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Il segmento testuale Lasciò è stato estratto automaticamente da un complesso algoritmo di KosmosDOC di tipo "autogeno", ossia sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 90Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]oltello a conficcarsi nella mangiatoia, si spostò al cassone dove teneva il Mauser, ne sollevò il coperchio. Seguiva il suggerimento di Salomone, ne provava rabbia, ma che farci?, mica poteva, per contraddire Salomone, ammazzare la mucca dando fuoco alla stalla.
Stava immergendo la mano nel cassone quando la voce di Salomone lo fermò. « Se quelle che hai li sono cartucce a pallini, ti faccio presente che Claretta non è una lepre. È una mucca ». Lasciò ricadere pesantemente il coperchio del cassone. Maledetto uomo. Mille volte maledetto. Aveva sempre un cavillo da tirar fuori al momento opportuno. Lo guidava come un burattino. Lo spingeva in un senso, lo tirava, a suo piacimento, nel senso opposto.
« Sai cosa? », disse Salomone. « Impiccala. Se l'impicchi non c'è né rumore né spargimento di sangue ».
César impallidì. Quando era bambino di cinque o sei anni, sua nonna, la madre di sua madre, era stata trovata appesa a una corda in solaio. Una crisi di malinconia, come se ne registrano, da queste parti, parecchie. Qualcuno s'impicca, altri [...]

[...]o ac canto al campanile, la facciata della chiesa, le case schierate fra gli sbocchi dei vicoli.
Allora si udì la voce di Salomone. Era quasi nel mezzo della piazza, seduto sulla neve gelata e diceva: « Che chiaro di luna, che bellissimo chiaro di luna ». Era completamente svanito.
« Brava, brava Claretta », disse a sua volta César. « Sei una mucca
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in gamba. Ti faranno accademico del CAI ». Per Attilio nemmeno una parola. Lasciò che la mucca bevesse un paio di minuti, quindi ordinò: « Basta. Se ti gonfi come un'otre, chi ti porta piú su? ».
« Non lo fare, César, non lo fare », supplicò il ragazzo Attilio, sollevandosi fino a mettersi in ginocchio. Non aveva la più pallida idea sulle intenzioni di César. César aveva intenzioni e tanto bastava per terrorizzare Attilio. « Torniamo a casa, ti prego, andiamo a letto a.
« Vacci tu », disse Cesar. « Va a farti una s... ».
IX
Il campanile ha una porta che dà sulla piazzetta, dalla parte del lavatoio, ed é sempre aperta. La chiamano `porta del fuoco'. Se brucia una casa, [...]

[...]se, disperato, il ragazzo Attilio.
« Già ».
«Perché con Claretta? ».
« Per mostrarle il panorama », disse spazientito César. S'infilò nel vano e affrontò la salita. Li, la mucca si ribellò. Puntò gli zoccoli delle gambe anteriori contro il rialzo del primo gradino, tese il collo, inarcò le reni e si fissò in quella posizione, dura come una pietra, inamovibile. « Oh, Claretta », le diede la voce César. « Oh, Claretta, oh, oh ». La mucca non si lasciò incantare. « O000h », fece César e tirò la catena con quanta forza avevá. La mucca non si mosse un solo palmo. « La banda! », gridò César. « Cosa fa la banda? ».
Salomone sussultò. Seduto sul ghiaccio accanto al lavatoio, la testa ciondoloni sul petto, stava per assopirsi. Saltò su come un automa, apri le braccia, le riunì sbattendo clamorosamente le padelle. Come' già nel vicolo, davanti alla casa di César, così anche adesso la mucca ebbe un sobbalzo. Perduta la sua rigidezza, si trovò a cedere alla forza della catena. Una volta posati gli zoccoli sui primi gradini, prese a salire volontero[...]

[...]ANNI PIRELLI
di tosse, sputò. Lo sputo, una miscela di grappa e sangue, gli colava lungo il mento.
« Un fazzoletto », disse Luigino Brunod: « Chi ha un fazzoletto pulito? ». Nessuno lo aveva. Un ragazzino parti alla ricerca di un fazzoletto pulito.
Salomone », sospirò César. « Salomone ».
Lo andarono a prendere. Salomone Croux era ancora in cima alla rampa del campanile, pieno di paura. La morte inaspettata della mucca lo aveva sconvolto. Si lasciò condurre abbasso, riluttante e al tempo stesso rassegnato come fosse tra due carabinieri. Dietro Salomone venne anche il ragazzo Attilio pallido come un cencio. La cerchia intorno a César si apri per lasciarli passare.
César socchiuse un occhio su Salomone, lo richiuse, scosse debolmente la testa. « Chi lo avrebbe mai detto », sussurrò sconsolatamente.
« Io te lo avevo detto », reagì Salomone. Parlava forte perché tutti lo sentissero. La paura gli aveva fatto sloggiare la sbornia. Il trovare César ancora vivo gli faceva sloggiare la paura. Tornava ad essere l'uomo diffidente e calcolatore d[...]



da Liliana Magrini, Il silenzio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]pieno, dai lineamenti minuti: più che espressivo, estremamente mutevole.
« Non l'ho visto in tutto il giorno », rispose Antonio senza guardarla.
Costanza ebbe un lieve sospiro. Andarono avanti per un po' senza parlare. Antonio l'osservava di tanto in tanto di sfuggita. Pur in quella sua espressione grave, Costanza serbava uno sguardo infantilmente curioso, attirato dai passanti, dalle vetrine, dalla strada. Un ragazzo che passava in bicicletta lasciò cadere un pane rotondo dal cesto cigolante sul manubrio: Costanza corse a raccoglierlo, divertendosi a fermarlo mentre rotolava. Un lampo di riso le apparve negli occhi quando li posò su di un ometto dalle braccia corte e dal viso roseo, che stava parlando con una vecchia sulla soglia di una pasticceria. « Bisogna avere... ecco, il senso delle proporzioni... », diceva, cercando le parole e agitando con cura quelle sue mani che il contatto decennale con paste intrise di burro e di zucchero aveva fatto pallidissime e morbide. « Bisogna... ». « Farsi una ragione! », continuò Costanza passandogli[...]

[...]distanziati. C'era ancora, in quel momento, Michele? Ma come poteva saperlo? Anche lui, aveva meno forza di Nino: pensava solo a inseguirlo, col cuore che gli martellava, e
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nella bocca quel gusto tepido di sfinimento, più forte della frescura dell'acqua e del morso del sale. Non ne aveva colpa. « Non ne ho colpa » si ripeté, preso da un'accorata pietà di sé.
Provò ora un oscuro bisogno di provocare gli sguardi degli altri. Lasciò_ l'angolo dov'era tornato, si fece vicino al tavolo, sotto la lampada, e stette a guardare fisso sua madre che condiva l'insalata.
« Hai brutta cera! » disse Teresa fermandosi. Nel visetto smunto e abbronzato, le palpebre pallide, venate d'azzurro, sembravano larghe e fragili.
Marco senti lo sguardo della madre scorrere su di lui, come se essa cercasse i segni di un nuovo torto che le venisse fatto. La sua mano gli tastava il collo, le ascelle, la fronte, per sentire se avesse la febbre; una mano che interrogava in modo ben più incalzante dello sguardo.
« No, sei fresco », concluse Teresa [...]

[...]so dal solito, con Spinola: sapeva che si trovavano spesso insieme alla Grotta. Per un po' tacquero. Poi Antonio domandò come stava Caterina. Al solito, disse Spinola. Più avanti, osservò che era proprio una bella sera; doveva esserci stato un temporale lontano, perché l'aria era così pulita. Si, disse Antonio, era raro vedere tante stelle. Meno male, disse Spinola; perché nella giornata, in quelle sale chiuse del municipio, si soffocava. Poi li lasciò. Andava a cercare una farmacia aperta, disse. Doveva prendere una medicina per Caterina.
« Sei amico di Spinola ? », chiese quasi involontariamente Marco, con voce timida. « ...Si », rispose Antonio in tono un po' stupito. Parve voler aggiungere qualche cosa. Ma poi tacque.
Il passo d'Antonio era lento, mentre salivano il colle, ma non più goffo: era un modo pacato di posare il piede, calcandolo bene, come per sentire le asperità e la levigatezza di quel vecchio asfalto tormentato. Eppure parve così breve, a Marco, la strada, e così animata la notte, piena di cigolii di tram, di brusii che[...]

[...]uo tavolaccio per andar loro incontro; ma s'era subito fermato. Mentre Filippo Bertolli parlava, il suo volto sembrava appesantirsi : l'alta fronte stempiata si raccoglieva in due rughe tra le sopracciglia, e due pieghe più fonde gli scavavano gli angoli della bocca. Guardo infine verso Costanza, con un'espressione dolorosa e quasi incredula, mentre
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la sua destra, in modo quasi insensibile, s'alzava verso la tasca. Ma subito la lasciò ricadere, e abbassò gli occhi. Marco vide le sue dita contrarsi piano.
Gettò finalmente uno sguardo su Costanza. Appoggiata con i gomiti alla credenza, il volto racchiuso tra le mani, sembrava un'estranea che quasi non si occupasse di quello che gli altri dicevano.
Marco s'accorse a un tratto che lo sguardo di Nino cercava i suoi occhi. Tutti gli sguardi erano su di lui. Capì che gli avevano fatto una domanda che non aveva udita, e quasi non se ne preoccupò, gli pareva che almeno suo padre e Costanza ormai sapessero tutto. Fu quasi stupito di sentir dire da Nino: « Come può averlo visto, se[...]

[...], tanto che pensò l'avesse sfiorato involontariamente. Però gli rimase vicino. Rimase che se n'erano andati, e non aveva quasi visto come.
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« ... Non esser tosi inquieto ». Gli accarezzò piano la testa. « Deve tornare », aggiunse con forza.
Teresa alzò le spalle. Sarebbe ben tornato, disse, non c'era da stupirsi se stava a girovagare anche di notte, quel povero ragazzo, con un padre che sapeva solo ubbriacarsi, e quella... Lasciò la frase in sospeso con un gesto sprezzante, e si mise a riporre i piatti rimasti sulla credenza.
Antonio andò verso il tavolaccio. Alzò l'asticciola che aveva cominciato a incidere, prese un ferro, poi posò di nuovo l'una e l'altro e si mise a disporre tutto in ordine. Metteva da parte le asticciole finite, allineava pazientemente gli arnesi. Tolse anche, una a una, le schegge di legno cadute mentre piallava. Quando ebbe finito, si mise a rifare la punta della matita, poi s'alzò e fece un giro per la stanza, e sedette ancora.
« ...Si potrebbe andare a vedere se c'è niente di nuovo », disse[...]

[...]atto, in quella compostezza e in quel pensiero fermo e tranquillo: posso fare anch'io come Michele.
Gli diede fastidio, quando si coricarono, sentire il calore del corpo di sua madre sotto il lenzuolo.
Dopo qualche tempo, il levarsi della luna gli fece scorgere il viso di Antonio, di una rigidezza senz'abbandono. Pensò che anche lui non dormiva, fingeva soltanto.
Teresa s'alzò un momento sul gomito per vedere, al di lá di Marco, il marito. Si lasciò ricadere con un sospiro. Doveva aver creduto al suo sonno. S'avvicinò a Marco, la sua mano ruvida lo toccò piano sulla fronte. Un movimento involontario per cacciare una ciocca di capelli della madre che gli vellicava il collo lo tradì. «Dormi?» chiese piano Teresa. Trattenne il respiro. Teresa gli accostò iI viso alla guancia. La senti umida. Mormorava piano, in modo sommesso e tenero: con la voce, forse, si disse Marco, con cui gli parlava quando lui non poteva ancora capire. A lui non poteva accadere, diceva Teresa; non era vero, che non poteva accadere? Lei gli stava attenta, Marco lo sap[...]

[...]tto ».
Mai Marco aveva provato, prima, l'ira che in quel momento l'assalì. Si gettò su Nino che non resisteva, inerte, e lo colpi furiosamente, alla cieca, con un gusto come di sangue nella bocca serrata. Il corpo di
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Nino cedeva, scrollandosi sotto i colpi e arretrando, il gomito a schermo del viso. Si fermò con le spalle al muro.
« Ma sei pazzo ? » balbettò.
Marco si scostò di colpo. Lo guardò un momento in viso, poi si lasciò cadere su una sedia.
« Non c'è peccato, vero ? » ripeté con voce strozzata. Che Michele sia morto, che noi non siamo stati attenti, che tu... tutti... Non c'è peccato! « Va via! » mormorò poi guardando fisso Nino. Nino tentò di parlare. « Va via! ». Il ragazzo, con espressione attonita, si passò una mano sui capelli, e faceva con la gola uno sforzo come se inghiottisse. « Via! » urlò.
Nino indietreggiò lentamente verso la porta, la spinse con la schiena, e poi fuggi lasciandola spalancata.
Marco si guardò intorno stordito. Tutto, nella stanza non ancora rassettata nonostante la luce già pi[...]

[...]dere.
« L'altra sera... l'altra sera quando è tornato, tu non c'eri... Mi ha detto: vado via e non torno piú. Mi guardava, mi guardava in un modo... Ho paura. Non poteva voler dire questo: ma se penso a come mi guardava... ho paura ».
Non vi fu altra risposta che un gemito, una specie di rantolo. Costanza usci di corsa, e si fermò là, contro il muro, il corpo rattrappito, le mani strette al viso.
Usci anche Giacomo, dopo qualche momento, e si lasciò cadere sullo scalino della soglia. Pareva più sbieco del solito, tutto afflosciato a lato della sua lunga e rigida gamba di legno. Rimase immobile, il
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volto livido e le labbra tremanti. Costanza lo scorse. Nascose il viso dentro il braccio piegato, appoggiata contro il muro: scuoteva la testa con violenza, come per scacciarlo.
« Michele é morto » sillabò piano Marco. La propria voce gli suonò spenta e vuota. Pensò alla calma certezza provata sul colle, nella notte; e al grido della morente. Doveva vederla. Fu questo ad aiutarlo a strapparsi di lá, e a correre verso l'ul[...]



da Paolo Bosisio, La rappresentazione dell'«Ajace» e la tecnica teatrale foscoliana in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]nni Boccomini (nato a Roma nel 1770 circa e morto a Trieste nel 1836), fu primo attore e « padre nobile » in molte compagnie primarie fra cui la Reale Sarda, in cui lavorò dal 1821 al 1823 e dal 1825 al 1829. Fu per brevi periodi anche nella compagnia diretta dal Fabbrichesi.
11 Francesco Lombardi (nato a Bergamo nel 1792 e morto nel 1846), figlio d'arte, lavorò in diverse compagnie e fu con il Fabbrichesi a Napoli, in sostituzione del Bettini. Lasciò le scene per amore della principessa Maria Malvezzi Hercolani che sposò nel 1829. Fu ucciso da un cuoco che lo accoltellò, esasperato dal suo carattere iroso e violento.
LA RAPPRESENTAZIONE DELL'« AJACE » E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA 145
gio, principalmente storico, abbandonarsi al caso... Io amo piú un attore che abbia sbagliato il carattere d'un personaggio per averlo male interpretato, che quegli che lo abbia indovinato per caso e senza riflessione... (la citazione è di A. Manzi, art. cit., p. 651).
La recitazione degli attori prescelti dal Foscolo, insomma, pur improntata allo stil[...]

[...]de sia nel tragico sia nel comico, eccelse nell'interpretazione dei testi alfieriani. Rovinata dai dissesti finanziari del genero, si ammalò e mori in miseria.
29 Lasciando a parte le malevole e ben note parole del Lampredi, riportiamo di seguito i passi piú significativi apparsi su altri giornali dell'epoca: « ... La ... tragedia però non riscosse quella corona, a cui sembrava di dover aspirare, e malgrado alcuni pregi che in essa risplendono, lasciò o freddo, o indifferente il cuore degli affollati spettatori... » (« Giornale Italiano », 15 dicembre 1811); « ... riescirà difficile il credere che il Sig. Foscolo non ottenesse pieni, e generali applausi » (« Corriere delle Dame », 14 dicembre 1811); « ... terminata la tragedia, il pubblico, stanco dell'eccessiva prolissità del componimento, soprattutto dell'atto quinto, ed impaziente d'uscir dal teatro dopo di avervi fatto una si lunga ed incomoda stazione, non manifestò il suo giudizio con verun segno di aggradimento; ma due minuti dopo, parecchi di quegli spettatori ch'eran rimasti, si m[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Lasciò, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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