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Il segmento testuale Luogo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 45Analitici , di cui in selezione 2 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Maurizio Cucchi, recensione su Andrea Zanzotto, Il Galateo in Bosco, prefazione di Gianfranco Contini, Milano, Mondadori, 1978, pp.120 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]osa, nell'Abbazia — la prima del tutto scomparsa, l'altra ridotta a rovine — rime e rime, versi italiani e latini »; nondimeno, aggiunge sempre Zanzotto in nota, « nel suo territorio si svolsero le battaglie che portarono alla vittoria italiana contro l'AustriaUngheria nel 1918 ». Infine, dalle lontananze del passato alla fisionomia allucinata, ai tratti irregolari, sghembi, di un presente che pure non ha soffocato la suggestione e l'incanto del luogo: « Restano oggi, di quel luogo unico, lacerti di zone selvose, ville per weekendisti, appoderamenti agricoli — eppure c'è sempre qualcosa della Grande Selva, della sua bellezza e vigoria che aleggia come un rimorso, un ricordo, in un terreno vago ».
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Luogo, dunque, di eleganti esercizi letterari e raffinati giochi poetici; luogo, anche, di spaventoso massacro, di orrendo macello. Luogo reale e immaginario, luogo metaforico, luogo magico di questo Galateo in Bosco, che si organizza e si sviluppa, quasi naturalmente cresce, come vero e proprio organismo, unitario libro ma che nulla ha in sé di meccanico o aridamente strutturale.
Non già raccolta di versi, dunque, ma libro; e non nel senso sempre un po' pretestuoso che la parola assume in casi analoghi, quando cioè occorre descrivere, definire, cogliere nel suo carattere un volume di versi. Libro perché come tale parrebbe concepito, secondo una precisa visione d'assieme che controlla ogni testo, cui ogni testo, ogni capitolo dimostra di porsi in relazione diretta. Lo si[...]

[...]uanti presenze, vive e multiple... Precise costanti del lavoro di Zanzotto; il quale, nel Galateo, compie una sintesi al piú alto livello delle proprie precedenti esperienze, trovando nel contempo risorse inedite, energie intatte verso soluzioni ulteriori, verso una nuova felicissima maturità. La Beltà (1968) aveva costituito come un confine, un punto oltre il quale sembrava difficile proseguire, esporsi. Momento di totale, vertiginosa apertura, luogo d'azione di una lingua del tutto autonoma, esercizio radicale e rischiosissimo, fu seguito, in Pasque (1973), dall'opportunità di una nuova operazione di conferma e approfondimento, con inserzioni
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talvolta autenticamente geniali, mentre in Filò (1976), Zanzotto sembrò aver riacquisito, con l'uso del dialetto, la possibilità non senza attrito di giungere o tornare a un tono piú disteso, sciolto, «normalizzato ». Il pericolo, comunque, dopo l'apertura della Beltà, poteva dunque venire, per paradosso, da un chiudersi degli orizzonti, dal crearsi di un improvviso incaglio. Ma Zan[...]

[...]citare sui piú diversi materiali (linguistici, stilistici, tematici), convogliandoli, sbriciolandoli o facendoli affiorare nel flusso del discorso; scavando quasi con le mani nella terra formicolante del suo bosco.
« Poeta ctonio », quindi strettamente legato alle profondità sotterranee, dice opportunamente nell'introduzione Gianfranco Contini. E anche definisce Zanzotto « difficile e pur tanto affabile poeta ». Sulla realtà o sulla favola, sul luogo comune, forse, di quell'essere « difficile », ostico alla lettura di Zanzotto, questo stesso libro offre possibilità di chiarimento, di dissoluzione degli equivoci a mio parere decisivi, sciogliendo tra l'altro in modo netto il nodopretesto di un inesistente legame di parentela o affinità con le neoavanguardie. Se poeta « difficile » è Zanzotto, non lo è già per il carattere particolarissimo della « sua » lingua poetica, quanto per l'accumularsi frenetico di strati, nella varietà di senso che ogni suo testo propone, esige, non potendo evitarsi il confronto con la complessità del reale, evitan[...]

[...]tto sconosciuto, inedito in Zanzotto: « Schegazhèr, pissazhèr, / sgnaca via tòla e carte / sgnàcheghe '1 bosch del mondo sassin / e sassinà » (« Cacone, piscione, / butta via tavolo e carte / rifila il bosco del mondo assassino / e assassinato »).
Piú avanti compare, figura circolante e fuggitiva tipica dell'intera opera di Zanzotto, Diana. Figura centrale, nondimeno; eppure imprendibile, vaga, stravagante, anche nel Bosco, nella selva, nel suo luogo prediletto d'escursioni, luce di luna nell'oscuro dell'intrico boschivo. Ma qui, le Anguane e le Diane sono «deventade/scarampane», il loro fascino è perduto, la loro immagine corrotta, regredita (o forse consapevolmente abbassata a livelli realistici). In questo angolo del Bosco ecco la sconcia, oscena, sordida partecipazione del poeta, chiamato da par suo a concimare « i lóghia dei bisset e dei bacteria », (« i discorsini degli insetti e dei batteri »), aggiungendo il suo concime « a gràpole, marogne, sgiaùzhe / e al scribaciar de tute le fondezhe » (« a gromme, residui di combustione, minu[...]



da Maria Teresa Mandalari, Confini tempo esistenza in Ingeborg Bachmann in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...] tempo.

Nella Germania occidentale, dopo il ’45, il problema del linguaggio è stato

come ben si sa alla base della ripresa letterarioartistica postbellica, all’insegna del Kahlschlag. La scottante ‘ realtà’ tedesca, ma soprattutto le tassative disposizioni degli Alleati sulla rieducazione e l’anticomunismo, assegnavano ben precise direzioni al compito di ‘ rigenerare ’ la letteratura tedesca, fatto proprio dal Gruppo 47 in quanto unico * luogo ’ letterario di spicco in un paese privo d’una capitale culturale. Da qualche anno, promotore il « Literaturmagazin » (Rowohlt, 1977), è in atto una revisione disincantata della letteratura di quel periodo: essa ha fatto cadere molte esaltazioni, ridimensionando la validità di nomi ed opere, derivate, approvate e spesso premiate dal Gruppo 47. La situazione letteraria dell’epoca salvo qualche eccezione era ancorata a riprese di vecchi moduli rispolverati, alla evasività di svincolati magismi metaforici, a lemuriche e rassegnate campane a morto, oppure a laconici ‘ inventari ’ del rimasto, i[...]

[...] ’, ma bloccato tuttavia quasi a volerlo arrestare e definire da continue valenze mitiche, fiabesche e talora cosmiche. La Bachmann, in altri termini, intende dilatare il proprio tempo nello spazio (immaginativo o concreto che sia), facendo confluire l’una nelPaltra le due realtà, di cui dirà (come abbiamo visto) che si erano « dissolte » e necessitavano di ridefinizione da parte del linguaggio. Questo amalgama tempo spazio linguaggio è il ‘ luogo ’ specifico della sua poetica, e Purto, il conflitto tra essi rappresenta forse una delle ragioni intime del singolare fascino della sua scrittura. La « unsichere Sicherheit » notata nel suo 4 gesto ’ poetico, il quale spesso si serve di forme classiche agganciate a epoche letterarie ben definite e sicure e ad una tradizione a lei congeniale, oltre che nelPurto tra intelletto ed emotività, ha radice anche in tale perenne altalenare e lievitare di quei diversi elementi, con esiti differenti, ma spesso molto alti.

Dice ancora Berardinelli, che in lei « poesia e storia non si oppongono polemi[...]

[...]der Lyrik I. Bachmanris, Stuttgart 1978) individua in taluni ricorrenti motivi e atteggiamenti poetici della Bachmann la tendenza, l’indirizzo verso l’utopia. È l’utopia del sogno, del « Tagtraum » di cui parla Bloch, cioè del sogno a occhi aperti. Scrive Mechtenberg, citando Bloch: « Das mit dem Tagtraum Gemeinte hat seinen Erfullungsort nie anders als in der Zukunft gesucht » (Ciò che s’intende per sogno a occhi aperti non ha cercato mai altro luogoCONFINI TEMPO ESISTENZA IN INGEBORG BACHMANN

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di compimento se non nel futuro): nel futuro o in paesi lontani, di preferenza nel soleggiato sud, com’è appunto della Bachmann si può aggiungere — i cui soggiorni frequentissimi (fino alla definitiva residenza a Roma) nei paesi mediterranei sono argomento di molte liriche; di volta in volta, soggiornirifugio o soggiorni in cerca del sogno...

I principali motivi bachmanniani ricorrenti dell’utopia sono la « notte » come luogo della negatività del mondo, il passaggio dalla notte al « giorno » come luogo della ‘ svolta ’ (die Wende) dal[...]

[...]RG BACHMANN

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di compimento se non nel futuro): nel futuro o in paesi lontani, di preferenza nel soleggiato sud, com’è appunto della Bachmann si può aggiungere — i cui soggiorni frequentissimi (fino alla definitiva residenza a Roma) nei paesi mediterranei sono argomento di molte liriche; di volta in volta, soggiornirifugio o soggiorni in cerca del sogno...

I principali motivi bachmanniani ricorrenti dell’utopia sono la « notte » come luogo della negatività del mondo, il passaggio dalla notte al « giorno » come luogo della ‘ svolta ’ (die Wende) dalla negatività al « sogno », e finalmente l’insistente comparire del « Blau », il colore azzurro, tipico dell’illimitato, dell’infinito e quindi del sogno utopico (esiste addirittura una lirica intitolata Die blaue Stunde, nel secondo volumetto). Nota ancora Mechtenberg che il motivo della « notte » (di tradizione prettamente romantica) non è mai usato dalla Bachmann come semplice 4 immagine ’, « bensì implica in collegamento col sogno l’intero campo di tensione tra negatività e utopia. Il che ancora una volta conferma che la sensibilità utopica di I. Bachmann[...]

[...]d. di Giuseppe Scimone, in « L’Europa letteraria », 1965, nr. 33; Le cicale, trad. di Annamaria Carpi, in « Sipario », 1965, nr. 229; Malina, trad. di Maria Grazia Mannucci, Milano, Adelphi, 1973; La Boemia è sul mare, trad. di Nello Saito, in « Nuovi Argomenti », nr. 3839; Poesie, a cura di Maria Teresa Mandalari, Milano, Guanda, 1978; Tre sentieri per il lago e altri racconti, trad. di Amina Pandolfi e Ippolito Pizzetti, Milano, Adelphi, 1980; Luogo eventuale, trad. di Bruna Bianchi, Milano, Edizioni delle donne, 1981.

Segre continua: continua con quel rigo che era andato perso a gennaio nei suoi Minima personalia, e che non era facilmente congetturabile; leggere dunque a p. 97, 2 « moderni e non solo in lingue romanze? » in luogo di « al nostro solito, ristretto pubblico casalingo »; questo rigo ricorreva già poco sopra.


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Luogo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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