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Il segmento testuale Bon è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 9Analitici , di cui in selezione 1 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Angelo Muscetta, Memorie del cavaliere Angelo Muscetta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]ia di finanza, si sposò a Saviano (Nola) e dopo di essersi congedato, esercitava il mestiere di venditore oggetti di vetro, guadagnando benino. Da Avellino, dopo dieci mesi dalla mia nascita, i miei genitori (1) si trasferirono a Benevento, Vico Carrozzieri, e con i risparmi onesti del proprio lavoro impiantarono un piccolo negozio di terraglie e cristalli, che in quell'epoca, credo, bastavano poche centinaia di lire. Questo negozio, vuoi per la bontà e il saper fare del povero padre mio, vuoi per l'abilità eccezionale di mia madre, progrediva in modo invidiabile, e siccome mia madre era figlia di caffettiere, pensarono] fittarsi un basso attiguo al negozio di terraglie, ed impiantarono un piccolo civettuolo caffè che per l'abilità di mia madre, il successo fu superiore ad ogni aspettativa. Tanto furono gli affari, che fu necessario prendere una cameriera di Saviano con lire 3 mensili e un garzone con lire 8 mensili, naturalmente con tutti i trattamenti. La cameriera era di Saviano ed il garzone di
(1) Nel ms. questo soggetto precede i1[...]

[...] cameriera di Saviano con lire 3 mensili e un garzone con lire 8 mensili, naturalmente con tutti i trattamenti. La cameriera era di Saviano ed il garzone di
(1) Nel ms. questo soggetto precede i1 successivo verbo " impiantarono „
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Avellino, e di quest'ultimo vi sono tutt'ora i nipoti che vivono alla ferrovia di Avellino. Nel 1880 nacque la prima sorella Maria, e nel 1883 nacque la seconda sorella Carolina. Si cresceva nell'abbondanza e mio padre gioiva del progresso, ripeto frutto del suo onesto lavoro, tanto da consentirgli ritirare vagoni di merce dalla Germania, e segnatamente articoli di vetro argentato e dorato, che in quell'epoca erano molto ricercati e andavano a ruba. Fu tale lo sviluppo che mio padre fu costretto fittane due depositi, uno presso la Posta Vecchia, e un altro via Porta Rufina, depositi che servivano per lo smistamento, per la distribuzione all'ingrosso, sia al capoluogo, sia in provincia, e fu necessario prendere un altro garzone, e comprare un carretto ed un asinello. L'unica difficoltà era l[...]

[...]e 4,30 giornaliera, e con 10 straordinario spesse volte toccava le lire 5, somma favolosa per quei tempi.
Eravamo felici, raccolti nella nostra famiglia, senza rimpianto della vita beata di Benevento, insomma eravamo allegri nella nostra miseria. Dimenticavo raccontarvi la funzione del battesimo di un figlio del Capo reparto. Esso venne celebrato in una piccola chiesetta di campagna, perché noi vivevamo quasi alla periferia, e il nostro rione abbondava, o meglio era una colonia di atripaldesi e salernitani, quest'ultimi ogn'uno possedeva un carretto, e faceva il commercio di frutta e verdura. Uscito dalla chiesa, mio padre ebbe cura (dopo il suggerimento di qualche paesano) cambiare un cinque franchi d'argento in soldini piccoli, e buttarli dietro al corteo di piccoli ragazzi, che rotolando nella polvere facevano a gomiti per raccoglierli. A casa del compare Capo reparto vi fu un pranzo di gala. Debbo confessarlo, fu il primo pranzo di lusso che incominciai a vedere. Non ricordo le portate che furono numerose, ne ricordo solo due, un an[...]

[...] Eppure eravamo tanto felici. Solamente io non potevo rimanere indifferente, volevo in certo qual modo venire in aiuto al mio povero padre, ma ero piccolo di età, vecchio e procace in esperienza, e pieno di volontà. Un giorno passai per una piazza caratteristica, chiamata Piazza Pantagone, poco distante da noi (che potrei uguagliare a Piazza Francese di Napoli), dove accoppiato alle bancarelle di tutti gli articoli diversi usati, e rubati da vagabondi. vi era un gran commercio di abiti usati. L'occhio fu attratto da una forma di ferro, che appli
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candosi nella scarpa e posato sulle ginocchia, potevo lavorare applicando mezze suole e sopratacchi inchiodati anziché cuciti, e [da] qualche altro arnese utile per un ciabattino. E ricordandomi che a Sa
viano avevo con un ,mio cugino imparato a fare qualche cosa, avrei
potuto sfruttare il vicinato per la riparazione delle scarpe. Mi avvicinai alle diverse bancarelle, e da un calcolo esatto o approssimativo,
occorrevano 1012 lire. A mio padre non osavo chiederle, per non g[...]

[...]tto porta o sano (1).
Il primo mio lavoro fu di riparare gratis un paio di ciabatte vecchie della portiera, che non sapevo da che punto incominciare, però la propaganda fece il suo effetto, ed i clienti aumentavano giorno per giorno, e i guadagni con soddisfazione venivano consegnati a mia madre, che mi baciava con tanta effusione, e si rallegrava di aver un figlio d'oro, come lei diceva. Alla domenica non mancava mai un bel pezzo di carne in abbondanza e un buon ragù. Restituii al parente le lire 15, e gli anticipai lire 20, perché mi accompagnasse dal suo sarto (perché lui vestiva molto elegante) per farmi fare un bel vestito ma di buona stoffa, pagandolo ratealmente. Ed infatti fu il primo vestito di lusso che indossai. Feci delle amicizie, con degli amici facevamo qualche merenda al mare che distava poco da noi. Ero un bel ragazzo, avevo una bella vocina, e una sera eravamo seduti vicino ad un tavolo dove sorbivamo una birra poco distante da uno dei tanti ristoranti sul mare, che noi frequentavamo solo di passaggio, ed incominciai a[...]

[...]aceva anche qualche scampagnata al mare: mia madre curava portare qualche cosa, e si inaffiava con qualche bichiere di birra. Avevo incontrato altri amici, e qualche domenica andavamo a fare delle passeggiate nel giardino zoologico, molto bello, e ricco di moltissimi animali di tutte le specie. Si era arrivato al 15 agosto del 1889. Detto giorno si festeggiava su una collina, come se fosse il Vamero di Napoli, e vi era un santuario dedicato alla Bonne Mère de la Garde, ed ognuno portava una merenda, e sopra questa montagna si mangiava sull'erba, ed andammo con tutta la famiglia, ci divertimmo tanto.
Mia madre sempre giuliva, aveva imparato bene il francese: « Bon jour » e « Bon soir ». Io con le piccole sorelle si parlava sempre il francese; ma anche per noi il destino volgeva al male. Si era [al]la fine di. ottobre di quell'anno, si ammalò di tifo mia sorella Carolina, e per piú di un mese lottò fra la vita e la morte, e per far fronte alle spese di medico e medicina si dovette vendere quel poco di oro rimasto in casa, e qualche piccolo risparmio accumulato. Verso il 10 dicembre, sempre di quell'anno, si ammalò mio padre di broncopolmonite, e dopo pochi giorni lo stesso male colpi anche mia madre. Intanto per far fronte alle spese di medici e medicina, incominciai [...]

[...]Antonio Spaccamonte, attualmente spedizioniere sulla Piccola Velocità di Avellino, e gli eredi di Elena Pappacena di Sarno, ma che avevano dei parenti sulla strada di PianodardineAtripalda. Ho nominato lo Spaccamonte, perché in quell'epoca era mio compagno a Marsiglia, ed una domenica girammo diverse case, non ci riuscí trovare un mazzo di carte italiane per farci una partita, e finimmo in un caffè dove vi era un ballo pubblico (e di questi ne abbondava Marsiglia) e si ballò fino a sera tardi.
Ai principii di luglio, sempre di quell'anno, mia madre fu presa di nuovo dalla nostalgia dell'Italia, ma non avevamo mezzi, il nostro padrone di casa, un Ebreo fino al midollo, minacciava metterci fuori di casa, e mia madre lo tacitava (perché mio padre non sarebbe stato capace) di aspettare qualche giorno, perché da un momento all'altro Cl doveva arrivare un vaglia dall'Italia: vaglia che non doveva arrivare, perché la vera intenzione, (confesso la verità) di mia madre, era quello
di non pagarlo, perché milionario, e si era rifiutato di farci u[...]

[...]in un angolo, verso le dieci passammo la visita in breve per la sola formalità, ed alle undici del giorno 12 [correggi: 2] agosto del [1891] sul vapore r« Marco Minghetti » di Palermo] c'imbarcammo, prendendo posto (unito ad altri emigranti, forse pili poveri di noi) in coverta (1). Alle tredici incominciammo a bordo il primo pasto, e si partì alle ore sedici, tempo bellissimo. Salutammo Marsiglia col suo grande porto, e anche il santuario della Bonne Mère (2) della Garde, a cui rivolgemmo una preghiera, perché ci facesse arrivare sani e salvi. Alla sera facemmo il secondo pasto con appetito e tutta la notte fu deliziosa, mare bellissimo, contrariamente a quello burrascoso dell'andata. Col mare bellissimo e con la paura passata del padron di casa di Marsiglia ci sviluppò tale un appetito, che in meno di ventiquattr'ore avevamo esaurito la scorta che avrebbe dovuto bastare cinque giorni. Arrivammo a Genova alle ore tredici del giorno dopo. Fummo avvisati che potevamo scendere per sole quattro ore, e che alle ore diciassette dovevamo trova[...]

[...]r'ore avevamo esaurito la scorta che avrebbe dovuto bastare cinque giorni. Arrivammo a Genova alle ore tredici del giorno dopo. Fummo avvisati che potevamo scendere per sole quattro ore, e che alle ore diciassette dovevamo trovarci tutti a bordo. Sbarcammo io e mia madre per comprare qualche cosa, ma ci avvedemmo che i generi
(1) Ho ritrovato i dati esatti, segnati a matita, sul libretto di lavoro.
(2) La chiesa di NotreDamede laGarde (o della Bonne Mère ), che domina il porto: la statua della Madonna è collocata in cima al campanile. Quest'opera dell'architetto Espérandieu era stata terminata nel 1864.
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per noi erano cari, ed il denaro era poco, ricordo benissimo (E volli [poi] (1) rivedere quei vecchi portici, dopo circa cinquant'anni che erano
rimasti tali e quali, e facevo questa riflessione. Avevo visto Genova in veste da povero immigrante, ed ora la rivedevo, in qualità di grande
commerciante, che aveva preso alloggio all'Hotel Columbia, vicino alla stazione Principe, prendendo i pasti nei migliori ristorant[...]

[...]vincia, gli promise il suo interessamento. Lo zio Sabino aveva una sorella che si chiamava Lena, moglie di un operario di Sarno, Luciano Pappacena, che lavorava a Pianodardine, dove vi era una fabrica inglese di filati,
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il di cui proprietario si chiamava Turner. Questa zia Lena da poco si era partorito di una terza figlia, che fatalità volle dopo quindici giorni gli mori. Rimasta così la madre piena di salute e latte buono abbondante, lo zio Sabino telegrafò al Capotreno Recine che portasse la bambina perché aveva pronto la nutrice. Infatti il giorno dopo arrivarono ad Avellino, il Capotreno, la moglie e la bambina che si chiamava Amelia. Si aggiustarono per il prezzo, e altre modalità, e fu affidata alle cure di questa zia Lena, che era una bella e simpatica donna.
Tutte le domeniche (io avevo tredici anni) e per la cupa (1) di S. Lorenzo (perché questa nutrice zia abitava al bivio della cupa, sulla strada che da Pianodardine porta ad Atripalda: abitazione caratteristica, perché aveva esternamente una scalinata) an[...]

[...]no di aiuto, oltre la serva, qualche piccolo garzone, per riempire bottiglie e fiaschi di vino. Mio zio era tale la soddisfazione che forni quel buffet dei migliori liquori esteri e nazionali, biscotti, cioccolato e caramelle,
e malgrado mio zio avesse incontrato dei forti debiti, sia per il riscatto del locale pagando una lauta buonuscita, sia per attrezzarlo bene, continuava a spendere a larghe mani, ritirando da Modena i migliori salami e zamboni, da Codogno, Parma e Milano le forme intere di formaggi di tutte le specie.
Tralascio per i1 momento l'andamento dell'esercizio del buffet. Malgrado le mie nuove occupazioni, vi era la gestione amministrativa dello sviluppato e crescente lavoro dei cristalli e porcellane,
e danaro di questa azienda spesse volte veniva impiegato per otturare le falle della trattoria, che con l'apertura del buffet, era diventata passiva. Di questo caos ne avevano tratto profitto i clienti ferrovieri che erano centinaia al giorno, e che venivano da Napoli (perché ad Avellino allora non vi era nessun deposito)[...]

[...]to e crescente lavoro dei cristalli e porcellane,
e danaro di questa azienda spesse volte veniva impiegato per otturare le falle della trattoria, che con l'apertura del buffet, era diventata passiva. Di questo caos ne avevano tratto profitto i clienti ferrovieri che erano centinaia al giorno, e che venivano da Napoli (perché ad Avellino allora non vi era nessun deposito). E costoro mangiavano a credito, ordinando dei pranzi luculliani, e per la bontà di mio zio, che andava a Napoli per riscuotere tutti i mesi, erano piú quelli che non pagavano, che quelli che pagavano, ed i morosi ritornavano a venire a mangiare ed alle rimostranze di mia zia Angelarosa, sua moglie, che lavorava giorno e notte in cucina, lui rispondeva che era senza camicia, mentre ora ne aveva diverse. Si era arrivato al luglio del 1896, epoca che dovevo preparare gli acquisti per la prossima fiera del 29 agosto ed io tanto ci tenevo, perché i migliori frutti
e le maggiori soddisfazioni li avevo ricevuto da quella fiera. Durante la mia assenza la gestione del buffet v[...]

[...]sempre, piú buona figura. La solita affluenza di clienti; però la prima sera e cioè il 29 agosto 1897 vedemmo entrare in una cameretta del convento, adibita da noi a sala da pranzo e camera da letto, due formose contadine con delle grosse ceste piene di ogni bene di Dio, dicendo a mia madre che venivano da parte di Don Ciccio Bocchino, e che erano sue colone. Le ceste contenevano gnocchi, carne di vitello, polli arrosto, pane, vino e frutta in abbondanza. Ave
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vano fatto questo atto di cortesia, perché la nuora di Don Ciccio, Donna Mariannina, madre di Manfredo e del Dott. Bocchino, ci teneva far rimanere per sé (segnandoci Venduto) ancora in esposizione un servizio di piatti che era una meraviglia: però ci teneva, un poco vanitosa, perché le altre famiglie lo vedessero. Il terzo giorno, nel pomeriggio (vi erano pochi clienti) vedo avvicinare una donna anziana ed una signorina, per scegliere un bichiere col manico. La signorina, nel chiedermi il prezzo, s'incontrò col mio sguardo, e siccome aveva un d[...]

[...]un letto grande insieme a questo zio, letto con quattro materassi di lana, che io non ne avevo la massima idea: di una sofficità che, per me, quei tre o quattro giorni di permanenza a Montefusco rappresentavano un paradiso, perché ad Avellino id mio letto era un piccolo materasso su un tavolo da pranzo, e il riposo era solo di trequattro ore. A questo proposito, voglio raccontarvi un piccolo episodio. Una sera faceva un freddo terribile, per l'abbondante neve caduta, e quando mi ritirai all'ora solita, le ventuno circa, mi aspettavano raccolti lo zio Giacomino e la zia vicino ad un grande camino ben acceso, con delle frittelle calde e del vino speciale, e malgrado da poco avessi cenato, non potetti esimermi a fare loro compagnia. Dopo mi disse la zia: — Angelo, si vede che hai sonno, tu sai la camera dove sta, puoi andare senza complimenti —. Diedi la buona sera, e mi ritirai, ma quale fu la mia sorpresa, quando vidi che il posto mio era occupato da uno che dormiva. Ritornai, e dissi allo zio Giacomino, che il posto mio era occupato, e l[...]

[...]o per noi, giorno e notte è impossibile. Mentre il giorno si lavorava con i pranzi per gli ufficiali ininterrottamente, la notte si doveva lavorare con la truppa, fornendo vino in fiaschi e liquori. Mobilitai diversi ragazzi e, insieme a me, svegliavamo tutti i soldati, e tutti acquistavano vini, liquori e panini imbottiti. Basti dirvi che dopo un anno dalla morte di mio zio, avevo non solo pagato tutti i
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debiti, rifornito abbondantemente il buffet dai migliori salami di Modena ai formaggi di ogni specie, ai vini pregiati di Chianti, ai migliori liquori. Avevo in cassa come riserva lire 6000, somma favolosa per quei tempi, e che al momento che scrivo non si può comprare neanche un paio di scarpe modeste. Eravamo tanto felici, che abbracciavamo il lavoro a piene mani.
L'anno 1910, e precisamente nel mese di maggio, si ammalò il mio povero padre con un forte dolore nelle costale che non gli dava tregua. Fu giuocoforza trasferirlo nella casa nuova al n. 5, per non dare l'impressione che i medici per visitarlo dovevano [...]

[...] mi nauseava la vendita a minuta, e mi riuscí, come in seguito vi descriverò.
Dopo 18 mesi circa di vedovanza e precisamente il 11 [corr.: 131 novembre del 1911 passai in seconde nozze, iniziando una vita molto piú lavorativa, ma piú ordinata. Feci il mio secondo viaggio di nozze con piú agiatezza del primo, fermandomi due giorni a Napoli sette giorni a Roma. ove in quel periodo vi era una Esposizione Coloniale, ottenni, tramite il sarto Pietro Bonito di Montefusco, residente a Roma, una. camera (via Lucrezic Caro, 47), per lire 3.30 al giorno: camera da letto, salottino e caffè latte al mattino. Si usciva alle 8 del mattino e ci ritirammo alle 16. Si andava a pranzo alla « Rosetta », ai « Tre Re », dove si era servito con lusso, e i vermicelli o tagliolini in brodo costavano cent. 25 la porzione. Quello che ci faceva da guida era il povero Luigino Spagnuolo. Dimenticavo dire che dopo sposati, partimmo da Avellino diretti a Napoli, in una automobile di lusso appartenente al Duca d'Aosta padre, e che per amicizia di un parente di Amelia [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Bon, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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