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tipologia: Inventari generici; Id: 52409+++


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Titolo Raccolta Archivi si Raccontano-Istituto Gramsci Toscano
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Descrizione generale La raccolta di documentazione, relativa alla prima serie de Gli Archivi si Raccontano (che come le altre 25 sezioni, ciascuna su un diverso istituto, ebbe edizione audiovisiva proiettata in continuo nella mostra La Vetrina degli Archivi, presso l'Archivio di Stato di Firenze, aprile/maggio 2007, nonché edizione interattivo-consultativa mediante punti di accesso in due computer ivi collocati), fu curata, per parte dell'Istituto Gramsci, da Delia Dugini ed Ombretta Griffini, e per parte dell'Istituto della Memoria in Scena da Elio Varriale, Maria Poggi e Giulia Sbraci.
L'Istituto Gramsci, fu uno dei 16 istituti che scelsero di proseguire, dopo il termine della mostra, la collaborazione con l'Istituto della Memoria in Scena, e parteciparono al progetto di digitalizzazione prodotto per kosmosdoc, preliminare alla nuova e più approfondita opera storico-bibliografico-catalografica prevista nella seconda fase de Gli Archivi si Raccontano (di cui i trailer che l'Istituto della Memoria in Scena concesse in licenza a SDIAF per un ciclo di trasmissioni televisive nella rete televisiva locale proposta da SDIAF, ossia TVR Teleitalia - sebbene le versioni trailer di quelli relativi all'Istituto Gramsci, della Fondazione Turati e dell'Accademia della Colombaria, furono congelate dal produttore, l'Istituto della Memoria in Scena, in attesa delle ulteriori tranche di contribuzione delle amministrazioni e di SDIAF); questa seconda fase impegnò Elio Varriale per alcuni mesi presso la sede dell'Istituto Gramsci; durante questo periodo, in cui Elio Varriale ebbe la massima collaborazione dell'Istituto Gramsci, furono microfilmate alcune decine di migliaia di pagine, comprensive in piccola parte di documentazione di potenziale interesse storico ancora presente nell'archivio corrente, per ulteriore parte qualche particolare sezione dei fondi aggregati di persone, e soprattutto, di una discreta parte dell'Archivio della federazione fiorentina del Partito Comunista Italiano di cui, rispettando scrupolosamente l'ordine interno ai fascicoli fisicamente riscontrati, fu comparata la struttura dell'Invetario curato da Francesca Capetta e pubblicato nel 2002 - fra il 2007 ed il 2008 dunque fu verificata la piena coerenza fra l'Inventario ed il fisico riscontrato -; va precisato che, soltanto successivamente, Elio Varriale incluse Maria Poggi in una serie di operazioni in studio, legate all'importazione in kosmosdoc della documentazione strutturata (si ricorda inoltre che, stando alla riflessione di Francesca Capetta, la serie denominata Atti riservati, non era più da considerarsi tale).
Per parte dell'Istituto Gramsci Toscano, in quel periodo la presenza di Delia Dugini si ridusse a vantaggio di quella di Ombretta Griffini, con la quale, individuata coautrice in Simona Ferrari, e giunta ad una prima edizione l'antologia preliminare di Elio Varriale (che premetteva fra l'altro la stagione del gramscianesimo, sviluppi insino al primo convegno di studi gramsciani di fine 1957-13 gennaio 1958, assetto successivo all'alluvione di Firenze ed in particolare gli sforzi di Ranuccio Bianchi Bandinelli e di Mario Alicata, prime carte utili relative alla nascita dell'Istituto Gramsci sezione fiorentina riscontrate fra archivio della federazione PCI ed archivio corrente del Gramsci toscano, etc. [qui un parziale, 2a parte] ), fu concordata una sinossi a base di un testo che principalmente sviluppò Simona Ferrari (qui una bozza stesa da Simona Ferrari ad uno stato di lavorazione ancora iniziale, chiosata da Elio Varriale, bozza preliminare); si aggiunse anche Matteo Mazzoni, che coadiuvò Simona Ferrari; in parallelo contribuì anche la nuova presidente, Marta Rapallini, che intervistò Paolo Cantelli (per proprio conto, ma nello spirito collaborativo incluso indirettamente e generalmente nella riflessione di Elio Varriale - che la confrontò anche con quella di Stefano Sbraci -). L'antologia preliminare curata da Elio Varriale, ebbe un'edizione ampliata e corretta, datata 22 luglio 2008, ma nei giorni successivi, a margine di una collaborazione che produceva documentazione audiovisiva di un cineforum nelle parti comuni della sede dell'Elsa Morante, furono ulteriormente digitalizzati due nastri (al momento del passaggio del secondo, contenente parte del discorso di Nicola Badaloni per l'inaugurazione della sezione fiorentina dell'Istituto Gramsci, del 1973, fu riscontrato un problema sul lettori nastri, e soltanto recentemente è stata recuperata la parziale digitalizzazione avutasi): seppure non colpevole all'epoca, porgiamo le nostre scuse per essersi dimenticati del fatto, ed aver potuto recuperare soltanto successivamente la registrazione; a rimarcare la nostra disponibilità alla collaborazione, per il momento offriamo questa trascrizione:


I suoi pericoli, la dialettica che stiamo noi stessi vivendo... che stiamo combattendo assieme alla classi d'avanguardia del nostro paese. Bisogna porsi questa prospettiva di globalità, per cui l'analisi politica, complessa articolata delle forze che sono in campo, non toglie che siano chiari i termini ultimi, decisivi, dello scontro che si va maturando. I termini ultimi, decisivi, che significano appunto procedere in avanti. Verso uno sviluppo della civiltà maggiore. Come portatori di una civiltà maggiore, di un punto più elevato della civiltà umana. E questo appunto è il socialismo, questo avanzamento della civiltà umana di cui la classe operaia, in particolare, è portatrice. Di cui noi dobbiamo, anche noi, nei limiti delle nostre forze, essere dirigenti: custodi.
E allora una terza ed ultima osservazione vorrei fare. Noi viviamo in una società in cui ci sono problemi comuni con altre società di capitalismo maturo. Questi problemi e queste esperienze storiche le abbiamo vissute insieme ad altre esperienze della classe operaia in tutto il mondo. In modo più o meno maturo, in modo più o meno cosciente. Abbiamo poi dei problemi specifici della nostra società. Ed uno dei problemi specifici, forse quello che è proprio specifico nello specifico della nostra società è appunto il fascismo. E questa lotta è quella che conduciamo oggi. E' una lotta che non è distaccata da questa battaglia e da questa prospettiva generale di sviluppo della società umana per cui ci stiamo battendo. E' uscito di recente un libro, di cui vi consiglio la lettura. Un libro di diversi autori, intitolato Fascismo e società italiana. Mi piace citarvi di questo libro l'ultimo periodo. E' un articolo di Bobbio che parla della Cultura e il fascismo, e che finisce in questo modo: «Quale testimonianza più drammatica e insieme più rivelatrice dei rapporti fra cultura e fascismo, l'opera destinata a rinnovare la cultura italiana dopo la liberazione fu scritta non in una delle dotte e gloriose università, ma in una prigione di Stato». L'allusione, è chiaro, è al pensiero di Antonio Gramsci. Bellissimo questo finale dell'articolo di Bobbio.
Il libro è dominato da un giudizio generale che si dà sulla Resistenza, sul suo esito, che si riassume in queste tre righe: «L'esito della Resistenza comprova che la Classe rivoluzionaria non aveva la maturità né oggettiva né soggettiva necessaria per imporre una frattura col passato». E' un giudizio molto esplicito che è nel lavoro iniziale di Guido Quazza che è in Storia del fascismo e storia d'Italia. La conclusione della lotta per la Resistenza dimostra l'immaturità soggettiva e oggettiva della società italiana, delle stesse forze rivoluzionarie, alla trasformazione, alla rottura rivoluzionaria effettiva con il passato. Le ragioni di questa immaturità, qualcheduna di queste ragioni non secondarie, era venuto analizzando il Gramsci nei suoi Quaderni del carcere quando aveva parlato di questa presenza della tradizione, del privilegio, in forme diverse, non solo in forme classiche, nella gelatinosa realtà della società italiana, e in particolare nella società meridionale. Alcune di queste ragioni ci erano state chiarite da Gramsci. Altre di queste ragioni, dall'analisi che ne fanno questi autori, derivano dalla stessa forza soggettiva, dalla stessa immaturità soggettiva della classe operaia in questo momento drammatico della storia d'Italia. Ma se il giudizio è questo, se cioè si deve riconoscere che questo momento decisivo della storia del nostro paese si è verificato in presenza di condizioni che non rendevano possibile una rottura definitiva col passato, se è giusto questo giudizio, allora bisogna meditare. Meditare su questo concetto che pur traversa complessivamente il libro che vi ho citato, e che attraversa poi le polemiche attuali, il giudizio su tutto questo periodo della nostra storia... a meditare su questo concetto dell'occasione mancata. Il '45 sarebbe stata l'occasione mancata della storia italiana. Si ha l'impressione... Pur riconoscendo che l'analisi delle occasioni mancate sia una giusta analisi perché ci permette di incidere sul presente, si ha l'impressione - esprimo il giudizio -, che l'analisi delle occasioni mancate riferite al passato non debba essere in alcun modo una rinuncia all'analisi delle situazioni attuali e delle occasioni che vengono dall'analisi del presente. E' giustissimo, è ineliminabile che l'analisi storica sia condizionata dal presente. Il presente deve essere sostenuto dall'analisi del passato, dalla esperienza delle difficoltà oggettive e soggettive che il passato ci dimostra: per vincere l'inerzia, per vincere il pessimismo. L'inerzia e il pessimismo sono qualcosa del presente, che devono essere vinti ora. Quella rottura che non è avvenuta secondo gli autori di questo libro a quella data, bisogna vedere se non sia stata resa più vicina dalle esperienze storiche di questi anni o ulteriormente allontanata. Questo è il nocciolo del problema. E se io debbo dare un giudizio su gli avvenimenti che si sono succeduti dall'VIII congresso del nostro partito sino ad oggi, io trovo che la ricerca, per riporre il socialismo al passo dello sviluppo della civiltà, è stata una ricerca che ci ha avvicinato a quella possibilità di rottura e non ci ha allontanato. Perché viceversa, ciò che ancora in quegli anni rendeva difficile il passaggio ad una rottura più decisa col nostro passato, era il fatto che in futuro non si presentasse con i caratteri di uno sviluppo effettivo di una civiltà e di un progresso umano. E appunto il movimento terzointernazionalista, il movimento comunista, era frutto di un'ampia esperienza storica che derivava da condizioni di partenza diverse del movimento, e non era giusto, non era possibile allineare tutte le posizioni di partenza a quelle che erano state le necessarie posizioni di partenze di un settore, anche importantissimo, anche decisivo, del movimento stesso. Ma bisognava partire dalle condizioni storiche raggiunte dalle esperienze storiche raggiunte, e questo è il grande problema che si è posto al marxismo, al movimento comunista in Italia in questi anni, e che si ripone oggi, e che si può esprimere appunto nella forma che si può realizzare oggi nel marxismo teorico delle forme di unità superiore, delle forme di unità che scavino nel passato di tutta la storia del marxismo, che ne rivitalizzino gli elementi essenziali e che rivitalizzino nuove forme di unità che non sono nessuna esattamente di quelle forme di assestamento che si sono avute in questo o quel momento della storia del movimento operaio. E' il concetto che vi dicevo all'inizio e che vi ripeto ora: non abbiamo bisogno oggi di arroccarci su una linea ma abbiamo bisogno di creare le condizioni dello sviluppo teorico e politico del nostro movimento affinché esso sempre più si presenti come portatore effettivo dell'aspirazione di civiltà e di progresso del nostro popolo. Analizzare questo nuovo specifico intreccio per illuminare questa unità nella lotta e per la lotta è il compito dei marxisti che si raccoglieranno anche qui in questa sezione del Gramsci. Che i risultati siano fecondi dipende dalla loro intelligenza critica, dalla loro volontà di lotta, come riflesso di quella intelligenza critica, di quella volontà rivoluzionaria che hanno la loro sede nell'intellettuale collettivo.

Presentatore [Paolo Cantelli [?]]: Ringraziamo il compagno Badaloni. Già da domani la struttura che abbiamo aperto sarà operante nei termini che conoscete. Grazie ancora.


Ulteriori parti, altrettanto consistenti, dell'antologia preparatoria svolta nel 2008 non sono qui riportate. Si consideri ulteriormente che la Biblioteca Giovanni Frediani incrociò più direttamente le precedenti stagioni, insino a quella dei secondi anni '60, che a Firenze, mutuarono repentinamente, dopo l'alluvione, le proprie politiche; la Casa della cultura e l'Istituto delle tradizioni popolari in Toscane incrocia la precedente generazione anche nella Federazione PCI fiorentina; di quel periodo, non ancora quello che si concretizzerà dal 1973, sia di interesse il seguente brano: Ranuccio Bianchi Bandinelli (dalla Relazione al Convegno nazionale di Firenze promosso dall'Istituto Gramsci), La coscienza dell'Italia [sopratitolo: Per la tutela del patrimonio artistico e culturale italiano, per la difesa e il rinnovamento di Firenze e di Venezia], in «Rinascita» [serie settimanale], 17/12/1966, n. 50: «L'11 novembre le sezioni di lavoro dell'Istituto Gramsci si riunirono, a una settimana di distanza dal giorno dell'alluvione, per esaminare la situazione creatasi nel patrimonio culturale nazionale dopo il disastro. Per quanto i dati oggettivi fossero ancora imprecisi - e dobbiamo riconosccere che lo sono tuttora - non fu difficile giungere alla costatazione che il già insoddisfacente stato di cos nel campo della tutela artistica e della organizzazione culturale nel nostro paese, aveva mostrato tragicamente la gravità delle sue carenze e che si imponeva con assoluta urgenza il problema non solo di riparare fin dove fosse possibile il danno subito, ma, e in special modo, quello di predisporre un piano di interventi e di realizzazioni che rendessero impossibile il ripetersi di così gravi danneggiamenti, qualunque potesse essere la causa del pericolo. Ma per giungere a questo, la premessa indispensabile era che i rappresentanti qualificati e responsabili della cosa pubblica in Italia esprimessero la sincera volontà di riconoscere il valore preminente, sostanziale per un paese come il nostro, dei beni culturali e artistici. [...] Se il disastro dell'alluvione può essere l'occasione che dia una vigorosa spinta a prender coscienza da parte di tutti dell'assurdo stato di cose nel quale ci troviamo, dobbiamo anche proporci di insistere perché questa coscienza non torni, di qui a poco, ad assopirsi. Molto è stato salvato, a Firenze e altrove, dall'opera dei volontari. Ma quest'opera non può non avere una durata limitata. Resteranno poi i funzionari di prima, gli organici di prima, a restaurare i quadri, gli oggetti del Museo archeologico, a ricomporre i cataloghi e le collezioni delle biblioteche? Questo significherebbe anni di parziale inefficienza di istituti che già in tempi normali non avevano sufficiente personale che accudisse al pieno funzionamento di essi. A questi istituti colpiti dal disastro occorrono organici straordinari provvisori, la cui costituzione non dovrebbe presentare difficoltà amministrative, dato che le proposte della Commissione di indagine già prevedono notevoli ampliamenti di organico (il che renderebbe assai facile il futuro assorbimento del personale straordinario). E' un punto, questo, che merita di essere discusso e, se approvato, portato innanzi con concrete proposte che smuovano le autorità ministeriali dalla loro timorosa esitazione verso ogni atto di amministrazione non squallidamente ordinaria.[...] Ma, sia pure in modo insufficiente e vincendo la naturale riluttanza (accresciuta dagli anni) che ho di esibirmi a qualsiasi ribalta, ho sentito di accettare questa incombenza come un dovere di civiltà e di civismo, come un dovere, in particolar modo, verso Firenze, centro della Toscana alla quale appartengo, sede per non pochi anni della mia attività di docente, e il cui volto doloroso di oggi mi riporta a quella estate del 1944 quando, in questo stesso palazzo, partecipavo alla prima ricostruzione civile della città. Ricordo lo slancio di quei tempi, e le speranze. E soprattutto ricordo con quanta unità di intenti si partecipava allora, rappresentanti di cinque partiti antifascisti, alle discussioni e alle decisioni di interesse comune e generale. Qualche cosa di quella unità di fervore e di opere si è tornata a edificare anche adesso, soprattutto nelle opere di soccorso popolare. Facciamo che non vada perduta. Io credo che una nuova unità di base (anche se non al vertice) sia possibile e sia indispensabile per salvare, non a parole, ma con fatti precisi e precisi impegni, il nostro patrimonio culturale. Non si tratta soltanto di restaurare e di ripristinare; si tratta di qualche cosa di più, perché il solo ripristino dello status quo ante non scongiura i futuri pericoli, come non ne ha preservato in passato. Occorre non un ripristino, ma un rinnovamento vero e proprio nelle istituzioni, negli ordinamenti, nella legislazione. Noi non potremo fare molto in questo convegno - ma possiamo uscire da qui più decisi di prima a contribuire a questo rinnovamento, a contribuire a diffondere una migliore coscienza civica riguardo alle opere del patrimonio culturale - e dovremo, io credo, formulare un documento che esprima esplicitamente la richiesta di provvedimenti straordinari di contingenza e la richiesta di rapida attuazione di nuove leggi di tutela culturale, artistica, storica, e urbanistica, ispirate a quel senso della storia che è la conquista più alta della cultura morale dell'uomo moderno.»


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