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Il segmento testuale E.A. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 50Entità Multimediali , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 153

Brano: [...]liano alla Resistenza è specificatamente rappresentato dalla partecipazione di unità dell’Arma ai combattimenti svoltisi nel settembre 1943 in patria (particolarmente a Porta San Paolo, a Roma) e all’estero. All’artiglieria spettò l’onore di aprire l’eroica battaglia di Cefalonia (v.), e di avviare alcuni combattimenti in Montenegro, per iniziativa di batterie del Gruppo «Aosta» (v.) ; nella difesa di Lero (v.), l’apporto dell’artiglieria antiaerea e antisbarco fu di fondamentale importanza.

Allorché interi reparti militari si trasformarono in unità partigiane, l’artiglieria di cui disponevano divenne preziosa per i movimenti di liberazione locali: particolarmente memorabili le azioni delle batterie « Cotta » e « Menegazzi », che si unirono a reparti deTl'esercito albanese; come pure quelle di un altro gruppo, che potè operare autonomamente in seno alla II Divisione proletaria dell’esercito di liberazione jugoslavo; e quelle di alcune batterie che, nelle file dell’ELAS, parteciparono attivamente alla resistenza greca.

Numerose son[...]

[...]ronzo, il 35° Reggimento artiglieria « Friuli » (Corsica), il 155° Reggimento artiglieria (Bocche di Cattaro) e il 55° Reggimento artiglieria « Rodi >v

Artom, Emanuele

N. ad Aosta il 23.6.1915; m. nelle Carceri Nuove di Torino il 7.4.1944. Figlio del professore Emilio Artom (convinto interventista e combattente nella prima guerra mondiale), e appartenente a famiglia di intellettuali ebrei fedele alle tradizioni dell’ebraismo, aperta agli ideali di libertà e giustizia, sentì e seguì, insieme al fratello Ennio, sia le speranze sia le successive delusioni paterne, e approfondendo l’esame del mondo che lo circondava, passò alla decisa opposizione al regime fascista e all’aspirazione di un totale rinnovamento dei rapporti sociali e politici.

Quando gli eventi precipitarono con la campagna razziale e poi per lo scoppio della seconda guerra mondiale, E.A. — che come ebreo e antifascista era doppiamente in pericolo — rifiutò di rifugiarsi in Svizzera. Nel maggio 1943 si iscrisse al Partito d’Azione. Subito dopo l'armistizio dell’8 settembre si arruolò fra i partigiani e, nei mesi di novembre e dicembre, svolse la sua attività di delegato del Partito d’Azione in una formazione garibaldina di Barge. Fu poi commissario politico presso le bande « Italia Libera » in vai Pellice e in vai Germanasca.

Fu catturato dai fascisti, in un rastrellamento, il 25.3.1944. Denunciato come ebreo (da un prigioniero a cui aveva salvato la vita), nelle carceri di[...]

[...]mento, il 25.3.1944. Denunciato come ebreo (da un prigioniero a cui aveva salvato la vita), nelle carceri di Luserna San Giovanni fu torturato perché fornisse rivelazioni sulle bande partigiane. Portato il 31 marzo alle Carceri Nuove di Torino, vi morì il 7 aprile, in seguito alle ulteriori torture subite. Si disse che fosse stato inumato in riva al Sangone, ma a guerra finita non fu possibile ritrovarne la salma.

Come il padre e il fratello, E.A. non appartenne mai alle associazioni fasciste e seppe affrontare con serenità gli ostacoli

che incontrava durante gli studi, quando la quasi totalità degli studenti era irreggimentata nelle organizzazioni del regime. Si laureò in lettere all'Università di Milano il 9.11.1937, a pieni voti e lode, con una tesi di argomento ebraico: « Il tramonto degli Asmonei ». Essendogli preclusa, per la sua opposizione al Partito fascista, la via dell’insegnamento, si dedicò alle ricerche storiche; collaborò al « Grande dizionario enciclopedico » della U.T.E.T., tradusse « Le storie di Polibio » e « Il s[...]

[...]o enciclopedico » della U.T.E.T., tradusse « Le storie di Polibio » e « Il secondo libro di Erodoto » per la casa editrice Einaudi, approfondì la sua preparazione in storia e letteratura ebraica.

Sulla propria vita partigiana lasciò scritto un diario che venne pubblicato postumo, e dapprima parzialmente, nel volume: Artom Tre vite (Roma, 1954); poi, quasi completo, nel volume: Emanuele Artom Diari (Centro di documentazione ebraica contemporanea, Milano, 1966). Tale opera attesta l’umanità, la pura coscienza e la dirittura morale con cui l'Autore esercitò le mansioni di commissario politico, e registra giorno per giorno — senza alcuna retorica — illusioni e delusioni, vittorie e sconfitte della vita partigiana.

Alla sua morte, il nome di E.A. fu assunto da una brigata operante nel Comasco, formata da elementi della vai Pellice. Il Municipio di Torino gli ha intitolato una piazza; la comunità israelitica, la scuola media ebraica. L’Università di Torino lo ricorda con una lapide posta nella biblioteca della Facoltà di lettere.

G.A.L.

Artom, Eugenio

N. ad Asti il 17.2.1896; avvocato, libero docente in Storia moderna. Ufficiale durante la prima guerra mondiale, di orientamento antifascista, nel 1924 si presentò alle elezioni politiche come candidato nella lista capeggiata da Giovanni Giolitti (v.). Durante gli anni della ditt[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 192

Brano: Risiera di San Sabba

possibile trarre elementi consistenti sui meccanismi repressivi nazisti e fascisti dai processi per collaborazionismo istruiti nel dopoguerra dalle Corti straordinarie d’assise istituite dal G.M.A. appunto per giudicare tali reati (v. Processi ai fascisti), notizie che sarebbero state utili al momento dell’apertura di una istruttoria sulla Risiera.

Tali processi misero più che altro in evidenza (anche prescindendo dalla posizione del G.M.A.) la superficialità delle istruttorie e la sommarietà, per non dire l’assenza di ogni serio tentativo di ricostruire la rete di rapporti politicopolizieschi fra collaborazionisti e nazisti. Grazie a questo comportamento di una parte della magistratura locale, in ciò non diverso da quello seguito in altre parti d'Italia, furono assolti o condannati a miti pene anche noti esponent[...]

[...] fascismo di Salò. Per esempio, fu condannato (in contumacia) a soli 8 anni Giuseppe Gue//, capo dell’ispettorato Speciale di pubblica sicurezza per la Venezia Giulia, nonostante gli innumerevoli crimini accertati a suo carico.

Le remore del dopoguerra

Il particolare clima politico regnante a Trieste nel dopoguerra, dovuto alle tensioni e agli scontri nazionali e sociali legati al problema dell'appartenenza statale, poi alle sorti del mai realizzato “Territorio libero” (v. Istria), indubbiamente influì anche sui processi contro i fascisti, i cui esiti favorirono non solo un rapido reinserimento degli ex collaborazionisti nella vita pubblica, ma concorsero, unitamente agli altri fattori politiconazionali, alla crescita del neofascismo (v.). A Trieste, questo si rivelò da un lato il più aggressivo fautore di una politica di violenza in nome delIitalianità”, dall'altro sfruttò le varie occasioni offerte dagli altalenanti e tormentati sviluppi della questione triestina per guadagnarsi una non trascurabile area di consensi. Dopo il rit[...]

[...]non solo un rapido reinserimento degli ex collaborazionisti nella vita pubblica, ma concorsero, unitamente agli altri fattori politiconazionali, alla crescita del neofascismo (v.). A Trieste, questo si rivelò da un lato il più aggressivo fautore di una politica di violenza in nome delIitalianità”, dall'altro sfruttò le varie occasioni offerte dagli altalenanti e tormentati sviluppi della questione triestina per guadagnarsi una non trascurabile area di consensi. Dopo il ritorno deU’Italia a Trieste (1954), oltre ad alimentare una tattica di squadrismo strisciante, il neofascismo locale si articolò in veri e propri gruppi e organizzazioni eversive (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale ecc.), gruppi fiancheggiatori del M.S.I. ma agenti anche autonomamente e che si resero responsabili di numerose aggressioni e di attentati dinamitardi, col legandosi con le cellule “nere” del Veneto. La scarsa o tardiva vigilanza dei corpi dello stato e, in molti casi, anche l’indulgenza dimostrata dagli organi giudiziari, la stessa scelta governativa di un r[...]

[...] Stato italiano, affidata a uno stuolo di funzionari di polizia e prefetti legati ai vecchi schemi e mentalità, vennero così a sommarsi alle pesanti eredità della guerra e del dopoguerra. A tutto ciò si aggiunse lo scarso impegno antifascista e la remissività nei confronti della politica dei prefetti e questori nominati da Roma, da parte delle forze politiche locali del

blocco “governativo”. Queste forze, arroccatesi per anni su una rigida linea di difesa “nazionale”, condizionante anche l'azione diplomatica del governo, alla lunga avevano offerto occasioni di rilancio e di iniziativa all'estremismo nazionalistico di una destra largamente controllata dai fascisti. In tale contesto, in cui ebbero notevole peso la linea nazionalconservatrice del quotidiano Il Piccolo (v.), forte anche di appoggi romani, e quella dell’edizione triestina del Messaggero Veneto di Udine, si consolidarono tendenze e mentalità di una parte ragguardevole della società locale, nutrite di ostilità o indifferenza verso ogni ripensamento sulla storia recente della città e della regione.

Per molti, divenne quasi un luogo comune identificare la Resistenza con le “foibe” e la “minaccia slava”, quindi considerare l'occupazione nazista (con i suoi misfatti) alla stessa stregua del movimento partigiano jugoslavo, contro il quale i nazisti[...]

[...]egua del movimento partigiano jugoslavo, contro il quale i nazisti avrebbero “difeso” la città opponendosi alle mire annessionistiche di Tito. Questo fenomeno di rimozione storica e, insieme, di mistificazione politica concorse ad attenuare e quasi a cancellare dalla memoria collettiva sia il ruolo svolto dal collaborazionismo locale di varia estrazione e tendenza, sia le violenze e le stragi naziste e fasciste, delle quali la Risiera era stata teatro e manifestazione esemplare. Anche a ciò si dovette l'assenza di qualsiasi iniziativa giudiziaria sui fatti della Risiera dopo la partenza del Governo militare alleato.

Le cose non cambiarono neppure quando, alle notizie di cronaca forzatamente incomplete, si aggiunsero resoconti più dettagliati, le testimonianze dei superstiti, le prime ricostruzioni storiche apparse su alcuni giornali e riviste ('// Gazzettino”, la rivista “Trieste” con l'articolo dello storico Carlo Schiffrer (v.) sulla Risiera, le pubblicazioni dell'istituto regionale per la storia del movimento di liberazione (I.R.S.M.L.) di Trieste, il “Primorski dnevnik”, il libro dell'avvocato triestino Bruno Piazza « Perché gli altri dimenticano» ecc.). Nessuna richiesta di informazioni perven[...]

[...]iuti da S.S. che avevano operato anche in Italia.

Gli immediati contatti presi con la magistratura tedesca dal presidente dell'I.R.S. M.L. Ercole Miani (v.), dal presidente della Sezione óeWA.N.E.D. Giovanni Postogna (v.) e dal giornalista Albin Bubnic, nonché l'invio di un primo rapporto dell’I.R.S.M.L. corredato da fatti e nomi, fornirono al Tribunale di Francoforte sul Meno (dove si stava appunto processando per altri crimini il famigerato E.A. Dietrich Allers e alcuni suoi complici) elementi concreti che indussero i giudici tedeschi a venire a Trieste, a chiedere alla magistratura locale di interrogare i testi forniti dall'I.R.S.M.L. e dalla Comunità, infine a visitare la Risiera. Si dovette a questa sollecitazione giunta d'Oltralpe e alle deposizioni rese dai testi se il giudice istruttore Sergio Serbo del Tribunale di Trieste sollecitò a sua volta la Procura affinché avviasse un'inchiesta

L’istruttoria da parte italiana potè faticosamente aprirsi solo nel 1970, ma fu ben presto bloccata dalla stessa Procura che decise di deman[...]

[...]iera. Si dovette a questa sollecitazione giunta d'Oltralpe e alle deposizioni rese dai testi se il giudice istruttore Sergio Serbo del Tribunale di Trieste sollecitò a sua volta la Procura affinché avviasse un'inchiesta

L’istruttoria da parte italiana potè faticosamente aprirsi solo nel 1970, ma fu ben presto bloccata dalla stessa Procura che decise di demandare per competenza il procedimento al Tribunale militare di Padova, considerando erroneamente i delitti compiuti in Risiera come “violazioni delle leggi di guerra”, quindi assoggettabili alla magistratura militare che, da parte sua, fece subito propria l’errata tesi. Era, questa, una decisione che rischiava di liquidare tutto, essendo tali reati (alla luce del diritto di guerra) già prescritti o estinguibili per amnistia, ma l’opposizione del giudice Serbo alla competenza del Tribunale militare determinò il trasferimento degli atti alla Cassazione.

Nel 1973 la Cassazione si pronunciò a favore della magistratura ordinaria, consentendo all'istruttoria iniziata nel 1970 di proseguire e di concludersi, nel 1975, con la sentenza e ordinanza del giudice Serbo di rinviare a giudizio: Dietrich Allers, comandante dell’Einsatzkommando a Trieste, già condannato a 7 anni In Germania per i crimini dell'eutanasia ma rilasciato dopo aver scont[...]

[...]ntificati.

La sentenza istruttoria, frutto di un faticoso e contrastato lavoro che richiese ripetuti interventi presso la magistratura tedesca per l'interrogatorio delle S.S. attive a Trieste, l'audizione dei testi superstiti provenienti anche dalla vicina Jugoslavia, la ricerca dei civili già impiegati presso i vari comandi locali dello S.D.S.I.P.O., l'esame dei fascicoli dei processi per collaborazionismo nel dopoguerra ecc., stabilì che i reati perseguibili erano soltanto quelli che le S.S. della Risiera avevano commesso nei confronti delle vittime « innocenti », cioè colpite iper motivi razziali o per rappresaglia o per motivi abietti, e che non erano perseguibili i reati commessi nei confronti dei resistenti politici e militari, dal momento che questi ultimi erano stati avversari attivi del Reich e delle sue forze di occupazione, perciò soggetti alle misure previste dalle leggi di guerra o condannati da corti marziali. Questa assurda distinzione, insieme ad altri erronei punti e arbitrarie tesi delle sentenze (l'Einsatzkommando veniva considerato come una sorta di associazione a delinquere operante al di fuori delle leggi di guerra tedesche; il Litorale Adriatico era visto come teatro di uno scontro fra jugoslavi e tedeschi, quindi fra due entità statuali a[...]

[...]to che questi ultimi erano stati avversari attivi del Reich e delle sue forze di occupazione, perciò soggetti alle misure previste dalle leggi di guerra o condannati da corti marziali. Questa assurda distinzione, insieme ad altri erronei punti e arbitrarie tesi delle sentenze (l'Einsatzkommando veniva considerato come una sorta di associazione a delinquere operante al di fuori delle leggi di guerra tedesche; il Litorale Adriatico era visto come teatro di uno scontro fra jugoslavi e tedeschi, quindi fra due entità statuali antagoniste e incompatibili, senza che la R.S.I. avesse avuto responsabilità dirette nelle violenze ed eccidi legati a questa lotta; la natura “contingente”

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 570

Brano: [...]

Controffensiva condotta con successo dalle truppe italiane contro gli austriaci nel giugno 1918, lungo il basso corso del Piave. La vittoria fu favorita anche da un’improvvisa piena del fiume che impedì alle truppe nemiche di ricevere rinforzi. Dopo la disastrosa battaglia di Caporetto (v.), che nel 1917 aveva costituito la più grave sconfitta dell’Italia nel corso della Prima guerra mondiale, l’esercito italiano si era attestato lungo la linea AsiagoGrappajPiave. Al ministero Boselli era succeduto il governo Orlando e il criticato generale Cadorna, capo di stato maggiore, era stato sostituito da Armando Diaz (v.). All’inizio del 1918 la situazione sembrava volgere militarmente a favore degli Imperi centrali, ma sia in Germania che in Austria era maturato, per il protrarsi della guerra, un clima di gravi difficoltà sociali e politiche. La vittoria sul fronte russo, sanzionata dalla pace di BrestLitowsk, indusse il Comando supremo austriaco a spostare 21 divisioni sul fronte italiano, per infliggere all’Italia, già scossa dalla disfa[...]

[...] infliggere all’Italia, già scossa dalla disfatta di Caporetto, il colpo dì grazia.

Il Comando italiano, facendo appel

lo a tutte le risorse umane ed economiche del Paese, nonché alla demagogia patriottica (fra l’altro, in questa occasione, ai combattenti e alle loro famiglie vennero fatte larghe promesse di provvedimenti sociali, poi completamente disattese) approntò un sistema di difesa in profondità (fra Piave, Mincio e Po) e mise in linea 50 Divisioni, cui si aggiunsero 3 Divisioni inglesi e 2 francesi, con il sostegno di 7.500 pezzi di artiglieria, 2400 bombarde (specie di mortaio) e 600 aerei.

Gli austriaci che disponevano di 59 Divisioni (organicamente superiori di 1/4 a quelle italiane), con 7.000 bocche da fuoco e 350 aerei, sferrarono l’offensiva il 13.6.1918 con un’azione dimostrativa sul Tonale (completamente fallita), poi sul settore Altopiano d’AsiagoGrappa e lungo il Piave, realizzando due teste di ponte in corrispondenza di Ponte Piave e di San Donà.

Il 19 giugno le forze italiane iniziarono la controffensiva[...]

[...]oni, cui si aggiunsero 3 Divisioni inglesi e 2 francesi, con il sostegno di 7.500 pezzi di artiglieria, 2400 bombarde (specie di mortaio) e 600 aerei.

Gli austriaci che disponevano di 59 Divisioni (organicamente superiori di 1/4 a quelle italiane), con 7.000 bocche da fuoco e 350 aerei, sferrarono l’offensiva il 13.6.1918 con un’azione dimostrativa sul Tonale (completamente fallita), poi sul settore Altopiano d’AsiagoGrappa e lungo il Piave, realizzando due teste di ponte in corrispondenza di Ponte Piave e di San Donà.

Il 19 giugno le forze italiane iniziarono la controffensiva che, sostenuta da un massiccio fuoco d’artiglieria, costrinse le truppe nemiche a desistere dall’attacco e a ripie

gare. La sera del 24 giugno gli italiani avevano ristabilito la situazione sul Piave, ma non poterono inseguire il nemico oltre il fiume, non disponendo a loro volta di mezzi per attraversarlo.

Gli austriaci persero nella battaglia

125.000 uomini tra morti e feriti, più 25.000 prigionieri. Le perdite italiane furono di 87.000 uomini tr[...]

[...]mini tra morti e feriti, più 25.000 prigionieri. Le perdite italiane furono di 87.000 uomini tra morti, feriti e prigionieri.

Al di là dei risultati militari immediatamente conseguiti dall’Italia, l’esito di questa battaglia contribuì a determinare il crollo finale degli Imperi Centrali. Il successo fu poi largamente sfruttato dalla classe dirigente italiana. Nacque la « leggenda del Piave », immortalata anche nell’inno patriottico scritto da E.A. Mario (pseudonimo del compositore Gioviano Gaeta, 18841961) ed entrata nella retorica nazionalistica del paese.

Piave, Brigata

Formazione partigiana operante durante la Guerra di liberazione, soprattutto nella zona di Conegliano (Treviso).

Le origini della Brigata « Piave » vanno ricercate nell’opera di quei gruppi di ufficiali del disciolto esercito che, non accettando passivamente l'armistizio dell’8.9.1943, vollero reagire all’invasione tedesca, rimanendo però fedeli al giuramento prestato al re.

La presenza di questi ufficiali fu un dato costante nelle origini della Resistenza veneta, in tutte le zone della regione. Essi trovarono un terreno di incontro con elementi antifascisti di estrazione politica moderata, volti sì alla creazione di un movimento resistenziale, ma nel contempo tesi a evitare che da questo potessero poi sortire effetti eversivi del sistema istituzionale e sociale esistente nel paese. In altre parole, mentre la sinistra dei futuri C.L.N. concepì fin dall’origine la Resistenza come strumento non solo di liberazione dall’invasore, ma anche di riscatto dal fascismo e di avanzamento sulle vie di una rinnovata democrazia, gli esponenti dell’antifascismo moderato e gli elementi militari prefigurarono la Resistenza come pura opposizione al tedesco, in vista della restaurazione del sistema liberaldemocratic[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 5

Brano: [...]lia il periodo della non belligeranza, alla quale Mussolini decise di porre termine una volta che furono svanite le illusioni di una localizzazione del conflitto, e dopo che i travolgenti successi tedeschi sul fronte occidentale nella primavera del 1940 ebbero accentuato per l’Italia il rischio di rimanere esclusa dalle future trattative al tavolo della pace. Seguì l’entrata in guerra, nella quale l’Italia era stata fatalmente trascinata dall’alleanza con la Germania.

Si veda la voce Alleanza itaiotedesca.

E. Co.

Acciarini, Filippo

N. a Recanati (Macerata) il 5.3. 1888, m. a Mauthausen il 2.3.1945; ragioniere. Antifascista attivo, militante del Partito socialista, collaborò all’« Ordine Nuovo » e, in seguito, fu corrispondente e redattore dell’® Avanti! ». Esonerato dall’impiego nelle Ferrovie dello Stato a causa della sua attività antifascista, nel dicembre del 1922 fu oggetto di un attentato da parte di una squadra fascista. Arrestato e deferito al Tribunale speciale nel 1928, fu assolto per insufficienza di prove. Fece parte della Direzione centrale del Partito Soci[...]

[...]mata, subito dopo T8.9.1943 si diede a collaborare con la resistenza francese. Arrestato e rinchiuso in un campo di concentramento francese, fu successivamente deportato dai tedeschi in Polonia e in Germania.

Liberato al termine de! conflitto in precarie condizioni di salute, venne collocato in congedo assoluto nel luglio 1946. Grande invalido di guerra, risiede nel Convento patriarcale di San Domenico, a Bologna.

« Durante la tragica odissea — dice la motivazione della medaglia d’oro conferita a p. E.A. — dava diuturna prova di eccezionale statura morale ergendosi — ^sprezzante delle reazioni cui si esponeva e sopportando con stoica fermezza dure vessazioni — a difesa degli internati soggetti alla inesorabile legge marziale del detentore. Contagiato da tbc per aver con spirito di sacrificio data assistenza ai colpiti dal terribile morbo, rifiutava ogni cura e ricusava reiterate proposte di rimpatrio condizionate a disonorevole adesione ».

Accursio, Palazzo d’

Sede del municìpio di Bologna, da cui prese il nome un grave eccidio ivi avvenuto il 21.11.1920, in seguito a! tentativo delle squadracce fasciste d’impedire il legittimo insediamento deHamministrazione socialista.[...]

[...]idio ivi avvenuto il 21.11.1920, in seguito a! tentativo delle squadracce fasciste d’impedire il legittimo insediamento deHamministrazione socialista.

Le elezioni amministrative svoltesi in quel mese avevano dato la piena vittoria alla lista socialista (in gran parte composta da elementi di estrema sinistra), con 18.170 voti contro i 7.985 del Blocco nazionale (liberali, destre, fascisti) e i 4.694 del Partito popolare (cattolici). Le destre reagirono con livore alla sconfitta e i fascisti dichiararono apertamente che, con ogni mezzo, avrebbero impedito all’amministrazione socialista di insediarsi e di funzionare.

« La vittoria di Bologna — dirà il dirigente socialista Filippo Turati nel suo discorso alla Camera del 24 novembre — era un po’ la vittoria di tutta l’Emilia e della vicina Romagna. Il fatto significante non è tanto il possesso del Municipio, ma il possesso di tutte le attività economiche di esso, delle Aziende dei consumi, delle Opere Pie; è la ripercussione della città nella campagna, dove i lavoratori della terra, fo[...]

[...] stesso anno, assieme a Giovanni Giurati, fu incaricato dal partito di avviare trattative con i deputati socialisti Tito Zaniboni e Giuseppe Ellero, per addivenire a un « patto di pacificazione » (v.) tra fascisti e socialisti.

Dopo la marcia su Roma, G.A. entrò a far parte del primo governo Mussolini, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio; e quando il partito dichiarò l’incompatibilità, per un fascista, di appartenere contemporaneamente alla massoneria, si dimise da quest’ultima. Fu l’estensore della legge elettorale fascista, in base alla quale si svol

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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine E.A., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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