s., 93).
Nella prolusione padovana del 1923 Filologia e filologismo (in Scritti minori, Firenze 1978, rii, p. 1233 ss.: d'ora innanzi indicherò, seguendo il La Penna, questa silloge con SM), al cui esame il La Penna dedica il cap. viii, uno dei piú penetranti del suo libro, Marchesi conduce contro lo « studio delle
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fonti » una polemica che, in ciò che ha di giusto, è una battaglia di retroguardia, perché critica un metodo di scomposizione meccanica dell'opera d'arte e di riduzione del poeta a imitatore passivo dei suoi antecessori, che non era stato proprio nemmeno di tutta la filol[...]

[...]gia, Città di Castello 1914; maggiore consapevolezza dell'ufficio di prima approssimazione a cui la traduzione deve limitarsi è nella prefazione al Bellum Catilinae di Sallustio, Messina 1939, p. v.). Su Marchesi mediocre traduttore in versi, ottimo in prosa (e ben presto egli predilesse la prosa, discostandosi dalla linea RomagnoliBignone), cfr. LA PENNA, p. 37 s. e, piú ampiamente, E. PIANEZZOLA nel vol. collettivo La traduzione dei classici a Padova, Padova, Antenore, 1976, p. 23 ss. Fra le poche traduzioni in versi riuscite, giustamente il Pianezzola (pp. 3638) cita e riporta la monodia di Tieste nell'omonima tragedia di Seneca e una parte del coro delle Troades sulla morte come annullamento.
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incomprensione, credo anche antipatia personale. Forse l'unica allusione a Pasquali (finora, che io sappia, non notata) si trova appunto in Filologia e filologismo, e riguarda ancora quella che a Marchesi sembrava una stortura nella moderna ricerca delle fonti, il voler rintracciare fonti diverse dalle poche dichiarate e confessa[...]

[...] l'amicizia di religiosi, lo spinse piú volte a cercare pace e solitudine in monasteri, pur non facendolo mai deflettere dall'ostilità piú fiera per il cattolicesimo politico, per la Chiesa ufficiale alleata degli oppressori e degli sfruttatori. Di ciò hanno scritto ampiamente, con sostanziale veridicità, due studiosi cattolici, Pietro Ferrarino (Religiosità di Marchesi, ora in appendice a SM, III, p. 1331 ss.) ed Ezio Franceschini (C. Marchesi, Padova, Antenore, 1978, pp. 121 ss., 129 ss.). Ma il Ferrarino, piú sobrio e obiettivo pur nella sua chiara professione di cattolicesimo, si è fermato a tempo, non ha voluto dimostrare l'indimostrabile sugli ultimi istanti di vita di Marchesi; il Franceschini, non per quel meschino spirito di speculazione che ha indotto tanti clericali a inventare conversioni all'ultima ora, ma per una sofferta esigenza di sapere « salvato » il maestro e amico da lui amato con tanta dedizione, ha dato per dimostrata, in piena buona fede, una conversione che, da tutto ciò che sappiamo, non risulta documentabile 2. Ci[...]

[...]nto che piú importa a Marchesi: « Con uguale risolutezza procede la politica unitaria provinciale che tende ad associare l'Italia alle provincie
e a costituire il grande impero romano al posto di quello Stato cittadino che vedeva nelle provincie un semplice campo di sfruttamento » (Storia, i', p. 356). E in un discorso su Augusto tenuto nel 1938 (l'anno del bimillenario augusteo; edito nella collana di « Opuscoli Accademici » dell'Università di Padova, ripubblicato poi nel Cane di terracotta) il giudizio è ancor piú elogiativo. Dove La Penna ha senz'altro ragione, è nell'osservare che
« nella poesia augustea gli aspetti romani, "imperiali", non sono affatto sopravvalutati » (p. 76 s.); non lo sono neanche nel discorso del 1938. Ma, appunto, se alla poesia non competeva di trasformarsi in celebrazione retoricopatriottica, l'u o m o politico Augusto compiva, senza bisogno di Odi romane e di Carmi secolari, il suo compito di dissolutore dello « Stato cittadino », e in quanto tale preparava il terreno alla poesia puramente umana.
La difesa [...]

[...] altro dovrà avvenire il contrario; e molti resteranno i punti dubbi, nei quali, come dice La Penna (p. 101), « non si sa se attribuire la lezione a un errore di scriba o all'estro del retore ». Ma l'edizione di Marchesi rimarrà sempre una tappa molto importante negli studi arnobiani.
Io suppongo che quella che ho chiamato la sprovincializzazione filologica (e linguistica) di Marchesi si debba anche all'influsso degli allievi dell'università di Padova, di uno soprattutto, il solo vero allievo che Marchesi abbia avuto, Ezio Franceschini, che è poi diventato un insigne medievalista. Franceschini ha sempre parlato di Marchesi come di un maestro « irraggiungibile », che, nonostante la grande umanità e la sostanziale modestia, poco o nulla poteva imparare dai suoi scolari. Tuttavia nel suo Marchesi il Franceschini ci ha narrato un episodio significativo (p. xit s.). Nel 1926, sul finire di una lezione sulla tradizione medievale dell'Etica Nicomachea (di cui si era occupato a lungo da giovane), Marchesi accenna a un testo, il
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da j.s.[Jole Soldateschi], scheda sintetica di «Letterature italiane» in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: Lettere italiane
Rivista trimestrale, diretta da Vittore Branca e Giovanni Getto,
redatta negli Istituti di letteratura italiana delle Università
di Padova e di Torino da Marco Pecoraro e
Giorgio Barberi Squarotti.
Casa editrice: Leo S. Olschki, Firenze,
formato: cm. 24x17.
Rivista trimestrale, fondata nel 1949 e pubblicata a cura dell'Istituto di letteratura italiana dell'Università di Padova. Inizialmente fu stampata dalla tipografia Giuntina, Firenze; dal 1958 fa parte delle edizioni Leo S. Olschki, Firenze. Ne sono direttori sin dalle origini V. Branca e G. Getto.
La rivista si occupa di ogni aspetto della letteratura italiana senza limiti cronologici e metodologici (gli argomenti trattati vanno dalla semplice segnalazione di un codice, alle ricostruzioni più impegnative di carattere filologico, dall'interpretazione storica di movimenti letterari, al saggio critico su singole opere di poesia o di narrativa), e si apre inoltre allo studio della filologia e delle letterature cla[...]

[...]ll'interpretazione storica di movimenti letterari, al saggio critico su singole opere di poesia o di narrativa), e si apre inoltre allo studio della filologia e delle letterature classiche, delle arti figurative, della musica, della storiografia, oltre a prestare una insistita attenzione alle azioni e reazioni linguistiche e stilistiche che accompagnano le espressioni letterarie. Fra i collaboratori più assidui, giovani studiosi delle Università padovana e torinese, ma anche nomi assai noti dell'italianistica contemporanea (F. Ageno, G. C. Argan, G. Cordié, M. Corti, G. Fo1ena, G. Petrocchi, E. Raimondi, S. Romagnoli, P. O. Kristeller).
L'attività della rivista è affiancata da due serie di volumi: una accoglie monografie e studi sistematici sotto il titolo di Biblioteca dell'Archivium romanicum e di Lettere italiane, l'altra, in volumetti più agili, pubblica scritti a carattere saggistico, ricerche particolari, discussioni metodologiche, sotto il titolo comprensivo di Saggi di Lettere italiane. (j. s.)



da «Belfagor» Antichità in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]ui l'incoerenza è aggravata dalla ricchezza stessa: Marchesi è tra queste ultime [...] Sarebbe strano che noi dovessimo ricorrere a forzature unitarie proprio nell'interpretare Marchesi, che fu cosí attento alle inquietudini, alle incoerenze, alle contraddizioni dell'animo umano. Neppure nel giudizio morale, per es. a proposito dei giuramenti prestati alla monarchia e poi al regime fascista o della sua permanenza nel rettorato dell'Università di Padova sotto la repubblica fascista, è lodevole ricorrere a for
* A. LA PENNA, Concetto Marchesi: la critica letteraria come scoperta dell'uomo; con un saggio su Tommaso Fiore, Firenze, La Nuova Italia (« Biblioteca di cultura », 152), 1980, pp. 138.


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Padova, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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